Sfogliando “Un ponte da costruire” di James Martin. La Bibbia, la pastorale e la dottrina
Recensione di Antonio De Caro del libro di James Martin, Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra Chiesa e persone LGBT (Marcianum, 2018), parte tre
A questo punto padre Martin propone una serie di brani biblici (pp. 63-89) che possono servire per la preghiera e la meditazione. Essi sono rivolti prevalentemente alle sorelle e ai fratelli LGBT, ma anche ai loro familiari ed amici e alle comunità cattoliche che intendono accoglierli. Lo sfondo di questa preghiera è la consapevolezza che anche le Scritture sono state composte in periodi di conflitti sociali e inquietudini spirituali, per cui anche noi possiamo imparare dalla loro esperienza.
La preghiera ha lo scopo di “rischiarare la nostra anima e approfondire la nostra coscienza” (pp. 64-65): pertanto i brani sono accompagnati da alcune domande per guidare la meditazione; è anche possibile usare la tecnica ignaziana della “composizione”; le domande sono utili anche per una discussione in gruppo. Ecco la lista dei brani:
a) Sui nomi e sul dare nomi (Gen 2.19-20; 17.5; Es 3.7, 10, 13-15).
b) Doni differenti (1Cor 12.12-27).
c) Prendersi cura di coloro che sono perseguitati (Lc 10.25-37).
d) Gesù va incontro alla gente dove essa si trova (Mt 8.5-13; Lc 19.1-10).
e) Sei fatto come una meraviglia stupenda (Sal 139.1-18).
f) Dio è la tua forza (Sal 62).
g) Gesù proclama la sua identità (Lc 4.16-30).
h) Gesù chiama Pietro (Lc 5.1-11).
i) Gesù risorto appare a Maria di Magdala (Gv 20.1-18).
j) Sulla strada di Emmaus (Lc 24.13-35).
Conclude il libro una preghiera, composta dallo stesso padre Martin, per quando ci si sente esclusi (pp. 91-93): quasi una versione moderna dei salmi, adatta alle persone LGBT che si sentono ferite e respinte, anche dalla Chiesa cattolica.
Postfazione: Pastorale o Dottrina? Un invito alla lettura (pp. 97-111)
A) D. Migliorini, Approfondimenti dottrinali?
Il libro di padre Martin presenta uno stile sorridente, come la sua personalità, ed è animato da un profondo ottimismo. Esso non propone soluzioni teologiche o riforme del Magistero, bensì esorta all’ascolto e all’incontro: prima la comunione e poi la conversione, secondo l’esempio di Gesù. Ma se il ponte venisse costruito e le due comunità (la Chiesa istituzionale e i credenti LGBT) si incontrassero, che cosa potrebbe succedere? In altre parole: in che modo progettare l’accoglienza, se la dottrina non cambia? Ecco il motivo per cui il libro e il suo autore sono stati criticati sia dai cattolici conservatori (secondo i quali non va concesso alcuno spazio alle rivendicazioni LGBT) sia dai credenti LGBT che attendono una seria conversione della Chiesa Cattolica e la fine della condanna per l’amore omosessuale.
Purtroppo, le scelte pastorali, senza un’autentica revisione dottrinale, rischiano di innescare soltanto dei cortocircuiti. In effetti, la questione omosessuale si configura come la più critica, oggi, per la teologia: a partire da essa stanno prendendo forza gruppi conservatori poco informati e poco aperti, che suscitano anche campagne veementemente ostili. Non è un percorso facile, come dimostra anche la complessa riflessione sinodale poi confluita in Amoris laetitia.
Il libro di Martin rappresenta il grado di massima apertura possibile senza alterare la dottrina e può rappresentare lo strumento in cui i fedeli possono rispecchiarsi per verificare la loro posizione rispetto ad un tema così delicato. A padre Martin interessa creare le condizioni per il dialogo e l’incontro personale, un metodo. Delineare un metodo pastorale, tuttavia, sarebbe sterile se poi da lì non ripartisse la riflessione teologica. Già l’esegesi biblica è in grado di interpretare correttamente, e non più come intransigente condanna, i brani biblici solitamente citati sui rapporti omosessuali.
Ma è in campo antropologico che si incontrano le peggiori resistenze, poiché non si riesce ad abbandonare l’idea che l’orientamento sessuale sia per tutti normativamente eterosessuale e che il fine della sessualità umana sia essenzialmente procreativo. Il desiderio, invece, presenta una natura non solo biologica, ma anche psicologica, aperto ad inclinazioni naturali che andrebbero considerate varianti sane della sessualità umana. Ciò avrebbe profonde conseguenze sull’idea di legge naturale; anche l’attrazione omosessuale, quindi, sarebbe potenzialmente aperta all’amore e alla comunione, e quindi non esclusa dall’ermeneutica nuziale.
Dal momento, però, che i tempi dell’elaborazione teologica sono lunghi, nel frattempo -è il suggerimento del libro di padre Martin- si potrebbe conoscere la diversità incontrandola, come avviene in diverse diocesi italiane grazie ai gruppi di omosessuali credenti. Per smontare i pregiudizi, cognitivamente ed emotivamente, è auspicabile diffondere, anche all’interno delle parrocchie, una nuova narrazione delle minoranze sessuali e combattere realmente le discriminazioni: cioè bandire le terapie riparative, isolare e disinnescare l’odio omofobico, accogliere le persone LGBT e non allontanarle se, per esempio, svolgono servizi nella comunità.
B) G. Piva, Coltivare la spiritualità, nelle difficoltà
Come possono i fedeli LGBT attendere ed accompagnare la Chiesa nella sua crescita verso una maggiore accoglienza? Come possono andare oltre il risentimento? Coltivando la spiritualità. La preghiera ci fa incontrare la misericordia di Dio, ci riconcilia con Lui, porta serenità nelle nostre vite e le apre alla sintonia con la Grazia.
Lasciarsi incontrare concretamente dal Signore risana le nostre vite, come individui e come comunità. Questa riflessione finale, breve ma intensa, di padre Piva, riporta i contenuti del libro ad un orizzonte di fede e ribadisce che il rinnovamento della vita è possibile solo attraverso l’incontro concreto con l’Amore di Dio, nella preghiera di ogni giorno.