Sei gay e cattolico? A Palermo non puoi pregare per le vittime dell’omofobia
Articolo di Giulio Giallombardo tratto da siciliainformazioni.com del 5 maggio 2011
Sono tempi duri per gli omosessuali di fede cattolica. Ad una settimana dal Palermo Pride 2011, la manifestazione cittadina dell’orgoglio gay, la Curia di Palermo ha vietato una veglia di preghiera per le vittime dell’omofobia prevista nella chiesa di Santa Lucia a Palermo, il prossimo 12 maggio alle 21.
Lo denuncia don Luigi Consonni, che sarebbe stato personalmente invitato dall’arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, e dal vescovo ausiliare Carmelo Cuttitta, a sospendere l’esecuzione della veglia, “nel rispetto del paragrafo 17 del documento ‘Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omossessuali’ dell’1 ottobre 1986”, come ha riferito lo stesso sacerdote.
La veglia è stata organizzata dal gruppo “Ali d’Aquila”, una comunità interconfessionale di cristiani gay e lesbiche, proveniente da diverse realtà territoriali e religiose, che dal 2008 si riunisce nella chiesa di San Francesco Saverio all’Albergheria di Palermo, accolta da padre Cosimo Scordato.
Il gruppo, che ogni anno organizza una veglia di preghiera per le vittime dell’omofobia, il mese scorso aveva scritto una lettera all’arcivescovo e al vescovo, chiedendo la loro adesione alla veglia. “Vorremmo che questo momento di preghiera – si legge nella lettera – sia il primo passo per avviare con Voi, pastori di questa diocesi e nostri fratelli in Cristo, un dialogo che sentiamo urgente e imprescindibile per la nostra vita di cristiani”.
Per tutta risposta, ieri padre Consonni, è stato invitato dalla Curia a “sospendere” la veglia prevista nella sua parrocchia.
Ma probabilmente si pregherà lo stesso. Gli organizzatori hanno pensato, infatti, di riunirsi, sempre il 12 maggio alle 21, nella piazza di fronte alla chiesa di Santa Lucia, dal momento che il paragrafo 17 del documento chiede “attenzione” riguardo “l’uso di edifici appartenenti alla Chiesa” da parte dei gruppi di preghiera omosessuali. Quindi fuori dalle chiese i gay sono liberi di riunirsi in preghiera.
Nella “Lettera” in questione si raccomanda, inoltre, ai vescovi di “promuovere appropriati programmi di catechesi, fondati sulla verità riguardante la sessualità umana, nella sua relazione con la vita della famiglia, così come è insegnata dalla Chiesa”.
In più, dovrebbe essere compito dei vescovi fare un’adeguata “cura pastorale per persone omossessuali”, includendo “la collaborazione delle scienze psicologiche, sociologiche e mediche, sempre mantenendosi in piena fedeltà alla dottrina della Chiesa”.
Pensare che gay e lesbiche debbano farsi curare per la loro “malattia”, che non possano entrare in chiesa da cristiani per una veglia di preghiera e soprattutto che debbano imparare a riconoscere la verità riguardo la “sessualità umana”, è davvero troppo.
È pur vero che tutto ciò si legge in un documento datato 1986, ma questo non giustifica la Chiesa Cattolica, che dovrebbe imparare più ad accogliere che a discriminare. Ad esempio, riscrivendo la “Lettera” con uno sguardo più aperto alla società contemporanea.