Sinodo: una svolta evangelica. L’auspicio di “chiesa di tutti chiesa dei poveri”
Articolo di di Luca Kocci pubblicato su Adista Notizie n. 19 del 23 marzo 2015, pp.4-5
Alcuni fra i temi più controversi in discussione al Sinodo dei vescovi sulla famiglia che si concluderà ad ottobre – contraccezione, divorziati risposati, omosessuali – sono stati al centro del dibattito durante l’incontro nazionale della rete “Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri” dello scorso 9 maggio (v. notizia precedente).
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Il matrimonio non è una gabbia
Della questione dei divorziati risposati e del loro accesso ai sacramenti – ad oggi negato – ha parlato don Giovanni Cereti, preoccupato di come, in questi mesi, la «parte più conservatrice, che si oppone ai cambiamenti, abbia alzato il livello dello scontro, quasi minacciando uno scisma. Tutti i cristiani sono d’accordo nel riconoscere che la volontà di Dio è un matrimonio indissolubile», ha spiegato Cereti, «purtroppo però vi sono dei fallimenti e molti non riescono a realizzare il progetto che si erano proposti». Allora che fare? «La soluzione attuale nella Chiesa cattolica è quella della dichiarazione di nullità del matrimonio attraverso i tribunali ecclesiastici. È la soluzione della Chiesa latina del secondo millennio.
Ma nei primi secoli la Chiesa sottoponeva alla penitenza i responsabili dei peccati più gravi, fra cui quello di adulterio, ma dopo un anno o più di penitenza assolveva e riammetteva alla pienezza della vita ecclesiale e all’eucaristia. Questo è il sistema più antico e più tradizionale che il papa e molti nella Chiesa vorrebbero reintrodurre», mentre i conservatori si oppongono.
Una soluzione, ha spiegato Cereti, «pienamente conforme alla grande tradizione seguita nella Chiesa antica, sostanzialmente conservata in altre Chiese storiche e soprattutto testimoniata dal canone 8 di Nicea», che offre quindi una «soluzione dottrinale» e giustifica una «una nuova comprensione del matrimonio più conforme a una retta comprensione del Vangelo».
Perché, ha aggiunto, «il matrimonio sacramento non è una gabbia dalla quale, una volta entrati, non si può uscire, ma è affidato alla responsabilità degli sposi che ne sono i ministri: sino a che essi si amano e confermano il loro consenso, nessuno al mondo può sciogliere il loro matrimonio, ma una volta che il segno è corrotto, cioè quando la volontà degli sposi di essere marito e moglie non esiste più, scompare la presenza reale e viene distrutto il vincolo coniugale, venendo così meno anche la grazia del sacramento».
Questa è la strada, secondo don Cereti, ma non è detto che tale soluzione venga accettata, «visto l’atteggiamento duro di grande parte dell’ala più conservatrice dell’episcopato». L’annuncio del Giubileo della misericordia, forse, potrebbe piegare le resistenze, rinforzando la convinzione che «anche se siamo tutti peccatori e anche se il nostro cuore ci condanna, Dio è più grande del nostro cuore e nel suo amore vuole abbracciare e accogliere tutti i suoi figli nella grande casa che ha preparato per loro».
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Gay: i credenti sono più avanti dell’Istituzione
Il tema delle persone omosessuali è stato illustrato da Andrea Rubera, presidente di Nuova proposta
(gruppo romano di cristiani omosessuali), sposato all’estero con Dario De Gregorio (il loro matrimonio è stato uno di quelli trascritti nei registri comunali dal sindaco di Roma Ignazio Marino
e poi cancellato dal prefetto, v. Adista Notizie n. 38/14) e padre di tre figli.
Rubera è contento per la «rivoluzione semantica» di papa Francesco («per la prima volta un pontefice ha pronunciato pubblicamente la parola “gay”, nominare le cose significa ammettere che esistono»), ma ritiene che non sia «ancora sufficiente per infondere nelle persone omosessuali e transessuali quella gioia e speranza che sono il motore della vita che nel Vangelo ci è stata promessa “in abbondanza”, e consentire loro di emanciparsi da quella condizione, a volte catacombale, di “attesa”, di promuovere la propria esistenza come contributo alla crescita dell’intera comunità dei fedeli».
I problemi esplodono soprattutto quando due persone gay sentono di amarsi e costituiscono una
coppia, ha spiegato Rubera. «Nei contesti comunitari cattolici si fa finta che non esista la coppia
omosessuale. Anche perché sulla base del Catechismo della Chiesa cattolica, una persona
omosessuale può sentirsi parte integrante della comunità solo se accetta di vivere una vita senza affettività, negando a se stessa quell’anelito all’espressione del proprio amore che è talmente innato e spontaneo da non poter essere negletto o ignorato, a pena di pesanti conseguenze sulla propria serenità». Tanto più se ci sono dei bambini: «La genitorialità delle persone omosessuali viene trattata come una sciagura imminente che va evitata assolutamente.
E in questa lotta ideologica, in cui nessun colpo viene risparmiato, ci sono i bambini di queste famiglie, che esistono oggi, ora, e non sono su un’astronave a cui va impedito l’atterraggio sul nostro pianeta. Bambini che sono nati per un progetto di amore di due persone e che, senza questo progetto d’amore, non sarebbero qui tra noi. Bambini che dovrebbero trovare nelle comunità di fede un territorio dove sentirsi accolti, amati, come ogni altro bambino, dove trovare linfa di sostentamento, conferma delle loro certezze, a cominciare dall’amore di Dio e della loro famiglia».
Che fare allora? «Come riattivare la speranza?», chiede Rubera. Nuova proposta ha formulato le
proprie speranze e le ha trasmesse alla Segreteria generale del Sinodo dei vescovi: «Speriamo in
una comunità ecclesiale che sappia integralmente accogliere ed amare le persone omosessuali», si
legge nel documento del gruppo.
«Speriamo in un profondo rinnovamento degli orientamenti pastorali nei confronti degli affetti delle persone omosessuali affinché si comprenda quanto di buono essi esprimano e quanto il loro amore possa essere esempio di solidità e generosità per tutti. Speriamo in una comunità ecclesiale che sappia prendersi cura delle persone omosessuali che sentono ardere dentro di sé il desiderio di una vita affettiva di coppia e che sappia includere le coppie omosessuali, abbracciarle e guidarle, affrancandosi dalle battaglie ideologiche, forte della consapevolezza che l’Amore di Cristo è per tutti e per tutti è fonte di vita in abbondanza.
Speriamo in una comunità ecclesiale che sappia riconoscere le drammatiche storie di omofobia quotidiana e che prenda una netta posizione per proteggere le vittime e per creare nelle diocesi e nelle parrocchie un ambiente rispettoso e inclusivo, in modo che progressivamente l’omofobia sia finalmente sconfitta». Cosa succederà al Sinodo? Rubera è ottimista: «Sono fiducioso perché sono convinto che la base del popolo di Dio in cammino è molto più pronta dell’Istituzione all’accoglienza».