Sono marito, padre, nonno e gay. La cosa più triste è non avere qualcuno con cui parlarne
Email inviataci da Marco, risponde Alessandra Bialetti*, pedagogista sociale e Consulente della coppia e della famiglia di Roma
Sono entrato in questa pagina perche anche io faccio parte di questa “categoria”, noto che le nostre storie si assomigliano molto anche se diverse nei particolari. Ho 59 anni, 4 figli, 6 nipoti, con mia moglie sono stato sincero dall’inizio, e questo mi e’ costato caro, 35 anni di sofferenze, appagato per fortuna dall’amore dei miei figli, adesso la mia vita e` ad una svolta (credo), la cosa piu triste per noi penso sia la solitudine, non aver nessuno con cui aprirsi e anche con cui piangere.
Marco
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La risposta…
Caro Marco, grazie di averci contattato e di aver scelto di condividere la tua difficoltà. Sì, condividere. È questa una parola chiave nel percorso di ognuno, la parola che fa uscire dalla solitudine, dalla sofferenza vissuta in solitaria, dal credere che si è gli unici a vivere situazioni particolarmente delicate. Poter esprimere il proprio vissuto, le proprie difficoltà, dubbi, ma soprattutto giudizi è un passo fondamentale per accogliersi nel profondo e dare inizio a un nuovo cammino.
Parto proprio dai giudizi che, troppo spesso, diventano auto giudizi, barriere e muri che fanno perdere il contatto con se stessi e leggere la propria vita in chiave di fallimento. Tu parli di far parte di una “categoria”. Anche se virgoletti questa parola, arriva molto forte. Non si è categorie, non si hanno etichette addosso, non ci si veste di classificazioni. Tutto questo è frutto della paura sia personale che sociale, di un modo di leggere la vita delle persone distinguendo buoni e cattivi, regolari e irregolari, giusti e sbagliati.
Un modo di cui, purtroppo, abbiamo bisogno per controllare una realtà che spesso ci è scomoda o che non conosciamo. E la non conoscenza genera paura, allontanamento, omologazione al pensiero comune che, per quanto comodo, in realtà porta a discriminare, ghettizzare, emarginare. Non sei “categoria”, Marco. Sei una persona, con la sua vita, con il suo percorso non facile come ognuno di noi, con le sue paure, le sue consapevolezze, le sue fragilità. Non considerare te e la tua vita una cosa da classificare, da giudicare in base a parametri di una presunta giustizia che diventa non accoglienza di sé.
Il primo male nasce proprio quando ci si racconta in termini di appartenenza al gruppo degli sbagliati, dei non conformi, dei non canonici. In base a pregiudizi che erigono muri e generano paura e aggressività. Cerca invece di leggere la tua vita come un percorso per portare luce su te stesso, per far emergere la verità di te e per nascere nuovamente così come sei. Esattamente ciò che ognuno tenta di fare ogni giorno, cercandosi, trovandosi e a volte anche perdendosi ma con la consapevolezza di essere in cammino verso una verità senza maschere.
Capisco che sia un percorso difficile e spesso in salita e che costi sofferenza e lacrime non solo ate ma anche a chi ti sta accanto. Parli di una sincerità con tua moglie fin dall’inizio e anche di quanto tutto questo sia costato in termine di dolore e fatica nel quotidiano. La sento, mi arriva tutta la tua difficoltà, il tuo bilancio di vita che spesso si vede in perdita. Ma. C’è un ma che tu esprimi forte e chiaro: hai comunque costruito un percorso di vita, sei stato autentico con tua moglie la quale con te ha camminato nella consapevolezza della realtà decidendo di realizzare un progetto comune, avete generato vita e, a loro volta, i vostri figli hanno scommesso sulla vita.
Sicuramente la tua e vostra scelta non incontrerà il “giudizio” positivo di tutti. Vi potrebbero tacciare di assurdità, di non coerenza, di confusione. Ma è il vostro percorso, quel cammino che vi è servito per arrivare oggi qui, per fare un bilancio e giungere a quella svolta di cui parli e che percepisco forse liberatoria. Nessuno ha il potere di far sentire sbagliato l’altro solo perché ha un’esperienza diversa dalla propria e ha fatto scelte differenti. Scuramente quando vi siete messi in cammino era la strada che ritenevate più giusta da percorrere e che vi ha visto insieme per tanti anni.
Avete attraversato tante esperienze e ora siete giunti e sei giunto a questo punto. L’amore dei tuoi figli ti conforta, ti sostiene, ti fa percepire quanto il tuo essere padre li ha fatti crescere forti e sereni pronti a costruire un loro progetto di vita. Sicuramente 35 anni di sofferenza, come tu li definisci, sono stati pesanti ma hanno generato, sono stati fertili, hanno germinato del bene. Tutto ciò che ora fa parte del tuo bagaglio per continuare il cammino. È la tua ricchezza, il tuo zaino in cui conservare il bene e a cui attingere in periodi di carestia.
La solitudine è sicuramente pesante e rende il passo più instabile e insicuro. Ma già poter parlare di sé aiuta a uscire dal tunnel, dal vivere in solitaria le proprie emozioni, pensieri, paure. Avere compagni di cammino con cui aprirsi e poter anche piangere, ma anche sorridere e sentirsi accolto, è il passo che ora puoi regalare alla tua vita. A tal proposito ti invito a contattare Rete Genitori Rainbow, associazione che riunisce genitori lgbt con figli da precedenti relazioni eterosessuali.
Tutte persone, che come te, avevano costruito un progetto di vita poi ridefinito al momento della consapevolezza del proprio orientamento. Condividere vissuti, esperienze, lacrime ma anche gioia potrebbe essere un primo passo per abbandonare l’angolo di solitudine in cu spesso ci si rifugia pensando di essere gli unici a vivere un’esperienza simile. Camminare in cordata, dividere lo stesso percorso, sostenere e lasciarsi sostenere è rinascere e darsi una nuova possibilità.
Tu hai già fatto un passo grande aprendo a noi il tuo cuore e dando voce a ciò che senti e vivi.
Ti auguro un buon viaggio, finalmente privo di giudizi e ricco di accoglienza. Fuori da quella “categoria” e abitando una terra, che se non sempre ospitale, è sicuramente anche luogo di incontro, forse anche dove nemmeno te lo aspetti. Il cammino si apre facendolo. Con fiducia. In verità. Forza Marco!
Alessandra
* Alessandra Bialetti, vive e opera a Roma come Pedagogista Sociale e Consulente della coppia e della famiglia in vari progetti di diverse associazioni e realtà laiche e cattoliche. Ha discusso la sua tesi Baccalaureato alla Pontificia Università Salesiana, Facoltà Scienze dell’educazione e della formazione salesiana sul tema “Genitori sempre. Omosessualità e genitorialità”. Il suo sito web è alessandrabialetti.wordpress.com