“Sono forse io il custode di mio fratello?” (Gn 4,10). E tu cosa risponderesti?
Riflessioni tratte dal sito del gruppo Kairos, cristiani LGBT+ di Firenze
“Sono forse io il custode di mio fratello?” (Genesi 4,10). Quando Caino risponde a Dio con questa domanda, non sta davvero cercando una risposta. Sta fuggendo, sta cercando di scrollarsi di dosso ogni responsabilità.
Non vuole ammettere il proprio fallimento, non vuole riconoscere la sua colpa. Ma Dio non accetta la sua indifferenza: “La voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra!” (Genesi 4,10).
E il sangue di Abele continua a gridare anche oggi. Grida nelle vite spezzate, nelle persone che vengono schiacciate dal disprezzo, nel dolore di chi viene messo ai margini.
Oggi quel grido è il grido delle persone transgender che vengono vilipese, di chi viene cancellato con l’indifferenza, di chi si vede negare dignità e diritti come se fossero un favore da concedere. È il grido di chi viene bullizzato nelle scuole, nelle famiglie, persino nelle chiese. E troppo spesso quel grido incontra il silenzio.
Noi cristiani LGBT+ conosciamo il margine. Lo abbiamo abitato, ci siamo sentiti esclusi, giudicati, spinti ai confini della società e della stessa fede. Sappiamo cosa significhi vivere con la paura di non essere accettati, di non essere visti per ciò che siamo.
E proprio per questo, la nostra risposta a quella domanda di Caino non può essere l’indifferenza. Sì, siamo custodi dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Perché sappiamo cosa vuol dire essere lasciati soli. E perché il Vangelo ci chiede di non voltare lo sguardo.
Fare rete non è un’opzione, è una necessità. Vuol dire creare spazi sicuri, tendere la mano a chi si sente solo, dare voce a chi viene ridotto al silenzio. Significa dire, con forza, che la vita delle persone LGBT+, la vita delle persone transgender, è sacra e inviolabile.
Significa rifiutare con decisione l’idea che i diritti siano una concessione, perché “Dio non fa preferenze di persone” (Atti 10,34) e la dignità umana non è negoziabile.
Non possiamo permettere che la violenza e l’odio diventino la norma. Non possiamo tacere di fronte all’ingiustizia. Non possiamo far finta di non vedere.
Cristo ci ha mostrato la strada: stare dalla parte degli ultimi, abbracciare chi è rifiutato, spezzare il pane con chi il mondo esclude. E noi? Siamo disposti a farlo? Siamo disposti a essere testimoni di un amore che non esclude nessuno?
Questa è la scelta che ci viene posta davanti. Non possiamo più nasconderci dietro a scuse, non possiamo più limitarci a sperare in un cambiamento che viene dall’alto. Il tempo per agire è adesso.
E tu cosa che scelta farai? Tocca a te decidere.