Sessualità: «E Dio vide che era cosa buona»
Riflessioni di René Poujol* tratte da Le blog (Francia) del 22 agosto 2012, liberamente tradotte da www.finesettimana.org
Che si tratti della “controversia” che oppone Roma alle religiose americane, delle posizioni della Chiesa cattolica sull’omosessualità in relazione ai progetti di matrimonio gay e di omogenitorialità, in gioco è la “visione” cattolica della sessualità, che a molti, oggi, sembra di un’altra epoca!
Non so se devo, già in partenza, rassicurare i miei lettori più intransigenti: non intendo vantare alcuna competenza teologica particolare in materia e non pretendo, con le mie affermazioni, né fare scuola, né generare dissidenza. Le mie riflessioni sono solo quelle di un uomo onesto, profondamente credente, persuaso che il sesso ha un’evidente dimensione spirituale, ma che Cristo non ha mai mostrato sull’argomento l’ossessione dell’istituzione ecclesiastica.
Arrabbiati con Dio… per problemi di sesso
Non occorre essere un genio per constatare che l’insegnamento della Chiesa in materia di sessualità non interessa più molta gente. E che ha sicuramente contribuito, in larga misura, nel corso della seconda metà del XX secolo, ad allontanare dalle nostre chiese milioni di uomini e di donne di “buona volontà”, ben decisi, sull’argomento, a non lasciarsi dettare ciò che era permesso e ciò che era proibito da ecclesiastici che avevano fatto, per se stessi, la scelta del celibato, quindi della continenza. Aver portato delle generazioni ad allontanarsi da Dio per problemi di sesso… quello è il vero scandalo.
Perché, insomma: riaffermare con costanza – stavo per scrivere con testardaggine – che moralmente leciti sono solo i rapporti sessuali vissuti nell’ambito del matrimonio, e inoltre a condizione di restare aperti alla trasmissione della vita… è la più forte negazione non solo della realtà ma della morale comunemente ammessa. E che non mi si venga ad obiettare la testimonianza delle coppie, fedeli all’insegnamento del Magistero, che vivono questo come cammino di santificazione… Ho per loro il massimo rispetto, ma questo non mi convince della fondatezza della disciplina a cui si obbligano.
“Morale naturale”, quanti crimini commessi in tuo nome! Dall’idea, oggi smentita dalla scienza, che gli animali copulano solo per riprodursi, la morale cattolica ha concluso che era quella la volontà di Dio per la più riuscita, la più amata, delle sue creature, l’uomo, uomo e donna.
Niente sesso al di fuori della trasmissione della vita. E oggi come ieri: niente piacere solitario, sessualità giovanile, coabitazione al di fuori del matrimonio, omosessualità attiva, contraccezione detta artificiale… Solo il “dovere coniugale”, grazie a Dio non senza amore!
Il sesso nella Bibbia: prima di tutto preservare la sopravvivenza del popolo ebraico!
Se la Bibbia è esplicita sulla condanna dell’onanismo e della sodomia, al punto da servire ancor oggi da fondamento alle “proibizioni” del catechismo… essa descrive anche un gran numero di situazioni, in fin dei conti “poco cattoliche”. Come quella in cui Dio chiede a Osea di sposare una prostituta; o in cui le due figlie di Lot si infilano nel letto del loro padre; o la pratica della poligamia generalizzata presso i patriarchi al punto che i dodici figli di Giacobbe – da cui usciranno le dodici tribù di Israele – provengono da quattro letti “simultanei”: le sue due spose e le sue due concubine. E chi non si è mai interrogato, un po’ a disagio, sul mondo in cui Caino avesse potuto avere una discendenza, se non giacendo con sua madre Eva?
Se tutto questo ha un senso recondito, cosa che io credo, è senza dubbio questo: come sarebbe potuto sopravvivere il piccolo popolo ebreo, popolo eletto, popolo del Dio unico, che viveva sotto la minaccia costante delle carestie, delle epidemie, della mortalità infantile, dell’ostilità delle tribù vicine, se la sessualità degli uni e degli altri fosse stata deviata dall’unico dovere di dare la vita ad una discendenza numerosa? (1)
Questo è sufficiente, ai miei occhi, a spiegare SIA le proibizioni (onanismo, omosessualità) SIA le tolleranze (incesto, poligamia…). E si possono trovare gli stessi imperativi, spesso di natura religiosa, in altre società confrontate agli stessi pericoli.
