Sfogliando “Un ponte da costruire” di James Martin. Un ponte bidirezionale
Recensione di Antonio De Caro del libro di James Martin, Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra Chiesa e persone LGBT (Marcianum, 2018), parte due
L’immagine del “ponte” ispira il progetto di un nuovo approccio comunicativo di James Martin (Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra Chiesa e persone LGBT, Marcianum, 2018), valido in entrambe le direzioni. Ognuna delle due realtà (la Chiesa istituzionale e i cristiani LGBT) dovrebbe essere in grado di andare incontro all’altra usando il medesimo stile, cioè rispetto, compassione e sensibilità (pp. 25-26).
Verso le persone LGBT (pp. 27-44)
A) Rispetto: La prima forma di rispetto è accorgersi che l’altro esiste; così faceva Gesù, che guardava le persone e le vedeva nella loro autentica realtà. In primo luogo, il rispetto comporta chiamare queste persone con il nome con cui esse desiderano essere chiamate. Poi, significa riconoscere che le persone LGBT sono già parte della Chiesa, in cui esse operano e donano i loro carismi, come la compassione, la perseveranza, il perdono, l’amore per il servizio alle comunità (ad esempio, attraverso la musica e il canto, o nella vita consacrata). Il rispetto dovrebbe essere tanto maggiore, quanto più delicata è la situazione dei fratelli e delle sorelle LGBT: essi non solo dovrebbero essere accolti, ma anche ricevere il lieto annuncio di essere amati da Dio così come sono.
Fa parte dei doveri della Chiesa annunciare l’amore di Dio specialmente a coloro che sono stati o sono vittime di persecuzione o emarginazione. Le persone LGBT che lavorano in organizzazioni cattoliche non dovrebbero essere licenziate per il fatto di essere persone LGBT: altrimenti, per coerenza, occorrerebbe licenziare anche tutte le altre persone che per vari motivi si trovassero in una situazione irregolare rispetto alla morale cattolica (persone separate, chi ha figli al di fuori del matrimonio, chi pratica la contraccezione, chi non va a messa la domenica, chi non aiuta il prossimo…). Accanirsi solo sulle persone LGBT significa operare una “ingiusta discriminazione”, usando l’espressione del Catechismo (§2358), e spesso dipende da una mancanza di empatia, cioè dall’incapacità di comprendere che cosa significa per le persone LGBT subire tale trattamento.
B) Compassione: Tutta la Chiesa, non solo la gerarchia, dovrebbe essere capace di provare questa empatia, il cui primo grado è l’ascolto: cioè apprendere direttamente dalle persone LGBT (e non da altre fonti) come hanno vissuto e come vivono. “Per essere compassionevole, la Chiesa deve ascoltare” (p. 36), anche i genitori, i familiari e gli amici delle persone LGBT. E se la Chiesa, ascoltando tali esperienze, si rendesse conto che le persone LGBT si trovano umiliate o oppresse, avrebbe il dovere morale di difenderle, o non rispecchierebbe l’insegnamento di Gesù Cristo.
La Chiesa Cattolica dovrebbe prendere posizione pubblicamente contro le discriminazioni ai danni delle persone LGBT, così come prende posizione pubblicamente su altre questioni morali, come la difesa della vita fin dal concepimento, la lotta alla povertà, la cura degli anziani e dei malati. In effetti, la Chiesa Cattolica non ha mai fatto dichiarazioni ufficiali per difendere le persone LGBT dal bullismo e dalle persecuzioni, mentre Gesù Cristo, con il suo esempio di vita e le sue parole, ha insegnato la compassione e la solidarietà per tutti gli emarginati. Com-passione significa anche gioire con gli altri e celebrare le loro conquiste.
C) Sensibilità: Non è possibile avere o mostrare sensibilità per gli altri se li si tiene a distanza, se si rifiuta di conoscerli. Senza familiarità o amicizia non c’è accoglienza sensibile; entrare in contatto, invece, come faceva Gesù, risveglia il bene che c’è nelle persone. Gesù si muoveva sempre dall’esterno all’interno e proponeva una “amicizia conviviale” ed inclusiva che abbatteva le barriere fra “loro” e “noi”. Come con il centurione romano o con Zaccheo, cui Gesù non ha imposto alcuna condizione per entrare in contatto con lui.
