Sentirsi donna in un corpo di uomo. Il senso della vita e altre questioni esistenziali
La mia esperienza è che la transessualità non è necessariamente incompatibile con la fede Però, può cambiare radicalmente la sua forma ed è incompatibile con le espressioni fondamentaliste. Per alcune persone questo potrebbe significare che non avranno altra scelta che quella di rompere completamente con le loro famiglie e dover emigrare in un paese più tollerante del loro.
Come molte transessuali, mi chiedevo che senso avesse nascere in un corpo difforme come il mio, perché mi fosse successo, perché non ad altri, perché in più ho dovuto subire un sacco di abusi, come era possibile che mi avesse preso così tanto tempo trovare un’altra persona transessuale e uno psichiatra finalmente pronto ad accompagnarmi.
Mi chiedevo se fossi davvero maledetta come pensavo, se Dio ce l’avesse con me, perché lui / lei si fosse accanito su di me, ecc. Per me come per molte altre, questi temi sono molto importanti e sono stati a lungo molto dolorosi. Le risposte che ho raccolto poco a poco dentro di me (e che si riferiscono solo a me) sono state le seguenti:
Mi sento accolta e amata incondizionatamente come sono dalla Presenza che sento nel profondo del mio cuore, a prescindere dal suo nome. Senza questa esperienza sono convinta che non sarei sopravvissuta alla mia adolescenza. E io mi sono sentita particolarmente protetta quando mi sono ritrovata nella sala di rianimazione.
Io non credo nella reincarnazione e sono fermamente convinta che non ho scelto né di nascere, né la mia famiglia, né la mia condizione di persona transessuale. Ho fatto come ho potuto, ma non ho scelto niente. Io non credo nella predestinazione e sono fermamente convinta che esista qualcosa chiamato ‘il caso’, e che, quest ’ultimo, abbia una notevole influenza sulle nostre vite.
Se un bambino nasce transgender, handicappato o con qualsiasi altra caratteristica, non è niente altro che il frutto della casualità della genetica e dell’embriologia. Nessun potere si abbatte su di noi. Non vi è alcuno scopo o intenzione, ma solo i meccanismi della vita che non funzionano con il determinismo di una macchina.
I sentimenti di assurdità e di ingiustizia che possiamo vivere sono del tutto legittimi, nel senso che non abbiamo fatto niente per meritare le nostre sofferenze. Ma non vi è che il risultato di forze naturali, del caso, del determinismo del nostro tempo, della nostra società e delle nostre famiglie. Non vi è nulla di misterioso o di magico.
Non c’è una via né una prova da attraversare per qualsiasi scopo. C’è solo il caso della vita e la nostra capacità di farvi fronte. Se ora mi sento più tranquilla, è perché questa sofferenza è definitivamente dietro di me grazie alla mia operazione e perché, dopo aver finalmente avuto l’esperienza del mio valore come persona, posso accettarmi e amarmi come sono e posso godere la vita al meglio!
Essere Berdache
Il concetto di Berdache, o persona con “due spiriti” proviene da una cultura profondamente diversa dalla cultura occidentale. Sorprendentemente, la parola “Berdache” di origine iraniana (http://www.arapacana.com/Glossary/B.htm) ha finito per essere adottata dagli indiani del Nord America per descrivere le persone che essi considerano come appartenenti a un terzo o un quarto genere. Alcuni indiani contemporanei hanno inoltre convenuto di fondare la propria omosessualità nella loro cultura e tradizione storica.
Un certo numero di persone transessuali ha paragonato la propria condizione a quella del Berdache. Questa assimilazione è controversa. In particolare, come si può collegare una esperienza moderna (un numero molto grande di noi deve il fatto di non essersi suicidato all’esistenza di un’operazione di cambiamento di sesso) a quella di una civiltà in cui tale intervento era impossibile?
Ma ci permette di provare a descrivere qualcosa di importante: la nostra parte “completa” o “multipla”. Una mia amica mi dice spesso che le cose che apprezza molto in me è che io sono ‘completa’. Sebbene sia positiva, questa riflessione mi ha turbato a lungo. Dopo tutto so chi sono.
Ho dovuto incontrare un’altra persona prima di accettare che in me ci fosse una miscela intima di sensibilità, di tenerezza e di forza che è unica e va al di là dei limiti dei generi, come sono tradizionalmente definiti nel mondo occidentale. Questa miscela mi permette di dare qualcosa che gli altri non possono dare e sto cercando di accettare questa realtà.
In passato ho spesso visto come , affrontare questo argomento con altre persone transgender, possa essere problematico. Alcune persone rifiutano con veemenza di accettare tutto ciò che non è chiaro nel sistema tradizionale dei generi. Altre rifiutano di definire se stesse parlandone.
L’ostilità all’interno dei due gruppi è tale che è estremamente difficile garantire che si possano anche semplicemente ascoltare. Ognuno vede nell’altro una reale minaccia. Nel corso del tempo, ho cominciato ad accettare e comprendere che la nostra identità di genere (qualunque sia) e il fatto che la nostra identità possa trascendere i confini tradizionalmente assegnati ai generi sono due caratteristiche di noi stessi, che possono coesistere pacificamente, perfino armoniosamente.
Entrambe sono nostre componenti essenziali. E se ci può dare la sensazione di essere costantemente in contrasto con gli altri, può anche darci la possibilità di dar loro qualcosa di totalmente unico e raro.
.
Testo originale: Spiritualité, sens de la vie et autres questions existentielles