Sono lesbica e cristiana e non ho più paura di essere felice
Testimonianza di Francesca letta alla Preghiera davanti al crocifisso per tutte le vittime di ogni discriminazione con l’Arcivescovo Giuseppe Satriano (Cattedrale di Bari, 24 novembre 2023)
Discriminare deriva dal latino discrimire che significa separare, distinguere. È stata proprio questa la sensazione che ho provato quando ho ammesso per la prima volta alla mia famiglia che provavo emozioni per una ragazza, di fronte agli insulti e alle parole sprezzanti che le mie orecchie udivano.
“Infetta, sporca, non sei degna di questa casa, che ci vai a fare in chiesa”. Quanto rumore hanno fatto queste parole. All’epoca ero una ragazzina di 17 anni, frequentavo il gruppo dei giovanissimi, avevo buoni voti, mi impegnavo per essere la versione migliore di me, nella schiavitù inconscia dell’approvazione di tutti, convinta che dovesse essere un premio guadagnarmi la libertà di essere me stessa.
Che nonostante questo “lato oscuro“, da tenere ben chiuso in cassaforte, ero una brava ragazza, e che quel posto a tavola, in parrocchia, tra gli amici, tra i parenti, nel mondo, io lo meritassi. Nel frattempo, continuavo a sgretolarmi, a forzare sorrisi, a non percepirmi come persona, a non sapere chi fossi né cosa volessi davvero.
Quando non avevo risposte, spaesata, distrutta solo dai sensi di colpa e dai giudizi affilati come lame da chi si ergeva quasi fosse un profeta, mi rinchiudevo nella mia solitudine, guardavo il cielo e pensavo ”ma perché mi hai fatta così se così non vado bene, perché mi hai costretta a subire tutto questo” e nel frattempo, continuavo ad innamorarmi, e a sperimentare cosa significasse amare davvero qualcuno, e ho capito che quello per me “era cosa buona e giusta”, perché ero felice.
Non mi sono arresa, e grazie anche agli Angeli che Lui stesso ha posto sul mio cammino, ho capito che stavo ascoltando bocche senza orecchi per ascoltare, che è più facile giudicare ciò che non si conosce, piuttosto che sedersi a tavolino e farsi raccontare una storia; che tante volte, piuttosto che allenare l’empatia, ci ergiamo a giudici senza averne i poteri, e senza averne avuto neanche l’esempio.
Non ha giudicato Lui gli uomini che lo hanno messo in croce, i ladroni accanto a lui, ma noi ci permettiamo di giudicare addirittura l’amore, come spettasse a noi scegliere poi. Ho capito che l’unico errore che avevo compiuto, era stato di non fidarmi di ciò che Lui stesso aveva creato, e che dove io vedevo buio, proprio lì c’era un lumino che voleva solo fare luce, nella mia vita e in quella degli altri.
Perché l’Amore mi rendeva viva, allegra, impegnata, comprensiva anche verso chi mi cacciava fuori a calci, un girasole che guarda verso il sole, non con lo stelo chino verso il basso.
Da quel giorno sono passati circa 10 anni, mi guardo allo specchio ogni mattina e sono grata per sperimentare la gioia immensa di un amore puro che illumina la mia vita tutti i giorni, e che mi da la forza per curare le malattie degli altri.
Sono grata per la consapevolezza che sono imperfetta come tutti gli esseri umani, ma che la mia imperfezione non dipende chi il mio cuore sceglie, anzi. Quello che chiudevo in cassaforte è il diamante che porto negli occhi.
Non ho più paura di essere felice, perché li dove la discriminazione ha separato e distrutto , l’amore ha costruito e unito.