Sono cristiana, ecco perchè sono andata al pride
Articolo di Kathy Vestal tratto dal sito redletterchristians (USA), 6 luglio 2012, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Ok, sono attratta da ciò che è contraddittorio. Voglio essere lì, per osservare io stessa e trarre le mie conclusioni. Se c’è qualcosa che divide due gruppi di persone, voglio conoscere entrambe le prospettive dalle loro parole. Quando viene presentata una nuova moda nell’insegnamento, la soppeso cautamente grazie alla mia venticinquennale esperienza e scelgo cosa preparerà meglio i miei studenti alla vita fuori dalla scuola.
Quando mi confronto con gli argomenti biblici, non sono soddisfatta mi che me ne ripetano il significato.
Leggo tutto attentamente, dall’inizio alla fine, prendendo molti appunti e facendomi parecchie domande; ho frequentato persino un corso di teologia. Quando studio le altre religioni, non sono soddisfatta di conoscerle attraverso la prospettiva di parte della mia stessa religione, ma voglio sentire ciò che ha da dire un mormone, un musulmano, un testimone di Geova e, se possibile, visitare i loro luoghi di culto.
Mi domando se sono la sola battista ad avere passato un pomeriggio intero al centro di formazione dei testimoni di Geova di Salisbury.
Tuttavia, dal momento che sono piuttosto riservata e mi sento a disagio nell’andare sola in un posto nuovo, non sarei probabilmente andata al Pride (o a qualche altro evento collettivo) senza avere del “lavoro” da fare in quel contesto. Tendo a tirarmi indietro all’ultimo minuto altrimenti.
Mi sono offerta volontaria per lavorare al tavolo della PFLAG (ndr L’equivalente americano dell’italiana AGEDO) per un paio d’ore. Per inciso, se avete letto i miei scritti, sapete che sono giunta alla conclusione che gli insegnamenti della Chiesa riguardo l’omosessualità siano errati, sebbene abbia vissuto quarantanove anni da battista impegnata, ho studiato, pregato e ho ascoltato di prima mano centinaia di storie per arrivare dove sono.
Ora, non avendo mai partecipato a alcun evento simile in nessun’ altra città, non sono un’esperta di Pride, e offro queste osservazioni proprio come sono: osservazioni, appunto. Impressioni della mia esperienza personale, filtrate dalle lenti colorate dei miei occhiali (tutti noi osserviamo il mondo attraverso la nostra esperienza, gli insegnamenti ricevuti, i nostri pregiudizi e tutti noi cresciamo quando togliamo questi occhiali e guardiamo direttamente).
Prima di tutto, ecco quello che non ho visto. Non ho visto nulla che alludesse al sesso, tranne per la maglietta di un ragazzo. Non ho visto comportamenti lascivi. Non ho visto corpi nudi, in realtà neanche un po’ più nudi, nonostante la temperatura infernale, di quelli che vedo nelle mie classi.
Non ho visto magliette che non avrei potuto vedere in una chiesa battista, e c’era una ragazza che indossava un abito nero, vistoso ma assolutamente coprente, come sarebbe stato quello di un motociclista. E mentre passeggiava mano nella mano con il suo ragazzo, credo che si domandasse se fosse appropriato.
Cosa ho visto:
1) Ho visto visi dipinti, sculture di palloncini, mostre d’arte, un gruppo di pattinatori venditori di cibi/bevande/gelati, stand d’informazioni e/gadget offerti dai negozi di una catena alimentare, di un fornitore medico locale, di un partito politico della zona, di due chiese, di un rifugio per animali (con dei cuccioli da adottare) e anche di un negozio di cibo per cani. Ho visto un palcoscenico dal quale parlavano i rappresentanti dell’Equality NC (un ente del North Carolina per l’uguaglianza di gay e lesbiche), PFLAG (Associazione di genirotie e amici di persone lgbt), ecc., ballerini, musicisti e drag queen che intrattenevano la folla. Se siete di quella zona, e non avete mai sentito la Ashley Jo Farmer Band, non mancate!
2) Ho visto delle famiglie. Adolescenti gay che passeggiavano con i loro genitori. Coppie etero con bambini nei passeggini. Un paio di persone che passeggiavano un po’ discosti con i loro cani. Adulti gay che erano lì con un genitore o un fratello. Coppie gay. Coppie etero. Amici. Ho visto un sacco di risate, saluti gioiosi e abbracci. Era una atmosfera gioiosa e famigliare, e molto di quel che ho visto poteva accadere ad una fiera o in qualsiasi altra occasione di intrattenimento pubblico.
