“Sogno una vita normale”. In fuga dalla Cecenia perché gay
Articolo di Clement Cucuru pubblicato sul sito ladepeche (Francia) il 2 giugno 2017, libera traduzione di Marco Galvagno
“Mi sono sempre chiesto cosa volesse dire essere felice”. Ho vissuto anni interi nella paura e questi ultimi mesi non sono stati altro che terrore. Azmad, nome fittizio, è il primo gay ceceno ad essere accolto sul suolo francese. Dopo tutte le persecuzioni e gli stermini subiti nel proprio paese aspira alla fine a cominciare una vita normale. Una vita normale che, secondo la sua testimonianza toccante non è niente altro che vivere come tutti gli altri. “Da me non sapevo cosa fossero calma e tranquillità”.
Il giovane di ventisei anni con lo sguardo nascosto dagli occhiali da sole narra in un’intervista esclusiva a France presse la sua via crucis. In Cecenia l’omosessualità è completamente tabù, il coming out è inconcepibile, si è costretti a dissimulare, è una questione di sopravvivenza. Se si viene a sapere che sei gay non sei solo tu ad essere in pericolo, ma anche la tua famiglia, ammazzano la gente semplicemente sulla base del sentito dire.
A Grozny la comunità gay vive in una sottocultura chiusa, ai limiti della paranoia. Ogni nuovo incontro deve essere garantito da amici comuni. Ma sono molto pochi quelli che corrono il rischio d’incontrarsi. La vita quotidiana dei gay si è trasformata, però in un vero e proprio inferno l’inverno scorso.
Il corpo di uno di loro è stato trovato legato e nudo. L’uomo è stato trovato violentato e ammazzato, ricorda che era uno studente che lavorava nella borsa nera. “L’epoca delle persecuzioni era iniziata. A poco, a poco i gay hanno cominciato a sparire”, afferma. Era una cosa sistematica. La polizia cecena servendosi della foto trovate nel telefonino di uno o sul computer d’un altro, ha trovato facilmente i membri della minuscola comunità GLBT locale in cui tutti si conoscevano.
Meglio jadista piuttosto che omosessuale
Azmad, era molto discreto e non usciva mai con i ceceni per motivi di prudenza, ma una sua foto è stata trovata su un telefonino, questo gli è costato un primo interrogatorio breve e non violento. Una fortuna mentre altri gay sono stati seviziati in questi ultimi mesi. Qualche giorno dopo dei poliziotti sono andati a trovarlo nel suo quartiere, si sono impossessati del suo telefonino, in cui c’era tutta la sua vita e lo hanno obbligato a dargli il suo pin. Azmad è riuscito a scappare. “Sono fuggito, perché sapevo che cosa sarebbe saltato fuori, allora sarebbe emerso tutto, chi sono davvero.”
Si è rifugiato da un vecchio amico al quale ha detto di essere sotto inchiesta per dei video islamisti estremisti. Era sempre meglio fingersi jadista che ammettere d’essere gay. Il suo amico lo ha accompagnato nel nord del Caucaso, una provincia vicina da dove ha preso un autobus per Mosca dove è rimasto nascosto per mesi. E’ scappato con i soli vestiti che aveva addosso. Non si è mai voltato indietro. Gli è stato concesso un visto umanitario d’urgenza, la settimana scorsa, secondo Joel Dumier, il presidente dell’associazione Sos Homophobie, che tiene i collegamenti tra le associazioni GLBT russe e francesi.
Altri dossier d’omosessuali ceceni sono in corso d’esame. Aznad è arrivato lunedì in Francia e vuole richiedere asilo politico. “Cercherò di dimenticare” dice, “voglio diventare un uomo normale, cioè cominciare a vivere una vita come tutti”. Quando si è fatto intervistare dall’agenzia France Presse in una camera d’hotel anonima, non ha voluto essere ripreso in volto per paura che la diaspora cecena in Francia lo vedesse, perciò si è fatto riprendere solo di spalle.
Testo originale: Le rêve d’une “vie normale” du premier gay tchétchène accueilli en France