Sesso & evoluzione. Anche gli animali sono gay ma non sono omofobi
Articolo di Jon Mooallem tratto dal mensile GQ, agosto 2001, pp.153-158.
In natura, fra molte specie – dagli albatri ai facoceri, dai pinguini ai fenicotteri – l’attività sessuale fra individui dello stesso genere è frequente, anche se per oltre un secolo si è preferito non studiarla. Con un pregiudizio tipicamente umano.
L’albatro di Laysan ha un’apertura alare di due metri, il becco giallo pallido e può vivere anche 70 anni. A novembre, ogni anno, 120 esemplari si radunano a Kaena Point, sull’isola di Oahu, Hawaii.
Hanno passato sei mesi in solitudine, in volo sul mare aperto fino all’Alaska, e tornano per riunirsi con i partner. Perché sono monogami.
Galleggiano in aria, planano a pochi metri da terra, o stanno lì come cuscini buttati sulla sabbia. Alla ricerca di quel particolare individuo con cui accoppiarsi di nuovo. Poi covano un unico uovo per 65 giorni.
A turno. Si puliscono le piume a vicenda e compiono vari comportamenti rituali: seduti petto contro petto, il collo arcuato e i becchi congiunti a formare un cuore. «Come umani innamorati», spiega la biologa Marlene Zuk.
Anni fa, parlando a Oahu in qualità di “first lady”, Laura Bush li ha elogiati per l’eterna fedeltà; Lindsay C. Young, biologa che studia Kaena Point, ha commentato: «Li guardi e sembrano il simbolo della monogamia: un mahio e una femmina. Ma forse quello che vedi è un’altra cosa».
Perché ha scoperto che un terzo delle coppie – studiate per una tesi doi dottorato alla alla University of Hawaii — è in realtà formato da due femmine. Stanno insieme da 4, da 8, persino da 19 anni.
Covano uova, allevano i piccoli e, in generale, passano agli occhi di tutti per coppie ‘etero’, anche se Young non userebbe mai una simile espressione. Né le definirebbe “lesbiche”, perché non hanno rapporti sessuali.
Forme di attività sessuale tra individui dello stesso genere sono state registrate in oltre 450 specie, dai fenicotteri ai bisonti, dagli scarafaggi ai facoceri. Certe koala montano altre femmine contro gli alberi emettendo «ansiti simili a tutti».
I delfini del Rio delle Amazzoni si penetrano a vicenda nello sfiatatoio. Attività documentate da oltre un secolo, ma per oltre un secolo registrate come curiosità indegne di ricerca scientifica.
I biologi ritenevano la questione irrilevante, in un universo darwiniano mirato solamente alla riproduzione. Un primatologo sosteneva addirittura che due oranghi maschi si dedicassero al reciproco sesso orale per ragioni alimentari.
Ma negli ultimi anni molti studiosi hanno analizzato la questione, che solleva domande complesse. Una delle più spinose: come parlarne?
Anni fa, Lindsay Young scrisse un saggio sulle coppie femminili di albatri. «Ho usato un tono asettico», dice oggi, «il tema è delicato».
Ma la rivista Biology Letters lo commentò subito dopo la legalizzazione dei matrimoni omosessuali da parte della Corte Suprema della California; alle sei del mattino, FoxNews chiamò Young sul cellulare e da quel momento un’orda di commentatori si scatenò, celebrando la scoperta come una presa di posizione in favore dell’uguaglianza dei diritti o denunciandola in quanto «propaganda, scienza selettiva di infimo livello».
Una pubblicazione di genitori gay diede il benvenuto ai lettori della «vasta comunità delle genitrici lesbiche presente tra gli albatri».
Il comico Stephen Colbert avverti che le «albatresbiche» e le loro «macchinazioni saffo-aviarie» minacciavano la famiglia americana.
Un sostenitore dei diritti degli omosessuali ha proposto a Lindsay Young di esporre una bandiera arcobaleno sui nidi occupati da sole femmine, in segno di solidarietà.
Una femmina di albatro produce un solo uovo all’anno, ma si trovano anche nidi con due. Negli Anni 60 gli scienziati hanno “deciso” che alcune, per forza, ne deponevano più di uno: al lesbismo, nessuno aveva pensato.
E nel 1968 Harvey Fisher, decano dell’albatrologia, ha pubblicato i risultati di 7 anni di ispezioni a 3.440 nidi nelle Midway: «Due uova indicano che il nido è stato usato da due femmine in momenti diversi».
