Sono un cristiano queer in cammino nella chiesa
Riflessioni di Ron Chaplin pubblicate sul Magazine Whosoever per cristiani Lgbt, Novembre/Dicembre 1997, libera traduzione di Silvia Lanzi
Sono un cristiano queer. Lo dico con orgoglio. È un’espressione che amo usare e che sgomenta allo stesso modo le persone sia etero che gay, credenti e non credenti, perché li sfida. Per molti è un ossimoro. Mi chiedono: “Come posso considerarmi cristiano e continuare a ‘praticare l’omosessualità’? L’omosessualità non è totalmente estranea ai principi basilari della fede cristiana?“.
Per molti, nella comunità gay e lesbica, quest’affermazione suona come un tradimento. Come gay orgogliosamente dichiarato, come posso essere in sintonia con un’ististuzione, la Chiesa cristiana, che tanto ha abusato di noi, che ha detto malignità, e continua ad opporsi e a lottare contro i nostri diritti nella società?
Inizierò riconoscendo i grandi e orrendi danni che la Chiesa cristiana ha inflitto a molti di noi. Per anni ed anni sono rimasto sconvolto dagli ‘abusi spirituali’ che la Chiesa ha inflitto a così tanti dei miei fratelli omosessuali.
Ne ho fatto personalmente esperienza. Per anni sono stato sfidato, evitato ed accusato di compiere bestialità da molti dei cosiddetti ‘cristiani’. Ma sono rimasto nella Chiesa e ho continuato a raccontare la mia storia, spesso a persone che avrebbero preferirito non sentirla.
Perché? Perché la fede cristiana arricchisce la mia vita, mi sostiene, e mi da la forza di fare cose che non avrei mai potuto immaginare di poter fare.
Ho fatto coming-out nel 1974 a ventidue anni. Senza dubbio è stata l’esperienza più penosa della mia vita. Il mio background religioso ha solamente aggravato la mia pena. Mi era stato detto che l’omosessualità era un peccato. Pensavo di essere in procinto di diventare un mostro orribile, incapace di amare o di essere amato.
Il cominig-out è stato anche una delle esperienze spirituali più intense della mia vita. Chi sono? Cosa sono? Qual è il mio scopo nella vita? Queste erano le domande che mi facevo. Non trovando le risposte, sprofondai sempre più nella depressione.
Quando ho toccato il fondo, e sul comodino avevo l’acqua e la confezione di pillore che mi aspettavano, vidi per la prima volta in assoluto nella mia vita il volto di Dio. Be’, veramente non vidi proprio un viso, né sentii qualcosa, ma se potessi esprimere a parole quello che ho provato in quel momento, suonerebbe così: “Sii risoluto, figlio mio. Vivi e ama come io ti ho creato. Sarò sempre con te”.
E così ho fatto, ed è stata un’odissea spirituale incredibile.
Dopo il coming-out per molti anni ho abbandonato la Chiesa. Dopo cinque o sei anni ho cercato, pian piano e per tentativi una chiesa domestica.
Nel 1979 mi sono unito alla Bloor Street United Church di Toronto. Una sera, proprio all’inizio della mia partecipazione ho fatto coming-out con il mio gruppo di studi biblici. Il giorno dopo il pastore mi ha chiesto di andare da lui. Dopo avermi chiesto cosa mi aveva riportato alla Chiesa, suggerì di collaborare insieme per approfondire il ministero dell’accoglienza di gay e lesbiche nella United Church.
In quell’istante seppi che le mie preghiere erano state esaudite!
Adesso sono un attivo parrocchiano alla chiesa anglicana di St. John di Elgin Street qui a Ottawa (Canada). Non posso dire quanto fossi orgoglioso, durante il mio ultimo Pride, di marciare verso la mia chiesa e di vedere la bandiera arcobaleno esposta sulla portale principale della chiesa.
Niente di tutto questo è mai stato semplice. Alla Bloor Street Church ero l’unico membro apertamente gay della congregazione. Alla chiesa di St. John, nonostante il numero relativamente alto di gay e lesbiche, l’argomento omosessualità non era mai stato affrontato apertamente. Ho dovuto combattere ogni volta per spiegare ciò che sentivo, per giustificare quello in cui credevo e le mie relazioni.
In un mondo ideale niente di tutto ciò sarebbe necessario – non dovrebbe essere necessario tra le persone che accettano veramente i principi della fede cristiana. Ma, come si sa fin troppo bene, questo è lungi dall’essere un mondo ideale per le donne e gli uomini omosessuali.
Quando sono arrivato per la prima volta alla chiesa anglicana di St. John, sono stato accolto con parecchio sospetto. Le persone credevano che avessi un’agenda politica. Ed era vero. Le mie attività all’interno della Chiesa cristiana non sono meno politiche del mio rapporto con il business, con i politici, con EGALE (associazione canadese per i diritti LGBT); e con il movimento contro l’AIDS. Ma la motivazione non è primariamente politica, ma spirituale.
Così, ignorando chi mi evitava e chi mi denigrava, ho continuato il lavoro con le mie sole forze. Pian piano, condivdendo con me i momenti di lode, il dolore per gli amici morti di AIDS, la riflessione biblica e la preghiera gli altri parrocchiani hanno finito con l’accettarmi. Hanno capito le sfide che ho sopportato – le sfide che ho sopportato con l’aiuto di Dio.
Ed ora sono tra i miei sostenitori e confidenti più accaniti, e ringrazio Dio per avermeli dati!
Ci sono molti gay, sia uomini che donne, nelle nostre chiese. Io mi sono rifiutato di nascondermi nella Chiesa, come negli altri luoghi della mia vita. Rivendico i doni della grazia di Dio, sono consapevole che io stesso e i miei fratelli e le mie sorelle omosessuali siamo figli di Dio, creati a sua immagine.
Rifiuto di abbandonare la Bibbia ai fondamentalisti. Non ho mai capito la loro interpretazione delle Scritture. Perché ci citano il ‘codice della purezza’ del Levitico, e non seguono una cucina kosher? Che diritto hanno di usare le Scritture come uno strumento di oppressione?
Come gay, mi rallegrano molto alcune delle storie della Bibbia. Mi commuove l’affetto fisico (della relazione amicale) tra Davide, il futuro re d’Israele, e Gionata e sono ispirato dalla devozione di Rut per Ester. Amo leggere della profonda amicizia di Gesù con Maria e Marta, e del suo affetto per Giovanni, il discepolo che egli ‘amava’. Il mio racconto preferito è quello del soldato romano, di cui Gesù aveva guarito il “ragazzo amato’.
Gesù era omofobo? Non ho trovato prove che lo fosse. Penso che il silenzio di Gesù sulla questione dell’omosessualià, sia molto più eloquente della verbosità di molti dei suoi seguaci.
Essere un cristiano queer facilita la vita? Nonostante la ricchezza dell’energia spirituale che ho trovato, non ho una risposta precisa. Nella Chiesa, essere apertamente gay, significa fronteggiare moltissime contraddizioni e altrettanti confronti. Mi guidano queste parole di George Bernard Shaw che scrive: “Non seguire il percorso indicato dalla strada. Piuttosto va’ dove non c’è alcun sentiero e lascia una traccia“.
Sono ispirato dalla visione di una comunità dove tutti, gay, lesbiche, bisessuali, etero e transgender, operino insieme come agenti di quell’amore che Dio ha per tutta la creazione.
La mia fede mi assicura che quel giorno verrà.
Testo originale: Queer and Christian