Sentirsi una suora queer nella chiesa cattolica
Riflessioni di di Suor Nancy Corcoran*, CSJ, pubblicate su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti), il 20 maggio 2017, libera traduzione di Silvia Lanzi
Prima di diventare suora dell’ordine di San Giovanni (CSJ), andai a York City per incontrare suor Anne Brotherton che stava conseguendo il suo dottorato alla Fordham University. Mentre ce ne stavamo andando in giro insieme, le chiesi se non trovasse divertente passeggiare con il nostro abito ada suora. “Oh, no”, mi rispose, “Mi sento abbastanza a mio agio. Siamo tutti strani qui” (doppio senso giocato sul significato di ‘queer’ che significa sia ‘gay’ che ‘strano’).
Merriam-Webster definisce la parola “queer” come “essere diversi in modo stravagante da ciò che è la norma“. Oggi, le persone che non sono d’accordo con la rigida classificazione binaria maschio/femmina, rivendicano orgogliosamente il termine per sé.
In questo momento, dopo aver lavorato in un college prevalentemente femminile che diplomava solo una manciata di ragazze all’anno, mi sono presa un anno sabbatico per approfondire il mio ministero con le persone LGBTQIA. Gli studenti mi hanno spiegato la costruzione rigidamente binaria di maschio/femmina, quando si vestono e si pettinano in modi che non si adattano al genere binario, cosa che ha formato la mia coscienza.
Quando non ho più avuto l’energia per tenere il passo come cappellano cattolico dei diciottenni/ventiduenni, mi sono ritirata, e adesso sto vivendo il mio anno sabbatico. Durante questo periodo, ho imparato che più che “peculiare, bizarro o strano”, il termine “queer” ha assunto il significato di “persone non convenzionali e atipiche che mostrano visibilmente che i concetti di mascolinità e femminilità sono costruzioni sociali piuttosto che categorie immutabili e calate dall’alto“.
Dal momento che credo non si possa operare il ministero a cui si è chiamati con esseri umani che consideriamo “altri da noi”, ho iniziato a riflettere su come io e le sorelle del mio ordine abbiamo affrontato la sfida dell’ordine binario. Fatemi condividere con voi alcuni esempi presenti nei conventi.
In un periodo dove la gloria delle donne erano i capelli lunghi, le suore li tagliavano prima di pronunciare i voti. Venivano spesso dati loro nomi maschili. Richard Joseph, Francis Regis, John Kenneth, James Patrick, Christopher, Leo, Paul sono i nomi di alcune delle mie consorelle. Se non si fasciano il seno, indossano il soggolo per cammuffare le loro curve naturali. Come gli uomini, molte consorelle non si truccano. Quando indossano l’abito, spesso diventano “invisibili”, specialmente in spiaggia.
Quando ero una bambina (negli anni Cinquanta/Sessanta), alcune religiose facevano gli stessi lavori degli uomini. Erano rettori di college, presidi nelle scuole, amministratori a responsabili di bilancio degli ospedali. Alcune sorelle hanno notato che, quando indossavano l’abito, non erano più percepite come donne. Tutto d’un colpo, gli altri accordavano loro autorità e deferenza. Le si vedeva quasi fossero preti – o almeno avevano maggiori privilegi delle altre donne.
Come nell’esperienza di molte persone transgender e gender non-conforming, molti dei nostri genitori non furono affatto contenti della nostra scelta di entrare in convento che faceva svaporarare loro sogno di un matrimonio tradizionale e di avere dei nipotini. Così mi sono resa conto di aver molte più cose in comune con i cosiddetti “queer” di quanto credevo.
Spero che, normalizzando le scelte “non convenzionali” e “strane”, potremmo rivendicare il nostro amore e il nostro aiuto per le persone che allo stesso modo “sfidano” le costruzioni sociali correnti. Abbiamo bisogno di questa sfida. Forse, guardando alle scelte fatte dalle suore, potremmo ampliare la nostra accettazione delle persone queer, e cercare insieme come essere pienamente umani.
* Il post di oggi è di suor Nancy Corcoran, CSJ, a cui per la prima volta, gli studenti del Wellesley College del Massachusetts (Stati uniti), le si sono presentati, nella scuola in cui funge da assistente cattolico, come trans o transgender. Da poco in pensione, si è presa un anno sabbatico per approfondire il ministero dell’accompagnamento spirituale delle persone queer.
Testo originale: Nuns As Queer