Cioè l’egg dumping, quando una femmina inesperta depone l’uovo nel nido sbagliato. Quarant’anni dopo, Brenda Zaun, biologa dello U.S. Fish and Wildlife Service, ha notato sull’isola di Kauai che certi nidi accoglievano invece due uova per diversi anni consecutivi: la distribuzione non era casuale.
Ha prelevato alcune piume degli occupanti e le ha inviate a Young perché ne determinasse il sesso grazie al Dna: solo femmine.
Young a sua volta ha scoperto che a Kaena Point 39 dei 125 nidi appartenevano a coppie femmina-femmina. Che copulavano di nascosto con un maschio, poi covavano con altre femmine.
Spesso gli scienziati assegnano il sesso degli animali che studiano in base all’accoppiamento: un albatro o un cinghiale o un grillo monta un altro individuo, e l’atto pare evidenziarne il genere.
«Ma si parte da un pregiudizio di eterosessualità», spiega il biologo Bruce Bagemihl, «che a lungo ha nascosto la varietà dei comportamenti».
In Biological Exuberance, Bagemihl ha dimostrato che l’omosessualità in natura è stata marginalizzata, sia in buona fede che con antropomorfico disprezzo.
I corteggiamenti tra individui dello stesso genere venivano descritti come «scherzosi», quelli tra struzzi «una seccatura».
E un esperto di pecore delle Montagne Rocciose ha scritto: «Il vecchio ariete D montava più volte l’ariete S: che bestie così maestose possano essere checche, mio Dio!».
«Bagemihl ha diffuso la consapevolezza che questi comportamenti sono naturali e degni di ricerca», spiega Paul Vasey, primatologo e psicologo evolutivo canadese.
Ma da Darwin in poi, in biologia regna un’idea: in ogni specie, i comportamenti che dotano l’animale di un vantaggio — quello di prolificare — si conservano, mentre gli altri scompaiono. Perché allora investire in attività sessuali non riproduttive? Secondo Paul Vasey, perché comportano un vantaggio indiretto.
I maschi delle mosche Sphaeroceridae montano altri maschi per sfinirli ed escluderli dal corteggiamento delle femmine.
E i delfini dal naso a bottiglia si montano a vicenda per creare legami essenziali ai fini riproduttivi, dato che da adulti cooperano per avvicinare le femmine.
Se il fine del sesso eterosessuale è sempre la riproduzione, «il comportamento omosessuale non è un fenomeno uniforme», sostiene Vasey, «e ha comunque lo stesso obiettivo.
Noi facciamo di ogni erba un fascio per antropomorfismo, ma in ogni specie ha un significato evolutivo».
Secondo Joan Roughgarden, biologa di Stanford, questi animali «fanno multitasking con le proprie parti intime».
Infatti certe attività omosessuali forniscono vantaggi indiretti sul piano dell’evoluzione.
Per 15 anni Vasey ha studiato i macachi giapponesi, scimmie dalla faccia rosa alte 75 cm circa. Le femmine si montano a vicenda nella stagione dell’accoppiamento: è il sottoprodotto di un comportamento che è rimasto perché serve ad attirare l’attenzione dei maschi e a rafforzare il legame di coppia.
Gli albatri, a terra, sono goffi e sempre un po’ sorpresi dalle dimensioni delle zampe. A Kaena Point, Young ne ha trovati una ventina.«Registro le presenze», ha detto mentre leggeva i numeri sulle fascette legate alle zampe.
Dopo aver provato a decifrare quella di un particolare esemplare, si è avvicinata e l’ha afferrato: privi di predatori, non possiedono l’istinto della fuga.
Young e Zuk volevano scoprire come mai le coppie femmina-femmina si ritrovassero talvolta un uovo fecondato nel nido. Gli albatri respingono individui che non siano i partner, quindi i primi maschi arrivati forse le costringevano all’accoppiamento o forse erano loro, invece, ad “adescarli “.
L’attività omosessuale è frequente in popolazioni caratterizzate da scarsità di uno dei due generi.
A Kaena Point ci sono meno maschi. Poiché servono due albatri per covare un uovo, una femmina senza partner non ha chances di procreare: un episodico rapporto con un maschio già impegnato, seguito da un legame con un’altra single per covare, è un modo di procurarsele.
Ma sorge un altro problema: a novembre quasi tutte depongono un uovo, fecondato o meno, e nei nidi ce ne sta uno solo. Come decidono quale lasciar fuori? «Forse ignorano di chi sia o se sia fecondato. Covano qualunque cosa: ne ho visto uno cucciato su un pallone da pallavolo», sorride Young.
Lei non spiega l’omosessualità, lei studia gli albatri. Per questo le reazioni alle sue ricerche l’hanno sorpresa.