La sessualità: natura e/o cultura?
Se la “legge naturale” e il semplice buon senso continuano a dirci, all’inizio di questo millennio, che occorrono un uomo e una donna per dare la vita ad un bambino, più difficilmente essa può essere sollecitata per giustificare la supposta amoralità della sessualità quando essa esclude ogni finalità riproduttiva immediata (2).
È nella natura dell’uomo, voluto da Dio, lasciarsi rinchiudere in una forma di biologismo al punto da dimenticare di essere chiamato, da questo stesso Dio, a trasformare la sua condizione e a dare senso alla sua esistenza? Il che si chiama… cultura! Del resto il Vangelo non è un appello costante ad andare al di là della semplice natura per modellare un’etica? Che cosa c’è di meno “naturale” del comandamento di Cristo: amate i vostri nemici?
Nel 2012, il genere umano è minacciato di estinzione per il rifiuto di trasmettere la vita? No, ed è per questo che, nel loro lavoro di emancipazione relativamente al cristianesimo, le nostre società occidentali hanno riconosciuto e proclamato l’autonomia del sessuale rispetto all’esigenza di “riproduzione” del gruppo. Allora, è la Chiesa cattolica, come un nuovo “popolo eletto”, ad essere fisicamente minacciata, giustificando il mantenimento delle antiche proibizioni? Quest’idea, bisogna riconoscerlo, resta presente magari nascosta, qua e là (3) in molti documenti ecclesiastici.
Irrigidendosi troppo, la Chiesa trascura la sua missione
Il che pone molti problemi: con quale diritto un “piccolo popolo cattolico”, che si presume minacciato nella sua stessa esistenza, imporrebbe la sua morale di sopravvivenza in un mondo secolarizzato, preoccupato prima di tutto di dominare i rischi di sovrappopolazione per permettere a ciascuno di condurre un’esistenza degna? (4)
E se i cattolici restano fissi nella loro visione della sessualità, non si condannano ad un ripiegamento settario, ad una stigmatizzazione o addirittura ad un’esclusione de facto da coloro – in particolare omosessuali – che, benché legati a Cristo, non riconoscono in questa morale l’insegnamento del Vangelo?
Ma c’è anche altro: ponendosi qui come controcultura, confutando qualsiasi idea di evoluzione della sua disciplina, la Chiesa non si priva forse della possibilità di condividere, con gli uomini e le donne di questo tempo, il senso profondo della sessualità nel piano di Dio che non può essere dedotto da una lettura fondamentalista della Bibbia?
Traggo le conclusioni del mio pensiero. Trovo oggi particolarmente insensata la demonizzazione senza sfumature della masturbazione e la condanna morale delle relazioni sessuali prematrimoniali nei nostri paesi dove ci si sposa mediamente all’età di 30 anni, mentre la maturità sessuale dei giovani non è mai stata così precoce (5).
Trovo insensata anche la proibizione dei metodi contraccettivi detti artificiali, e l’obbligo morale fatto alle persone omosessuali di vivere per tutta la vita nella continenza. Perché non c’è sessualità “contro natura”, a meno di voler mantenere il principio secondo il quale la sessualità deve restare, per tutti, potenzialmente aperta alla sua finalità riproduttiva (6), anche se non è l’unica (7).
Guardiamoci attorno: l’insegnamento della Chiesa in materia di sessualità non è più rispettato se non da una piccola cerchia di fedeli; al contempo, le nostre società occidentali hanno commercializzato il sesso e promosso un edonismo disumano e devastante. Ma immaginarsi di lottare utilmente contro derive consumistiche e libertarie attraverso il semplice ritorno ad un moralismo cristiano è senza dubbio utopistico.
Che cosa è preferibile per la Chiesa o, più esattamente, dov’è maggiormente nella verità della sua missione: mantenere a tutti i costi delle proibizioni il cui fondamento teologico sembra talvolta incerto, o accettare la sfida di educare ciascuno alla libertà e alla responsabilità di una sessualità “adulta” che procede da quella Creazione di cui la Genesi ci dice “e Dio vide che era cosa buona”?
