Il segno della croce. Gesti, segni e parole della Liturgia
Articolo di Annamaria Fabri pubblicato su Castello7, lettera settimanale ai parrocchiani, anno 26, n.6 del 26 novembre 2017
Quando si entra in una chiesa c’è l’usanza di fare su se stessi quello che chiamiamo il segno della croce. E’ questo il primo segno affidato al credente ed è anche uno dei più antichi della fede cristiana. Infatti il catecumeno (=colui che viene da fuori della chiesa) che chiede il battesimo viene accolto con queste parole: «Ricevi la croce sulla fronte: Cristo stesso ti protegge con il segno del suo amore, perché tu possa imparare a conoscerlo e seguirlo».
Segnare con la croce è un gesto molto antico testimoniato già nel libro dell’Apocalisse che parla di “segno” sulla fronte di coloro che sono rimasti fedeli. (Ap. 7,4; 9,4; 14,1). Sant’Agostino dice che «col segno della croce si consacra il corpo del Signore, si santifica il fonte battesimale, sono ordinati i sacerdoti e gli altri ministri, si consacra insomma tutto ciò che, con l’invocazione del nome di Cristo, deve essere reso santo».
A questo uso della prima chiesa corrisponde il “segnarsi” dei cristiani. Il segno era fatto segnando la fronte con il pollice o con l’indice della mano destra. Il significato era decisamente chiaro e manifestava l’appartenenza a Cristo e testimoniava la fede nel valore salvifico della croce. Ci si segnava sulla fronte per invocare la benedizione di Dio, alla benedizione del sacerdote e, in privato, prima di mettersi in viaggio, prima di andare a letto, prima dei pasti, si segnavano i piccoli come gesto di amore e di benedizione, ecc..
Intorno al IV secolo si cominciò a segnare insieme alla fronte anche il cuore. In seguito fu aggiunto anche il segno di croce sulle labbra, uso che è rimasto nella nostra liturgia romana all’annuncio del vangelo. Il significato è chiaro: il vangelo si testimonia a testa alta, si annuncia con la bocca e si vive con il cuore.
Il modo di fare il segno della croce ha conosciuto e conosce diverse variazioni. La più evidente è quella che si è imposta a partire dal secolo X e cioè il “grande” segno della croce che si traccia dalla fronte al petto e da una spalla all’altra, in un primo tempo da destra a sinistra così come è rimasto in oriente, e in seguito in occidente da sinistra a destra. Il perché è presto spiegato: in oriente il fedele segue la mano benedicente del prete, mentre in occidente lo si imita.
Anche il modo di tenere le dita della mano è cambiato nel corso dei secoli arricchendo questo gesto di altri significati. A partire dal VI secolo infatti si usava tenere tre dita (pollice, indice e medio) divaricati per simboleggiare la Trinità e le altre due dita unite per indicare la natura umano-divina di Gesù Cristo. In un secondo tempo si passò alla mano aperta, come noi facciamo oggi. Il segno delle dita divaricate è rimasto nel modo di benedire dei Papi e, sia detto per la curiosità, nel giuramento delle guardie svizzere. In oriente le tre dita vengono invece unite e il segno di croce viene ripetuto per tre volte.
Il segno della croce viene accompagnato anche da formule antichissime di cui la principale è «Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».
Questo gesto che spesso si riduce alla sua caricatura, o peggio ad un gesto di scaramanzia, riveste un grande significato, che dovrebbe essere riconosciuto di più dai cristiani, perché è come un sigillo di Cristo, che segnala la appartenenza a lui del credente. È professione di fede, è gesto augurale di protezione contro il male, è invocazione di benedizione e augurio di pace e salvezza per gli uomini e per le cose nel nome di colui che con la croce ci ha riscattati dal male e liberati dalla morte.