Sono un transgender e non ho bisogno della vostra misericordia pelosa
Testimonianza di JJ Gufreda autrice, scrittrice teatrale e performer pubblicata sul sito believeoutloud.com il 13 gennaio 2017, libera traduzione di Silvia Lanzi
Sono stata cattolica per più di cinquant’anni. Ero responsabile dei chierichetti (quante donne possono dirlo?). Al liceo facevo parte di alcuni gruppi religiosi. Ero un ministro dell’eucaristico. Per più di venticinque anni ho suonato l’organo durante la messa. Ho organizzato ritiri per i ragazzi dell’ultimo anno di liceo e per le parrocchie.
Quando molti anni fa ho iniziato la mia transizione, per dirla tutta non è andata bene con i miei amici cattolici e c’è stato il mio allontanamento dalla Chiesa. Posso riassumere alcune osservazioni.
Molti dei miei “amici” (cattolici) mi hanno chiuso la porta in faccia appena sapevano di me.
Non sono sicura della ragione per cui mi hanno abbandonato, perché è difficile entrare nella testa di chi non c’è ma, in questo modo di fare non credo affatto che ci sia l'”amore incondizionato” di cui parla la Chiesa. Per farla più semplice, quando avevo bisogno di loro, loro non ci sono stati.
La Chiesa cattolica, afferma chiaramente che tutti sono “benvenuti”, ma in verità non tutti sono uguali o hanno gli stessi privilegi. Il mio parroco ha risposto alla mia domanda di poter servire come ministro eucaristico (cosa che per anni avevo fatto in una parrocchia vicina) dicendomi: “Accogliere qualcuno non è lo stesso che essere d’accordo con le scelte che fa. Assistere alla messa è un privilegio, non un diritto. Non voglio più discutere con te…”
Suggerì che in futuro, avrei dovuto porre le mie domande al vicario generale dell’arcidiocesi da cui, dopo molti anni, sto ancora aspettando una risposta!
Il massimo dell’interazione che ho avuto con la Chiesa, da quando ho smesso di frequentarla da massimo cinque o sei anni, non è stato affatto un dialogo. La maggior parte delle persone di Chiesa che ho contattato su vari argomenti non mi ha risposto.
Secondo me, ci sono molte ragioni per questa situazione.
Su sesso, genere e sessualità la Chiesa cattolica ha i suoi problemi. Uno degli insegnamenti più tenaci è che le donne non possono diventare preti. Ci sono alcune teorie sul perché questo continui anche nel XXI secolo.
Alcuni pensano che la Chiesa veda le donne come sottomesse agli uomini; di conseguenza non possono occupare posizioni di un certo potere. Altri incolpano Gesù perché, pur avendo dei discepoli donna, gli apostoli che si era scelto erano tutti uomini. Quale ne sia la ragione, gli sforzi per aprire il sacerdozio anche alle donne hanno incontrato il deciso “No” della Chiesa.
A prescindere dal loro background, le persone trans possono creare un problema proprio in quest’ambito. Se un prete opta per la transizione per vivere autenticamente da donna, allora vorrebbe dire che la Chiesa avrebbe una donna prete. Ciò non è possibile, almeno secondo gli insegnamenti tradizionali della Chiesa.
Al contrario, se qualcuno di sesso biologico femminile compie la transizione per vivere autenticamente come uomo, potrà diventare prete? Apparentemente per la Chiesa è più facile scansare questi problemi rifiutando di capire che per una persona è possibile cambiare genere. Quello che sembri appena nato, o il sesso che ti viene riconosciuto alla nascita riassume ciò che sei.
La Chiesa hai suoi problemi relativi al celibato, all’omosessualità, alla sessualità in genere e molti altri.
Ma mentre la Chiesa ha attaccato, avvilito e criticato le persone LGBT, era colpevole di abusi su bambini e del loro conseguente insabbiamento. Gli orribili dettagli di questi casi, purtroppo, sono noti. Mi domando se l’attenzione della Chiesa sugli argomenti riguardanti la sessualità e il genere non siano, almeno in parte, un modo per stornare la pressione dell’opinione pubblica dai suoi problemi.
Mentre i teologi e i leader ecclesiastici riflettono sulla moralità delle persone transgender, papa Francesco ha suggerito che la Chiesa dovrebbe mostrare compassione a chi vive ai margini ed è stato escluso. In ottobre infatti ha detto: “Voglio essere chiaro. È un problema morale. È un problema. Un problema umano. E si deve risolvere nel miglio modo possibile – sempre con la misericordia di Dio, con la verità… sempre con un cuore aperto”. A cui rispondo: “Non ho bisogno della vostra misericordia pelosa”.
Una breve ricerca su Google definisce la misericordia come “compassione o perdono verso chi qualcun altro che ha il potere di punire o ferire”. Il Merriam-Webster definisce la misericordia come la “compassione verso chi ci ha offeso o nei confronti di chi è soggetto al potere di qualcun altro“.
Sicuramente la Chiesa ha il potere di cercare di farmi soffrire – sia istituzionalmente, con la sua influenza sul governo e la società, escludendomi, o con le azioni dei suoi milioni di seguaci. So che potete farmi male, ma mi rifiuto di riconoscerle il potere che pensate di avere su di me.
Non ho bisogno che mi accettiate, e non mi importa se pensate che quel che faccio o anche solo la mia esistenza siano peccato. Non ho bisogno, né tantomeno voglio, il vostro perdono. Non voglio la vostra misericordia. Essere me stessa non è un peccato.
Non voglio nemmeno accettare il vostro giudizio che suona più o meno così: “Odiamo il peccato, ma amiamo il peccatore“. Non ho bisogno del vostro giudizio per decidere se sono o meno una peccatrice. Questo è un modo di vedere pieno di giudizio e condiscendente di guardare un’altra persona. Grazie, no grazie.
Mi sembra che la Chiesa, mostrandomi misericordia promuova la posizione del suo potere nei confronti di chi ha bistrattato e la si debba in qualche modo ringraziare, perché non ci ferisce più. Ancora grazie, no grazie.
Facciamo un paragone tra la Chiesa e le persone trans (o comunque LGBT), e i genitori con i loro figli. Certamente i bambini sono sottomessi all’autorità dei genitori, e un genitore adulto ha la capacità di ferire il proprio figlio. Ma un genitore che non ferisce il proprio figlio compie un atto d’amore piuttosto che di compassione o misericordia?
Non voglio che la Chiesa mi mostri misericordia. Dovrebbe mostrare amore, empatia, accettazione e rispetto. Raccomando anche che vada al di là dell’accettazione e abbracci senza giudicarle le differenze che ci sono tra le persone.
Così, ecco il mio messaggio alla gerarchia cattolica (e di altre Chiese): non ho bisogno del vostro giudizio. Non mi interessa di quel che pensate. Non voglio la vostra misericordia.
Credo che fosse Gesù a dire: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente. Questo è il primo comandamento, ed è il più grande. Il secondo è questo: amerai il tuo prossimo come te stesso. Tutta la legge e i profeti dipendono da questi due comandamenti“.
Nella mia esperienza, da quando ho iniziato la mia transizione, non sento questo amore, perciò non ho bisogno della vostra misericordia pelosa.
Testo originale: I’m Transgender & I Don’t Need Your Stinking Mercy