Superare la semplice ripetizione di proibizioni incomprensibili
Non vivo su un pianeta diverso dalla nostra terra comune e osservo attorno a me che le giovani generazioni, con o senza pratica della contraccezione, con o senza coabitazione prematrimoniale, raramente vivono un “vagabondaggio del sesso”, ma piuttosto la ricerca di una fedeltà e di una fecondità amorosa; osservo che le persone omosessuali che conosco sono nella maggior parte dei casi impegnate in un rapporto di coppia, profondo e durevole, rispettoso di loro stesse e degli altri, più desiderose di riconoscimento fraterno e sociale che di accesso ad uno statuto matrimoniale.
Noi cristiani, portatori di una Buona Notizia, non abbiamo altro da offrire agli uni e agli altri, come alle società in cui viviamo, che la semplice ripetizione di proibizioni diventate incomprensibili ed inoperanti? (8)
È forse niente dire a tutti, alla luce del Vangelo, che la fiducia concessa all’altro, la fedeltà, la solidarietà, il superamento della propria finitezza attraverso il dono della vita o qualsiasi altra forma di fecondità generosa, il totale abbandono nel piacere donato e ricevuto, o la scelta volontaria della continenza, offrono la più perfetta esperienza dell’amore che Dio ha per noi? Che l’uomo, uomo e donna, non ha mai finito di costruirsi nella libertà, se appena sa guardare ad orizzonti alti ed ampi?
1. La Bibbia non esita a scrivere: “La maggiore disse alla minore: «Nostro padre è vecchio, e non c’è più nessuno sulla terra per mettersi con noi, come si usa in tutta la terra. Vieni, diamo da bere del vino a nostro padre, e corichiamoci con lui, perché possiamo conservare la razza di nostro padre»” (Genesi 19, 31-32).
2. La maggior parte dei teologi è d’accordo sul fatto che, quali che siano le qualità dell’enciclica Humanae Vitae, la sua pretesa di fondare sulla “legge naturale” la proibizione dei metodi contraccettivi artificiali è difficilmente accettabile.
3. Mi è capitato di leggere che Roma doveva restare inflessibile sulla condanna dei metodi contraccettivi artificiali, perché solo le famiglie numerose donavano preti alla Chiesa.
4. La demografia in Francia è “in buona salute”, nonostante la legislazione sulla contraccezione ed è difficile immaginare che altri paesi europei ritrovino una dinamica di crescita della loro popolazione “criminalizzando” la regolazione delle nascite.
5. Nel mondo ebraico al tempo di Cristo ci si sposava a 13 anni. Romeo e Giulietta ne avevano a malapena 15 quando frate Lorenzo li sposò. Ciò significa che pubertà e matrimonio sono coincisi per secoli e coincidono in certe società, non senza problema. Si può oggi, in nome della morale, rifiutare di tener conto dello scarto esistente tra pubertà ed età di “entrata” nella vita adulta? Sappiamo che in terra d’Islam le aggressioni sessuali contro le donne si moltiplicano, frutto delle frustrazioni di una gioventù che è tenuta ad arrivare vergine al matrimonio. E che l’omosessualità “di compensazione” vi è cosa corrente.
6. Per quanto mi riguarda, non vedo alcuna ragione obiettiva di condannare moralmente l’omosessualità e di rifiutare a delle persone omosessuali di vivere in coppia e di godere della protezione delle leggi. Invece, mi sembrerebbe questa volta “contro natura” allargare a loro il diritto al matrimonio, all’adozione o all’aiuto alla procreazione medicalmente assistita, che presuppongono una differenziazione dei sessi, che qui è, per natura, inesistente. Ad oggi, nessun argomento a favore di questo “ampliamento” dei diritti mi sembra realmente convincente.
7. Da questo punto di vista, l’insegnamento di Papa Giovanni Paolo II ha “magnificato” la nozione dell’amore coniugale e la realizzazione umana degli sposi, ma senza mai rimettere in discussione la necessità dell’apertura permanente al dono della vita.
8. Eppure, si comprende bene la rivoluzione copernicana che tale cambiamento rappresenterebbe per la Chiesa cattolica. Un solo esempio: i religiosi fanno voto di castità, i preti voto di celibato… mentre la Chiesa si aspetta dagli uni e dagli altri che vivano nella continenza. Se l’obbligo del rapporto sessualità-matrimonio-trasmissione della vita fosse soppresso, nulla impedirebbe ai religiosi e ai preti di avere relazioni sessuali… a meno di far loro pronunciare un nuovo voto: di continenza.
* René Poujol, giornalista, ex direttore del settimanale cattolico “Pèlerin”, “chrétien de gauche”.