Si scrive sinodo, si legge concilio
Articolo di Aldo Maria Valli pubblicato su Europa del 9 ottobre 2014
Il cardinale Carlo Maria Martini sarebbe stato contento di questo sinodo. Lui, che già quindici anni fa aveva chiesto di tenere ogni tanto un concilio su temi particolari, e aveva messo proprio la famiglia e la morale sessuale fra gli argomenti più urgenti, vedrebbe oggi realizzarsi quello che allora aveva dovuto relegare nella categoria del “sogno”, venendo peraltro guardato con freddezza, se non con ostilità, dalla maggioranza dei padri sinodali.
Il confronto in corso in questi giorni in Vaticano assomiglia molto a un concilio ristretto.
Conciliare è il metodo del confronto a viso aperto, dopo che Francesco ha esortato tutti a parlare con franchezza e libertà, senza farsi prendere da timori legati alla convenienza. E conciliare è l’atmosfera, perché davvero non c’è tema che non sia affrontato.
L’assemblea, è bene ricordarlo, non arriverà a conclusioni dottrinali. Prima di tutto perché è solo la prima tappa di un percorso che prevede un altro sinodo l’anno prossimo, e poi perché è un sinodo pastorale, non dottrinale.
Francesco, infatti, ha chiamato a raccolta i vescovi, con un importante contributo di tredici coppie di sposi, perché dal sinodo escano linee che i pastori dovranno seguire, ciascuno nella propria realtà, per porgere meglio il Vangelo agli uomini e alle donne del nostro tempo.
Tuttavia i cambiamenti ci sono, e sono rilevanti. Quando si dice, come è stato detto, che anche nelle unioni di fatto ci sono elementi di santità, e che l’eucaristia non è il sacramento dei perfetti ma di coloro che sono in cammino, si lanciano segnali che se non sono di rottura poco ci manca.
La Chiesa, nel segno del realismo chiesto e praticato da Francesco, guarda in faccia la situazione attuale e per prima cosa non fa calare dall’alto i suoi giudizi e le sue censure, ma valorizza gli elementi positivi.
Anche in questo caso, viene alla mente Martini, che chiedeva di non cadere nell’atteggiamento farisaico e di rintracciare il bene e il buono che ci sono ovunque, per partire da lì in vista di un percorso di purificazione utile per tutti.
Si tratta di intollerabili cedimenti dottrinali, tuonano i custodi della tradizione e delle norme codificate, come se la dottrina fosse avulsa dalla storia.
No, è solo un atteggiamento evangelico, rispondono il cardinale Kasper e quelli che difendono la linea della misericordia voluta da Francesco.
Il dibattito c’è ed è vivace, ma è indubitabile che l’aria, in generale, è cambiata. Bisogna ascoltare il mondo, altrimenti il mondo non ci ascolterà: anche questo è stato detto al sinodo.
Una prima battaglia, da questo punto di vista, Francesco l’ha già vinta. La barca di Pietro ha preso il largo, per affrontare il mare aperto.
Arriveranno le tempeste, certamente. Ma Francesco ha detto e ripetuto di preferire una Chiesa incidentata piuttosto che una Chiesa arroccata, incapace di parlare a tutti.
Ieri, secondo le sintesi fornite alla stampa, c’è stato chi ha tuonato contro «la dittatura del pensiero unico», mettendo in guardia dai «controvalori che distorcono la visione del matrimonio come unione tra uomo e donna», ma questa non è l’unica musica che viene suonata.
Nessuno vuole indebolire il vincolo matrimoniale e togliere l’indissolubilità, dice l’arcivescovo Victor Manuel Fernández, rettore della Pontificia università cattolica argentina.
La bellezza del matrimonio cristiano va anzi mostrata sempre di più e sempre meglio, ma c’è un «realismo comprensivo» che deve accompagnare le sofferenze di tutti, «anche se ci sporchiamo un po’», perché «il maestro Gesù era vicino a tutti».
«Se veniamo qui a ripetere quello che la Chiesa ha detto sempre – osserva Fernández –, la Chiesa non cresce. Non dimentichiamo che un tempo la Chiesa accettava la schiavitù».
All’uscita da una sessione del sinodo incontro il padre Adolfo Nicolás, superiore generale dei gesuiti di tutto il mondo, confratello e coetaneo di Francesco.
Sorride e descrive una vignetta che ha visto in Spagna, con un monsignore che, disperato, esclama: «Abbiamo un papa che crede nel Vangelo!». Ma sono in tanti che ci credono, e forse in questo sinodo hanno preso coraggio.