Sono gay, posso essere un capo scout nell’AGeSCI?
Email inviataci da Peppe, risponde Giorgio del Progetto Rùah, gruppo di cristiani omosessuali di Trieste
Sono gay, sono cristiano, ho un compagno con il quale condivido un bellissimo rapporto, e… sono stato per ben 11 anni scout. Da qualche mese mi frulla per la mente di voler ritornare negli scout; ho vissuto l’intero cammino educativo da educando (senza però che nessuno sapesse della mia omosessualità). Oggi potrei essere un capo scout, un educatore, uno come tanti che può nel suo piccolo testimoniare certi valori, certe esperienze di vita, umana e cristiana.
Ci penso e ci ripenso, ma questo ripensarci nasce dal fatto che la comunità capi attuale o per meglio dire, alcuni dei membri, sono a conoscenza della mia omosessualità; per via diretta o per via indiretta si è saputo, perché nel tempo, ho deciso di non nascondermi più e di non soffrire più.
Diversi anni fa, dopo aver svolto il mio primo anno di comunità capi, per varie esigenze personali, l’università, ecc… mi sono allontanato dal gruppo, uscendone totalmente.
Ma in fondo al mio cuore, nel contempo maturasse il mio orientamento, era oltremodo ben chiara anche l’amarezza che provavo per aver abbandonato l’associazione, il gruppo presso cui sono cresciuto e ho vissuto praticamente una vita intera!
Vengo quindi al dunque: oggi, ne 2013, mi chiedo e quindi vi chiedo: come sarebbe vista la presenza di un capo omosessuale all’interno dell’AGeSCI? Siamo ancora nell’era della “caccia alle streghe” o pensate che ci sia un’apertura che possa permettere a me, ma anche a chiunque nella mia condizione, di essere scout pur scegliendo di vivere serenamente la propria vita affettiva? Qual è l’attuale (e ufficiale) posizione della Chiesa nei confronti dei capi scout omosessuali? Per quale motivo l’omosessualità di un capo scout debba essere considerata un’ostacolo all’iter formativo/educativo di un ragazzo?
Vi ringrazio per l’attenzione e per la disponibilità. Un caro abbraccio a voi.
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La risposta…
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Ciao Peppe, i dubbi e le domande che poni nella tua mail sono certo condivise da molti omosessuali che, pur crescendo all’interno di realtà educative cristiane dalle quali imparano molto e a cui si sentono legati, ad un certo punto del proprio cammino si allontanano non riuscendo più a tenere insieme il bisogno di vivere ed esprimere la propria realtà affettiva più profonda con la condanna dell’omosessualità più o meno esplicita che permea anche queste realtà. Questo purtroppo accade anche a molti capi scout.
Tu chiedi come sarebbe vista la presenza di un capo scout omosessuale in AGESCI. A dire il vero non c’è nessuna presa di posizione ufficiale dell’associazione sull’argomento e penso che la risposta potrebbe cambiare da gruppo a gruppo.
Sollecitata da una richiesta proveniente dal basso l’associazione ha organizzato, a fine 2011, un seminario di studio dal titolo “OMOSESSUALITÁ: NODI DA SCIOGLIERE NELLE COMUNITÁ CAPI – L’educazione fra orientamento sessuale e identità di genere“. L’incontro è stato caratterizzato da un profilo dei relatori un po’ deludente, con interventi molto attenti a cosa la CEI avrebbe potuto dire, con alcuni passaggi nelle relazioni perlomeno discutibili.
Interessante invece il dibattito tra i capi e ciò che è emerso dai lavori di gruppo, specchio di una realtà associativa, pur nella sua eterogeneità, tutto sommato aperta, che si sta interrogando seriamente e in maniera non pregiudiziale sulla necessità di superare visioni datate della sessualità per permettere una reale crescita dei capi-educatori e per una proposta educativa capace davvero di accompagnare la crescita dei ragazzi in maniera equilibrata e liberante. Il seminario per ora non ha avuto alcun seguito, prevalendo evidentemente una prudenza un poco “da sacrestia”.
Come ti dicevo esistono invece esperienze interessanti in molti gruppi scout che sono stati capaci di affrontare l’argomento senza pregiudizi e dialogando con i diretti interessati.
Anche all’estero la situazione è molto differente da paese a paese. Per restare nel mondo anglosassone, l’associazione Boy Scout of America, che associa i maschi, ha recentemente deciso di abolire il divieto di iscrizione a persone omosessuali ma ha ribadito che un omosessuale non può fare l’educatore. La loro posizione in realtà sembra più motivata dal desiderio di non aprire un conflitto interno su una questione divisiva e dibattuta più che su una convinzione radicata.
Al contrario gli Scout Inglesi prevedono delle linee guida molto attente e inclusive sull’accoglienza di gay e lesbiche. Interessante su questi temi l’incontro organizzato da Nuova Proposta a Roma nell’aprile 2013.
La chiesa non ha una posizione ufficiale, a quanto mi risulta, sui capi scout: l’AGESCI ha una sua autonomia e spesso è stata capace anche di posizioni dialettiche con la CEI. Però è tenuta (e ultimamente molto attenta) a rispettare il magistero della Chiesa che su queste tematiche è espresso in particolare dal catechismo. Qui in sè non si dice mai che un omosessuale non possa fare l’educatore, anche se evidentemente nel definire la condizione omosessuale come “intrinsecamente disordinata” si da di fatto credito a tutti quei pregiudizi, infondati e privi di solide basi scientifiche o teologiche, che spingono molti a pensare che un gay sarebbe comunque un cattivo esempio se non addirittura “a rischio pedofilia”.
Teoricamente però un omosessuale non deve essere discriminato, afferma il catechismo, e se vive nell’astinenza e rinuncia alla propria vita sessuale attiva, può fare anche l’educatore o il catechista. Purtroppo la visione della sessualità, e quindi dell’omosessualità, alla base del catechismo non è molto al passo con i tempi e sembra che l’unica preoccupazione sia affermare con rigidità una visione di “coppia e di famiglia naturale” che di naturale ha ben poco.
Da parte mia non ho nessun dubbio: credo che l’essere gay o lesbica non rappresenti in sè un problema per essere buoni educatori. Quel che conta è essere persone serene, capaci di vivere con consapevolezza la propria realtà qualunque essa sia, trasmettendo una visione positiva della sessualità e testimoniando la bellezza e la possibilità di relazioni umane positive e feconde. Certo per un gay può essere più difficile raggiungere questa serenità ma sappiamo che il problema non è l’omosessualità ma le condizioni sociali di pregiudizio e omofobia che certo possono rendere più difficile il percorso di crescita.
Credo che per un’associazione educativa misurarsi e riflettere sull’accoglienza delle persone omosessuali sia in fin dei conti una bellissima occasione per ripensare cosa vuol dire per tutti costruire la propria identità e imparare a vivere in maniera libera e positiva la propria sessualità. Un’opportunità, insomma, per migliorare la proposta educativa anche per gli eterosessuali.
Per concludere, per rispondere alla tua domanda verrebbe da dirti che la strada migliore, è senz’altro quella di porre la questione direttamente alla comunità capi del tuo gruppo, proponendogli di fare un percorso insieme, per ragionarci, magari prendendo contatto con qualche gruppo che ci ha già lavorato sopra e magari con una realtà LGBT o un gruppo che si occupa di fede e omosessualità a voi vicino. Il risultato non è scontato e potresti essere sorpreso tanto da un’inaspettata apertura che da un freddo rifiuto. Ma certamente vale la pena tentare.
un caro saluto
Giorgio del gruppo Rùah di Trieste