Sono lesbica. Che faccio, lo dico o non lo dico?
Riflessioni di Kali Munro, psicoterapeuta, pubblicato su Siren del 1999, liberamente tradotte da Annibale Cois
Dichiarare apertamente la propria omosessualità è spesso considerato qualcosa che non solo è salutare, ma anche un dovere politico. Ma è realistico affermare che dobbiamo dichiararci sempre e dappertutto?
I diversi fattori coinvolti
La nostra capacità di essere visibili come omosessuali dipende da come ci sentiamo, da come prevediamo saranno gli esiti del nostro coming out, e da quanto importante è questo momento. Voglio dire, per essere chiari, dobbiamo veramente correggere ogni commesso che da per scontato che la nostra fidanzata è nostra sorella, madre, o “solo” un amica? Io non lo so.
Ma è stato importante per me chiedere i benefici matrimoniali per le compagne del mio stesso sesso in ogni posto dove ho lavorato.
Non tutti i posti di lavoro e non tutte le famiglie sono uguali, tuttavia, e alcune situazioni presentano rischi maggiori di altre.
Chiunque affermi che bisogna venire allo scoperto sempre e dappertutto o non capisce i rischi che ciò comporta, oppure non è mai stato molestato, rinnegato, segregato per lungo tempo, non ha mai preso il proprio lavoro, o ha avuto la propria vita in pericolo.
Essere visibili è importante
Dichiaraci apertamente è importante. È vitale per la nostra visibilità nel mondo e per la nostra integrità. Quando non veniamo fuori, ci sentiamo a disagio o proviamo vergogna, come se stessimo nascondendo qualcosa di cattivo, o mentendo rispetto a quello che siamo.
Più manifestiamo apertamente il nostro orientamento sessuale, più resistiamo alle cose che si oppongono, talvolta pesantemente, alla nostra esistenza.
Abbiamo bisogno di una presenza visibile e udibile per rispondere ai contraccolpi omofobici. Ma non penso che questo significhi che dobbiamo sentirci colpevoli se non siamo visibili sempre e comunque.
Ci sono di rischi da metter in conto
Penso sia importante che come lesbiche comprendiamo – e non soltanto intellettualmente – perché alcune lesbiche non fanno mai “coming out”, o lo fanno solo in certe aree della loro vita.
Questa categoria, probabilmente, include tutte noi in alcuni momenti. Ci sono reali minacce fuori da qui, compreso la possibilità di essere licenziate, perdere famiglia o comunità, mettere a rischio la vita di bambini, molestie, violenza, e perdita di supporto economico.
Potrebbe essere la miglior cosa il fare una scelta deliberata di non essere visibili in una certa situazione perché il farlo potrebbe minacciare la nostra sicurezza fisica o emotiva, e questo non solo è corretto, ma è anche consigliabile.
Siamo tutti affetti da Omofobia
Anche se siamo capaci di essere visibili nel nostro ambiente di lavoro, con le nostre famiglie o amici, e in pubblico, siamo ancora affette dalla minaccia dell’omofobia.
Dopo tutto, a meno che riusciamo a comportarci sempre così liberamente come faremmo in un mondo libero dall’omofobia, noi censuriamo noi stesse forse senza neppure accorgercene.
Anche lesbiche che considerano un punto d’onore essere sfacciatamente tali – come talvolta, lo ammetto, faccio io – reagiscono all’omofobia, e non soltanto essendo quelle che sono.
In aggiunta ai rischi esterni che affrontiamo, siamo tutte affette dallo spietato condizionamento omofonico che proviene dalle famiglia, dalla religione, dalla scuola, dalla cultura, dai media, etc. Tutte queste cose hanno un effetto cumulativo su come noi ci sentiamo rispetto a noi stesse.
Per esempio, alcune lesbiche si sentono insicure sulla validità della propria sessualità. Questo ha un grande significato in un contesto in cui ci sono pochi o nessun modello per affermare la nostra sessualità e per dirci che essere lesbiche non è soltanto normale, ma è anche fantastico.
La maggior parte delle lesbiche attraversano alcuni periodi di omofobia interiorizzata. Abbiamo bisogno di trovare strade per parlare di questo, compreso di come questo influisca in ciò che avviene nell’intimità delle nostre camere da letto. Il solo fatto di essere fuori dalla vista degli omofobi non significa che possiamo istantaneamente annullarne gli effetti.
Abbiamo bisogno di scegliere
Non è sempre chiaro cosa fare rispetto al fare “coming out”. Talvolta la nostra paura ci dice che c’è pericolo davanti a noi e che dobbiamo essere attente e protettive.
Questa è una cosa saggia di cui tener conto. Altre volte, è paura che entra nella nostra strada, ma non c’è reale pericolo. In quei momenti abbiamo bisogno di trovare una strada per agire nei confronti delle nostre paure, o per parlarne.
Quando ci dichiariamo apertamente, anche se abbiamo paura, ci sentiamo molto più forti e molto meglio rispetto a noi stesse. Ma quando veniamo fuori nel momento sbagliato, ci sentiamo “costrette” e non soddisfatte. La cosa difficile è capire la differenza.
Invece di considerare che dichiararsi apertamente è sempre la cosa migliore da fare, cerchiamo di aiutarci reciprocamente a capire la differenza che esiste tra i momenti in cui il farlo non ci è d’aiuto, e i momenti in cui è solo la nostra paura che ci sta controllando e imponendo il silenzio.
Testo originale: To Come Out Or Not To Come Out: That Is The Question