Sono sieropositivo. Testimoniarlo mi ha aiutato a sentirmi utile
Testimonianza di Joël raccolta da Luc Biecq pubblicata su TÊTU+ Le guide gratuit d’information sur Le ViH. 2010-2011 (Francia), Dicembre 2010, p.8, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
È un uomo che conosce la forza dell’esempio. Joël non esita mai a prendere la parola, sul piccolo schermo, alla radio o davanti a degli studenti, e questo fin dal 2000. Ci tiene, ama lo scambio e lo vive senza timore.
La violenza che ha subito, in particolare nel mondo del lavoro, avrebbe potuto renderlo vendicativo, autocommiserante o nichilista. Tutto il contrario. “Testimoniare mi ha permesso di uscire dalla spirale dell’invalidità, di mettermi in una posizione di condivisione, di sentirmi utile e di esserlo.”
L’ha fatto nel momento in cui si è sentito pronto, dopo una psicoterapia verbale durata una decina d’anni, il tempo necessario per non essere più “solamente” un omosessuale sieropositivo contaminato alla fine degli anni ’80: “Mi sono preso il tempo di scoprire di avere un’identità multipla e ricca, ho imparato a non limitarmi.”
È in quest’epoca, dopo qualche schiaffo sentimentale, che incontra Cédric, il suo attuale compagno, sieronegativo. Tutto è cominciato con un semplice commento su una pagina Facebook, seguito dalla classica “richiesta di amicizia” della rete sociale, poi il primo incontro.
Con onestà, parla della sierofobia di numerosi gay, a volte tremendamente violenti e in certi casi totalmente ignoranti delle reali modalità di contaminazione dell’HIV. “Ma, a qualcuno che viene rifiutato, direi ugualmente di cercare di analizzare le paure dell’altro, bisogna parlarne per meglio liberarsene.” Questa saggezza magnanima gli permette anche di parlare senza rancore di individui colpevoli di fatti gravi.
Nel 1998 Joël lavora da dieci anni come consigliere commerciale in una filiale bancaria. Tutto fila liscio fino al suo ricovero per una pneumocistosi che lo porta a un coma lungo quarantacinque giorni. Ne esce, ritorna al lavoro, e da allora le umiliazioni e i declassamenti si moltiplicano, fino al giorno in cui non gli nascondono più che vogliono le sue dimissioni.
Il suo ex capo di servizio si era recata all’ospedale dove Joël stava tra la vita e la morte. Facendosi passare per sua sorella, aveva interrogato un membro del personale sulla patologia che lo affliggeva, per far circolare la notizia. Joël viene licenziato.
Dopo sette anni di lotta presso il collegio dei probiviri, l’errore della banca è stato riconosciuto, ma Joël, la vittima, non è diventato milionario. Oltre ai cattivi ricordi, conserva dei postumi neurologici del suo coma, “come delle scariche elettriche o la sensazione di camminare su una tavola chiodata”, alleviati dopo la sua visita ad un centro di terapia antalgica [che cura il dolore n.d.t.].
A 46 anni si presenta in forma, e brulica di idee. Il riconoscimento dello stato di lavoratore disabile non gli impedisce di essere un militante impegnato in diverse associazioni. Riflette su progetti in cui il dialogo e la condivisione di esperienze avranno un grosso spazio. “Nei quartieri difficili, da gay sieropositivo sono stato rispettato e compreso, molto di più che nei licei dei figli di papà nei quartieri chic.”
Vedere al di là dei cliché, ecco un talento di cui la nostra epoca ha grande bisogno.
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Testo originale: «Témoigner m’a permis de me sentir utile» » tratto da TÊTU+ Le guide gratuit d’information sur Le ViH. Edition 2010-2011 (file pdf)