Sei davvero tu colui che aspettavamo?
Riflessioni di Gianni Geraci del Guado di Milano tratte da Adista Notizie n. 88 del 20 Novembre 2010, p.15
«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?» (Matteo 11, 4). Questa domanda di Giovanni (Battista) tocca davvero il cuore, soprattutto se si pensa che arriva da un uomo che, per aver denunciato senza paura l’ambiguità in cui viveva Erode, uno degli uomini forti della sua epoca, si trova in carcere in attesa di un giudizio che si risolverà con la sua morte. Quante volte, anche noi, abbiamo pensato di fare una domanda simile?
Quante volte ci siamo chiesti se è davvero il Vangelo di Gesù la risposta al nostro desiderio di pienezza?
Quante volte, spinti dalla sofferenza di qualcuno, oppure provocati dalle ingiustizie a cui assistiamo, oppure ancora assaliti da qualche dubbio improvviso che si insinua nella nostra mente, ci siamo posti la domanda: «Ma è davvero lui il Messia? Davvero è lui la risposta alla sofferenza del mondo? Davvero è lui il Verbo del Padre che si è fatto uomo per amore?».
Si tratta di domande sentite.
Si tratta di domande autentiche.
Si tratta di domande che scaturiscono spontanee dalla nostra umanità.
Ed è per questo motivo che il Vangelo ci invita a non respingerle, suggerendoci, attraverso questo brano, di metterle al centro del nostro rapporto con Gesù, trasformandole così in preghiera.
E allora, quando ci chiediamo se davvero il suo Vangelo è la risposta al nostro desiderio di pienezza, quando le sofferenze a cui assistiamo ci spingono verso la disperazione, quando il dubbio si insinua dentro di noi e non ci lascia tregua, non esitiamo a ripetere le parole di Giovanni: «Ma davvero sei tu quello che deve venire, oppure dobbiamo aspettare qualcun altro?». E come Giovanni restiamo in attesa, senza pretendere di dettare noi i tempi della risposta di Gesù.
Una risposta che, è il caso di notarlo, non è comunque una risposta diretta. Perché Gesù non dice ai discepoli di Giovanni: «Sì, sono io il Messia!», ma li invita a guardarsi intorno e a interrogare gli eventi di cui sono testimoni, affidando loro non tanto delle parole, ma dei fatti concreti: «Andate e riferite a Giovanni quello che voi udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella».
È interessante notare come nella risposta di Gesù si mescolino tre elementi distinti.
Un primo elemento («I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i sordi riacquistano l’udito») deriva dal capitolo 35 del libro di Isaia che annuncia la liberazione di Israele. I ciechi che recuperano la vista, gli zoppi che camminano e i sordi che sentono, ci ricordano che Gesù è venuto per renderci partecipi del bene a cui Dio ci ha destinato.
Un secondo elemento («I lebbrosi sono guariti, i morti risuscitano») non si appoggia su nessun brano dell’Antico Testamento, ma ha il compito di ricordare il fatto che, in Gesù, non solo si compiono le promesse dei profeti, ma si supera la lettera della Legge: ciò che era impuro può diventare puro al di fuori delle regole stabilite dalla legge (come il lebbroso che guarisce o il cadavere che ritorna alla vita).
Un terzo elemento ci rimanda invece al versetto con cui si apre il capitolo 61 di Isaia, quello in cui viene proclamata la promessa messianica, quello stesso versetto che, nel Vangelo di Luca, Gesù commenta dicendo: «Oggi si sono adempiute le parole che avete udito» (Lc 4,21).
Tra le missioni assegnate al Messia c’è infatti quella di annunciare la buona novella ai poveri, ovvero di ristabilire per loro quella centralità che le logiche mondane rimettono sistematicamente in discussione, rispondendo una volta per tutte alle parole che Georges Bernanos fa pronunciare al parroco di Torcy nel suo Diario di un curato di campagna: «Il vero scandalo non è che dopo duemila anni ci siano ancora i poveri, ma che i poveri siano ancora relegati in fondo alle nostre chiese».
* Nato nel 1959 a Porto Valtravaglia, sul Lago Maggiore, ha vissuto lì fino alla fine degli anni settanta. Ha studiato alla Cattolica di Milano e si è laureato in Statistica all’Università di Padova, nel 1984.
Vicepresidente nazionale della Fuci, all’inizio degli anni ’90 entra in contatto con il Gruppo del Guado di Milano e, nel 1996 diventa portavoce del Coordinamento Gruppi di Omosessuali Cristiani in Italia. Lavora come il libraio in Canton Ticino ed abita a Varese.