La conversione, se mai, avviene come conseguenza della comunione. La sensibilità, pertanto, non è compatibile con l’offesa: ecco perché occorre rinnovare i linguaggi, evitando ad esempio di usare, per la condizione omosessuale, espressioni come “intrinsecamente cattivo” o “oggettivamente disordinato”. Si tratta di crudeltà gratuita, che mortifica ogni forma di amore di cui le persone LGBT possono essere capaci.
Verso la Chiesa (pp. 45-60)
Anche i cattolici LGBT sono invitati a trattare la Chiesa con rispetto, compassione e delicatezza. Questa è la seconda corsia del ponte. Se mancano questi atteggiamenti, la comunione non può essere realizzata, come invece la parola di Dio ci invita a fare.
A) Rispetto: I pastori della Chiesa meritano il nostro rispetto perché, in forza della loro ordinazione, servono il popolo di Dio con il ministero della Parola e dei Sacramenti, attingendo ad un lungo patrimonio spirituale che deriva dalla ricchezza delle Scritture e della Tradizione. Rispetto, in questo caso, significa ascoltare gli insegnamenti della Chiesa, chiedendosi da quale fonte essi nascano e quale scopo essi intendano raggiungere, senza però trascurare la riflessione ed il confronto critico con la propria esperienza.
Rispetto significa anche non deridere, non umiliare i pastori, poiché ciò non fa che perpetuare ed amplificare le sofferenze subite dalle persone LGBT. La misericordia ci fa assomigliare a Dio e, sul piano umano, crea le condizioni per il dialogo e l’incontro. Più della protesta acrimoniosa, le rivendicazioni pacate si rivelano alla fine più fruttuose.
B) Compassione: In questo caso, la compassione significa “conoscere la realtà di coloro che ricoprono incarichi di responsabilità” (p. 50), soprattutto se si tratta di persone leali, gentili e laboriose. Non è facile essere un sacerdote o un vescovo, che devono costruire momento per momento l’unità del popolo di Dio. A volte, alcuni di loro hanno una storia personale dolorosa, segnata anche da abusi; ci possono essere anche persone LGBT che hanno scelto la vita consacrata nel tentativo di sfuggire alla paura o di trovare protezione. Ci possono essere consacrati intolleranti verso le persone LGBT perché in realtà sono intolleranti verso se stessi.
La compassione in questo caso ci esorta a tenere conto dell’umanità di questi pastori, anche se spesso si sono pronunciati o comportati in modo “ignorante, nocivo e persino crudele” (p. 53) verso le persone LGBT. Progressivamente, tuttavia, anche grazie al pontificato di Francesco, gli atteggiamenti ostili verso le persone LGBT stanno diminuendo, ma occorrono ancora tempo e pazienza perché la conoscenza reciproca proceda. Nei momenti di conflitto, è di grande aiuto la preghiera.
C) Sensibilità: Di fronte alle affermazioni della gerarchia, sarebbe bene che i credenti LGBT valutassero il livello di autorità di colui che parla, poiché non tutte le fonti hanno lo stesso peso. Conta soprattutto la voce del Papa, rispetto a quella dei vescovi o dei parroci; e non tutti i documenti hanno lo stesso valore. Inoltre, se alcuni pretendono dalla gerarchia segnali più netti di rottura con il passato sulle questioni LGBT, occorre ricordare che la Chiesa si rivolge ai fedeli di tutti i continenti e ha lo scopo di non dissolverne la comunione: un’affermazione considerata blanda nei paesi occidentali può avere invece una portata rivoluzionaria in Africa o in Asia. Anche chi è animato da spirito profetico e vorrebbe rivolgere alla Chiesa messaggi forti e rivoluzionari, dovrebbe farlo nei modi e nei tempi dell’amore.
Assieme sul ponte (pp. 61-62)
Costruire il ponte, percorrerlo ed incontrarsi: questa riconciliazione, che è conforme al volere di Dio, ha tuttavia dei costi, e non è facile, né per la Chiesa istituzionale né per i cattolici LGBT. Ma Dio ci esorta al perdono e all’unità. La Chiesa non è perfetta, ma è in cammino verso l’incontro con Dio; e i cattolici LGBT sono figli prediletti di Dio.