Sono un marito e padre gay. Eccomi qua a parlarvi di me
Email inviataci da Calogero, risponde Adriano volontario del progetto Gionata
Cari amici, oggi mi sono imbattuto nel sito “progetto gionata”, navigando alla ricerca di risposte alla mia condizione di uomo sposato e padre, ma con un’affettività e un orientamento sessuale anche omosessuale.
Dopo una confessione nella quale mi sono trovato di fronte ad un giudice in possesso della verità assoluta sulla sessualità e l’affettività in generale, io, desideroso di ascolto e accoglienza, ho dovuto aggrapparmi alla mia autostima per non lasciarmi schiacciare.
Dovevo assolutamente cercare qualcuno che vivesse la mia stessa condizione, per non sentirmi un soggetto malato, ormai incapace di gestire la propria affettività, carico della pesante sentenza del confessore. Ed eccomi qua a parlarvi di me.
Sono un uomo di oltre cinquantanni ed ho una moglie che amo e con la quale vivo un rapporto di complicità. Lei conosce il mio particolare orientamento sessuale e non mi ha mai giudicato e tantomeno condannato, anzi mi ha lasciato vivere secondo la mia inclinazione.
Questo non vuol dire che la mia compagna non abbia dovuto percorrere il cammino della sofferenza, perché una parte di me non le sarebbe appartenuta e per il fatto che avrebbe dovuto vivere momenti di angoscia ogni volta che fossi uscito “per essere completamente me stesso”.
Io non mi sono mai sentito assolto dal fatto che venivo meno alla promessa di fedeltà fatta nel sacramento del matrimonio e il senso di colpa mi ha accompagnato a lungo e talvolta mi accompagna ancora. In compenso ho cercato di non mancare mai al principio di trasparenza, che sempre avrebbe dovuto sostenere il nostro rapporto, evitando di frapporre ombre fra noi due.
Magra consolazione per lei, che si è vista costretta a vivere una relazione intensa con il marito, ma comunque monca; tuttavia non mi ha fatto pesare mai niente.
Mi ha chiesto, però, di non buttarmi mai via, sapendo quanto peniamo noi omosessuali per riconoscerci e incontrarci.
Sì, è davvero penoso dover fingere ed è triste accettare di venire allo scoperto spesso in luoghi degradanti dove ci autoemarginiamo. Spesso nel buio di una sala o nell’oscurità di un luogo isolato, vedendoci appena, consumiamo incontri fugaci come “ladri di affetto”.
Se la norma generale, che ci vuole eterosessuali, ci costringe spesso ad avvilire la dignità di uomini, perché uomini siamo anche noi omosessuali, perché mai non dobbiamo sentirci nel diritto di avere una piena dignità cristiana? Perché dobbiamo reprimere la nostra affettività, quasi fosse un cancro che divora l’anima, per gioire di sentirsi veri cristiani in comunione con DIO?
Da quando ho fatto pace con me stesso, amandomi così come sono, per natura o per particolare strutturazione della personalità (non si sa né m’importa più), il mio più grande tormento è non poter trovare una conciliazione tra l’uomo e il cristiano, a causa dell’insegnamento della Chiesa che vede nell’omosessualità non in quanto tale, ma nel suo “esercizio”, una ferita grave nel rapporto tra il credente e DIO.
Cosa fare? Votarsi alla castità, rischiando in certi momenti d’impazzire o vivere l’omosessualità con il grande dolore di non sentirsi più parte di quella chiesa che pure tanto si ama? E DIO, pur continuandoci ad amare, potrà veramente prendere la nostra mano, se scegliamo di esercitarla? La madre Chiesa con il suo insegnamento sul tema non mi convince; ma chi mi dice che la verità è la mia?
Una verità, perché abbia un fondamento, deve trovare conferma al di fuori di coloro che l’affermano e la propugnano.
Calogero
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La risposta…
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Caro amico, in questa tua lettera hai toccato parecchi argomenti interessanti che andrebbero tutti approfonditi meglio. Cercherò di focalizzarmi sul punto principale in base a quella che è stata la mia esperienza di marito e padre nelle tue stesse condizioni.
Non sono a conoscenza dei retroscena del rapporto attuale con tua moglie, quindi mi perdonerai se il mio consiglio potrebbe non essere in linea con la tua situazione concreta.
Prima di tutto devo complimentarmi con te per la trasparenza che hai voluto instaurare con lei: non è da tutti riuscire ad avere la capacità di aprirsi con il proprio coniuge e confessare il proprio lato omosessuale. Complimenti anche a tua moglie per averti saputo accettare ed amare, è la più grande prova d’amore quella di accettare l’altro per quello che è.
Una delle parole che più è ricorrente nel tuo testo è “affettività”, cioè l’insieme dei sentimenti che provi per una determinata persona, che però non è “amore”.
L’unica persona che dici di “amare” invece, è proprio la persona che hai deciso di avere come tua compagna di vita.
Ma scoprirsi bisessuale od omosessuale non significa avere rapporti occasionali o mercenari con altri omosessuali e non ci autorizza nemmeno a far soffrire le persone che amiamo.
Mi rendo conto che la situazione è difficile ed hai tutta la mia comprensione, ma non puoi reggere un peso così grande sulle tue spalle. La colpa che senti per il fatto di tradire tua moglie e la promessa matrimoniale, non ti fa vivere a pieno né il tuo ruolo di marito e compagno, né tantomeno la tua vera sessualità, quale essa sia.
Per questo motivo il mio consiglio è quello di intraprendere un viaggio dentro di te, magari confrontandoti con altre persone, per chiarire meglio quali sono realmente i sentimenti, le pulsioni che provi e scoprire quali sono le tue priorità.
La riconciliazione come uomo e cristiano verrà nel momento in cui scoprirai veramente te stesso. Ricorda sempre che la misericordia di Dio è grande, come dice Papa Francesco: non facciamoci rubare la speranza.
Ti auguro affettuosamente un buon cammino nella speranza
Adriano