Sono gay, cattolico e sieropositivo. Vorrei vedere che la mia Chiesa ama tutti
Testimonianza Xavier* pubblicata sul sito dell’associazione cattolica Reflexion et Partage (Francia) il 2 novembre 2000, liberamente tradotta da Francesca Macilletti
Cristiano omosessuale e sieropositivo, ho partecipato dal 1994 al 1998 all’avventura di Sida Espérance Lumière, gruppo di preghiera e condivisione spirituale formato da persone di Nantes colpite dal virus dell’AIDS, sia direttamente che non.
I nostri incontri di testimonianza in parrocchia hanno contribuito a cambiare l’opinione dei cristiani su questa malattia e sui modi di vita che, all’epoca, vi erano associati (droga, omosessualità).
La Chiesa di Nantes, nella persona del suo primo responsabile, Padre Marcus, e poi Padre Soubrier, ci ha sostenuti e difesi con, a volte, molto coraggio presiedendo ai nostri incontri, cenando al nostro tavolo e utilizzando le nostre testimonianze come esempio di fede in un Dio di dolcezza e amore.
Il mio impegno in questo gruppo mi ha dato forza e consolazione per affrontare le prove di allora: il decesso del mio compagno, l’angoscia quotidiana a causa della malattia e per la mia morte. Lì, ho vissuto concretamente e fino in fondo le parole di Cristo: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e vi darò ristoro» (Mt 11,28).
Oggi, i nuovi trattamenti allargano i miei orizzonti e allungano la mia aspettativa di vita. Ho fatto parte del gruppo di Nantes «Davide e Gionata», che propone un’accoglienza cristiana ai gay e lesbiche; al suo interno vi trovo la stessa possibilità di scambio e libera condivisione ma, più di tutto, la benevolenza nei confronti di Sida Espérance Lumière manifestata dalla Chiesa cattolica emi chiedo, ansiosamente, se essa non preferisca vedere gli omosessuali malati o morenti piuttosto che in salute e vivi, onesti con loro stessi senza cercare di travestirsi in ciò che non sono.
Il peccato più grande contro lo Spirito è quello di detestarsi, di non avere stima di sé stessi. Come è possibile essere cristiani senza stimarsi? Come è possibile amare il prossimo come sé stessi? Ci stimiamo abbastanza da essere capaci di diventare portatori di pace e fuoco attorno a noi?
Oggi la fede non si trasmette più attraverso l’adesione a un insieme di dottrine ma, piuttosto, abbracciandole. Mi piacerebbe personalmente far parte di quei cristiani irragionevoli e ardenti che la nostra epoca attende ed è per questo che ho molto sofferto del discorso di condanna ed esclusione che è stato tenuto diverse volte dai vescovi di Francia in occasione dei dibattiti sui PACS (per non parlare delle proposte apertamente astiose di certi cristiani «benpensanti»).
Non vi ci trovo, in nessuna maniera, lo sguardo di Cristo che ho sentito posarsi sulla mia vita e sul mio percorso personale. Questo mi ha molto influenzato, mi ha fatto dubitare del mio ruolo nella Chiesa e portato a sospendere le attività alle quali avevo preso parte (la Catechesi, la Cresima dei giovani, l’animazione liturgica…)
Il mio augurio per quest’anno di Giubileo in cui si rimettono i debiti, si perdonano le offese e si rompono i legami di schiavitù, è quello di vedere la mia Chiesa avanzare verso la sua missione essenziale che non è quella di dettare dei regolamenti, né di lanciare degli anatemi, ma di far conoscere al mondo il viso di luce di Cristo per il quale ognuno è prezioso ed è amato così com’è.
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* Testimonianza scritta in occasione del Giubileo del 2000
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Testo originale originale: Chrétien homosexuel et séropositif