Sono omosessuale! Amo il mio paese, ma il mio paese non ama me
In Algeria rischiano due anni di prigione. In Irak dei capi religiosi hanno inviato squadre della morte per ucciderli a decine. Alle Maldive e in Malaysia la loro prigionia può essere accompagnata da frustate. In Giamaica vanno incontro a dieci anni di lavori forzati e in Yemen alla pena di morte per lapidazione…
Se si trattasse di una minoranza religiosa o etnica, la loro sorte senza dubbio provocherebbe maggior mobilitazione.
In un appassionante libro che è appena stato pubblicato, Philippe Castetbon (Les condamnés – Dans mon pays, ma sexualité est un crime, Ed. H&O, 2010) affronta in modo diretto l’argomento.
Giornalista e fotografo, ha contattato degli omosessuali in tutti i continenti, nei circa 80 stati in cui le relazioni tra donne o tra uomini vengono condannate dalla legge. Ad una cinquantina di loro – uno per paese – ha chiesto una foto del loro viso offuscato, ed anche un racconto personale.
Omosessualità: “Io amo il mio paese, ma il mio paese non ama me”
Tutti sono stati avvicinati attraverso un sito Internet di incontri. In Rete, giustamente, ognuno cerca di presentarsi sotto la luce migliore, nella speranza di un incontro.
Ma tutti stanno attenti a non far vedere il loro viso, per timore di essere riconosciuti. L’intelligenza del progetto è di partire da questa tensione inconciliabile tra il desiderio individuale e il divieto collettivo, per tirare una specie di “filo rosso”.
Perchè l’omofobia è un fenomeno molto particolare. Essa prende di mira un gruppo definito, certamente, ma anche e soprattutto degli esseri umani in quello che essi hanno di più intimo – il loro orientamento sessuale.
Nessuno “sceglie” di essere omosessuale, così come non “sceglie” di essere nato a Kaboul, a Karachi o a Kingston.
E’ una realtà con la quale si deve convivere, nel meglio e nel peggio, anche quando la legge o i guardiani della fede vi condannano alla paura, alla menzogna, all’esclusione o alla morte.
Dando la parola ad una serie di persone e mettendo se stesso in secondo piano, Castetbon va oltre il discorso utile ma generalista delle associazioni. E ne riesce un piccolo capolavoro.
Il suo libro è eminentemente politico e sovversivo, nel senso più positivo del termine. E’ anche molto commovente.
Alcuni estratti…
Emirati Arabi Uniti. S., 27 anni. “(…) Un piccolo incidente che può spiegare come la società si rivolti contro di voi se siete omosessuali, anche quando voi cercate di chiedere aiuto a questa persona: una volta sono andato dall’imam (lo Sceicco che guida la preghiera alla moschea) per parlargli della mia sessualità in un periodo in cui, ancora adolescente, io la odiavo e volevo cambiare.
L’ho sollecitato chiedendogli di concedermi una conversazione privata. Una volta soli e messici a sedere, gli ho detto che sarei stato molto diretto: gli ho comunicato di essere omosessuale e che desideravo cambiare, da un punto di vista religioso.
E qual’è stata la sua risposta? “Sei omosessuale? Andrai all’inferno, brucerai all’inferno per sempre” e così via… A questo punto, me lo ricordo molto bene, mi sono alzato e gli ho detto: “Se io dovrò bruciare all’inferno, allora ci ritroveremo laggiù”.
Gaza N., 20 anni. “Sin da quando ho capito di desiderare gli uomini, i problemi esistono. Mi sono rinchiuso in una campana di vetro e mi sono isolato dalla mia famiglia, dai miei compagni all’università e anche dai miei amici più stretti.
Non posso immaginare se essi conoscessero la verità. Non voglio rischiare dicendogliela. Qualche volta ho cercato di parlarne a qualche intimo amico, ma non ho fatto altro che raccogliere dolore e osservazioni che feriscono (…).
Giamaica A., 30 anni. “Nel mio paese potete essere arrestati e messi in carcere se avete rapporti sessuali con un altro uomo. Anche se questo avviene nell’intimità della propria casa tra adulti consenzienti (…).
La maggior parte degli omosessuali si sposano per evitare i problemi (…). Improvvisamente i celibi come me, a partire da una certa età, provocano il sorgere di molte domande.”
Liberia O., 30 anni. “Siete stati trascurati e respinti? A causa di una sessualità che voi non avete mai scelto? (…) Vi siete svegliati una mattina senza sapere che siete? (…) Ho subito forse dei danni, ma sono ancora in piedi.”
Mozambico K., 18 anni. “Sono un ragazzo del tutto comune, educato in un liceo classico, con amici senza pretese e conduco una vita semplice. Salvo che sono omosessuale e di questo pochissime persone sono a conoscenza.
(…) Mantenere il segreto per tutta la vita, avere continuamente una grande paura, usare il matrimonio per fingersi eterosessuale pur avendo molte avventure senza futuro con uomini è il modo più frequente di vivere qui per un gay.”
Siria S., 27 anni. “Io amo il mio paese, ma il mio paese non ama me. Io morirei per difendere la libertà del mio paese, ma il mio paese non farebbe la stessa cosa per me.
E’ una menzogna, la mia vita è una grossa menzogna in un paese che in ogni istante mi fa sentire che dovrei vergognarmi perchè sono un uomo e provo dei sentimenti per gli altri uomini ma non per le donne…
Questo è il mio crimine… Detesto mentire e sono un grande mentitore, ma che fare? (…) Per dimenticare bevo, tutto solo sdraiato sul mio letto, poi mi addormento prima di iniziare una nuova giornata fatta di menzogne.”
Testo originale: Homosexualité: “J’aime mon pays, mais mon pays ne m’aime pas”