Ho notato, comunque, tre cose che hanno fatto di questo evento un gay Pride:
3) C’erano un sacco di vestiti con i colori rainbow – camicie, gioielli, cappelli, ho visto anche due persone che indossavano collant arcobaleno…
4) Ho visto una o due drag queen che facevano parte dello spettacolo, una come presentatrice. Ammetto che non mi piacciono molto le drag queen, ma sono una parte radicata della cultura gay, comunque una forma d’arte, e dobbiamo ammettere che, una volta o l’altra, ci siamo divertiti grazie a loro. Basti pensare al successo di Mrs. Doubtfire.
5) si capiva, però, che questo non era un evento come gli altri, non per qualcosa, per così dire di interno, ma per i manifestanti religiosi oltre i cancelli. Solo una manciata di loro, e per di più ignorati, brandivano le loro Bibbie, protestando e gridando avvertimenti e anatemi a quelli che erano lì. Sarebbe stato facile camminare loro accanto senza degnarli di uno sguardo, ma non lo feci. Ho tentato di coinvolgere tre di loro in un piccolo dibattito, come se avesse potuto cambiare qualcosa.
Volevo dire loro che non avrebbero avvicinato le persone al vangelo, tutt’altro, dichiarando qualcosa che i gay sanno essere sbagliato. Ma i contestatori non hanno orecchie, hanno solo bocche. Sembrava che fossero contestatori “professionisti”, tutti di fuori, che andavano da un Pride all’altro, ben addestrati nelle loro risposte e che spesso si rifiutavano di nominare espressamente la loro chiesa, di dov’erano, ecc… uno mi disse di essere di Taylorsville, e l’unica donna che vidi, mi disse, da sola a sola, di essere sposata con l’uomo che non aveva voluto parlare con me.
Non appartenevano ad una chiesa precisa, mi disse. Tutti e tre mi dissero che sarei andata all’inferno per aver sostenuto un tale peccaminoso evento. La donna mi disse che gliel’aveva rivelato Dio. Le dissi che si ingannava e che il mio destino non dipendeva da quel che pensava.
Il suo commento mi ha ricordato dei quattro uomini, quando ero in seminario, che mi hanno detto, uno per uno ovviamente, che Dio aveva detto loro che dovevano sposarmi. Dico scherzosamente che in quel momento ho scoperto che Dio era poligamo. Ho detto loro che quando Dio mi avesse detto le stesse cose, ci saremmo sposati. O nel periodo in cui aiutavo a trovare un pastore e uno dei membri del comitato era pronto ad assumerne uno che faceva domanda perché costui gli aveva detto di essere stato chiamato da Dio aveva proprio per quell’incarico. Noi cristiani mettiamo così tante parole in bocca a Dio. È come uno strumento di potere. I ministri lo usano, noi lo usiamo. È un pericoloso disservizio che facciamo a Dio.
La gente di Chiesa sta ascoltando? Non è abbastanza opprimere una persona ogni quindici incontrate, perché i capi della Chiesa dicono che l’omosessualità è un abominio? Hanno anche detto che, secondo la stessa Bibbia, è abominio mangiare gamberetti, e che ci sarebbe stata una ricompensa per aver avvertito tutti quelli nel Blue Bay Seafood (un ristorante dove si consumano crostacei) che Dio ama i peccatori ma odia il peccato e che tutti sarebbero finiti all’inferno? (Sicuramente voi non mangiate in posti del genere!).
Vi hanno anche detto che è un peccato per le donne indossare gioielli e che vi applaudirebbero se protestaste davanti una gioielleria?
Per piacere ascoltatemi, fratelli e sorelle. Dio ci ha creato come esseri pensanti. Non bevetevi tutto quello che vi viene raccontato. Pensate con la vostra testa. Rispondete voi stessi alle domande che vi ponete. Bevetevi un caffè con qualcuno le cui opinioni sono contrarie alle vostre, ascoltate con attenzione la sua storia, abbastanza vicino da sentire anche l’amarezza inespressa.
Andatevene a casa, e pregate da soli, solo voi e Dio, non per una risposta immediata e miracolosa, ma con l’apertura mentale per ascoltare qualunque cosa Dio voglia dirvi nella vita. Le persone oppresse sono ferite. Permettete a Dio di lavorare in voi.
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Testo originale: I Went to Gay Pride