Molti erano certi che fosse lesbica: non lo è, anzi, il marito biologo è con Brenda Zaun (eterosessuale) co-autore dello studio. Young si è offesa, non per essere stata creduta gay bensì per aver visto messa in dubbio la propria correttezza di scienziata.
E vero, d’altra parte, che numerosi biologi esperti di omosessualità animale sono gay: secondo Bruce Bagemihl, «siamo meglio equipaggiati per smascherare i pregiudizio eterosessista nelle ricerche, perché l’affrontiamo ogni giorno». Paul Vasey ha detto: «La gente parte sempre dal presupposto che io sia gay». Lui è gay.
Noi tendiamo a vedere gli animali come riflessi, modelli e simboli di noi stessi. Nel 2010, due pinguini maschi dello zoo di San Francisco hanno fatto notizia quando, dopo 6 anni di convivenza (avevano anche allevato un piccolo, chiamato Chuck Norris), si sono separati, perché uno si era invaghito di una femmina.
Anthony Brown, il custode, è stato subissato da accuse di averli separati per ragioni politico-ideologiche. «I pinguini, nello zoo di San Francisco, scelgono liberamente», ha risposto.
Il “naturale comportamento degli animali è un fatto oggettivo, ma per noi al tempo stesso costituisce una convalida o una denuncia — dipende dall’opinione sull’omosessualità— del nostro atteggiamento. In epoca vitto- nana, l’attività gay tra cigni e insetti era bandita come immorale: agli albori dell’industrializzazione la gente voleva considerarsi più civilizzata degli “animali inferiori”.
I nazisti hanno usato identiche argomentazioni e con loro Anita Bryant, la polemista antigay che ha sostenuto in un’intervista «che neanche gli animali da cortile si comportano come gli omosessuali»; l’intervistatore le ha ricordato cosa in realtà accada in ogni aia, ma non è riuscito a smuoverla.
Allo stesso tempo, studi che sembrano ricondurre la “naturalità” di tali comportamenti animali a un “gene gay” allarmano tutti.
Nel 2007 David Featherstone della University of Illinois, durante una ricerca su possibili cure per il morbo di Gehrig (la SLA, sclerosi laterale amiotrofica), ha scoperto che la mutazione di una proteina nel cervello del maschio della mosca della frutta lo spinge a fare sesso con altri maschi (rende sensibile l’olfatto ai feromoni maschili).
Nulla a che fare con la nostra sessualità, ovvio, ma ha ricevuto una valanga di messaggi di persone certe che potesse o volesse, modificare gli orientamenti sessuali degli umani.
Un’e-mail l’ha paragonato al dottor Mengele (il famigerato “angelo della morte” del campo di sterminio di Auschwitz, ndr); tante sono state le telefonate di genitori preoccupati per i figli gay.
«Ecco, laggiù ce ne sono due che si accoppiano», ha esclamato Lindsay Young. Un albatro giaceva sulla pancia, le ali tirate indietro; il secondo gli stava dietro, ritto sulle zampe, con i rotoli di grasso che ondeggiavano sul collo mentre spingeva avanti e indietro il bacino. Poi il maschio ha avuto come uno spasmo e si è ritratto, la femmina si è allontanata.
Young le ha letto la fascetta sulla zampa: faceva coppia con un’altra femmina, mentre lui aveva un’altra partner. Mentre il maschio era ancora immobile, lei ha sbatacchiato le zampe sul terreno, ha colto una corrente d’aria ascendente ed è scomparsa sull’oceano.
Il mattino successivo, Young ha notato che una femmina di una coppia femmina-femmina stava richiamando un maschio. Aveva la testa protesa in aria e sbatteva il becco animatamente; un vero adescamento.
Alla fine, l’albatro ha fatto alcuni passetti verso di lei, si è fermato, si è guardato attorno. Si è fermato di nuovo e ha infilato il becco tra le piume. Poi si è voltato e se n’è andato. «La partner può essere orgogliosa del suo maschio», ha sorriso Young.
Oltre 6 mila chilometri più a ovest, in Nuova Zelanda, due albatri reali femmina stavano costruendo il nido. Nel corso dell’inverno, avrebbero costituito una delle rare coppie femmina-femmina viste lì, in grado di allevare un pulcino.
L’ente del turismo di Dunedin, località gay-friendly della Nuova Zelanda, ha indetto un concorso per dare un nome al piccolo delle «albatri lesbiche».
Per mesi, mentre le due covavano, ha diramato bollettini. Il pulcino è nato e l’ente l’ha battezzato Lola.
Tra i nomi più votati, c’erano Rainbow e Lady Gagabatross.