Spunti di vista. Tra libertà, diversità, omologazione e vergogna
Dialogo di Giusi D’Urso de La Tenda di Gionata con Roberta Rosin autrice di Spunti di vista (Edito da Alpes, 2019)
“Spunti di vista”[1] prosegue il cammino iniziato nel 2017 con “Sconvolti“ [2] da Roberta Rosin, psicologa e psicoterapeuta funzionale. Un percorso che entra con delicatezza nella vita di tredici persone per coglierne l’umanità, tredici amici intervistati su questioni non banali quali il senso del bene e il senso di vergogna, il concetto di gender e l’interpretazione dei valori. Ne scaturiscono tredici ritratti, tutti diversi tra loro, e in fondo anche un’autobiografia dell’autrice. Come affermato dalla stessa Roberta: (una) “Filigrana che risalta evidente e si intesse robusta di voce in voce, in qualche modo costruendo una sorta di nuova narrazione comune, che le tiene insieme e le comprende tutte, e le rende alla fine tangenti e vicine. Molto più vicine di quanto si possa immaginare, guardando alle prospettive differenti – e spesso divergenti – di partenza di ciascuno.”
Da che esigenza nasce “Spunti di vista”.
Il termine esigere, in questo contesto mi piace. Il testo, infatti è una creatura che nasce dalla spinta di riflessioni che da tempo mi pongo e che la vita mi pone davanti. E’ nella mia natura, quando alcune questioni si avvitano dentro e non trovano risposte efficaci o convincenti, confrontarmi, cercando con altre persone ispirazione e discussione. Non credo si tratti di un bisogno di “verità”, che come scrivo, per alcuni sono già rivelate, ma spunti che permettano di sedare alcuni pensieri che a volte mi tormentano.
La scelta dei ritratti dei 13 protagonisti del libro non è forse autobiografica. Non è specchio di te stessa. Per esempio, ci sono credenti, e non credenti…
Le tredici persone sono persone della mia vita, sono persone che amo. Tutte estremamente differenti, ma con una caratteristica che le accomuna: l’onestà intellettuale. Potenzialmente potrei dire che in ciascuna ritrovo una parte di me, ma anche molte parti contrarie a me che mi affascino e da cui traggo spunti e lezioni di vita. Questo è il motivo per cui ho dedicato un intero capitolo delineando la mia relazione con loro, perché li ho scelti e cosa mi insegnano ancora oggi.
Quanto “Spunti di vista” è erede di “Sconvolti. Viaggio nella realtà transgender”, scritto due anni fa.
“Tutto scorre”. Anche la mia vita scorre, ciò che faccio oggi è determinato da ciò che ho fatto ieri in una sorta di magica e fluida contaminazione di cui anche la scrittura ne fa parte. La continuità di senso tra i due testi, potrebbe essere meno evidente alla maggior parte delle persone, e come in Sconvolti, viaggio nella realtà transgender, l’obiettivo era mettere in risalto da più prospettive – clinica, scientifica, etc.- l’universo trans anche attraverso storie cliniche, Spunti di vista ritorna su un tentativo, di porre ai lettori e lettrici delle riflessioni che aprano strade consapevoli e non frammentarie, a cui credo non ci si debba sottrarre. Un po’ come a dire “abbiamo parlato e colto il significato di ciò che porta con sé la parola trans, ora proviamo a concentrarci e raccoglierci su come decliniamo nella nostra vita il fare del bene, su cosa ne pensiamo della vergogna, che conoscenze abbiamo sul gender e se crediamo esistano ancora nell’attuale società d’appartenenza dei valori capitali”. L’ultimo capitolo è Fogli bianchi. Un invito, a chi leggerà il testo, di scrivere di proprio pugno le risposte alle quattro domande che io ho posto. Sono quasi certa che leggere questo libro fa crescere, io scrivendolo sono cresciuta.
Non ritieni la prima domanda, incentrata sul bene, un po’ “consumata”.
Si, lo credo. Ho anche una particolare attenzione e propensione per tutto ciò che è consumato: dagli indumenti alle vite delle persone. Quando uso una matita, ad esempio, da sempre voglio consumarla fino in fondo come a viverla nella sua interezza. Darle un senso. Con dispiacere a volte mi accorgo che nonostante l’uso e l’utilizzo fino alla “sua morte” non sono soddisfatta, come se mancasse ancora qualcosa. E nel chiedermi cosa significa nel tuo vissuto fare del bene, che è una delle quattro domande che faccio ai miei tredici, l’intento era quello di fare come ciò che faccio con le mie matite, andare fino in fondo, toccare il fondo, dare senso all’essenza attraverso opinioni e vissuti di persone che stimo.
Perché fra sole 4 domande hai inserito un preciso riferimento al gender.
Intravedo ancora molta confusione su tutto ciò che gira attorno al termine gender. Confusione e al contempo curiosità, ignoranza e paura, desiderio di sapere e timore nello scoprire. Le tredici scritture lo rilevano con trasparenza cristallina, è uno spaccato molto interessante quello che emerge. Ad esempio le persone “legate” alla chiesa cattolica, aprono all’unanimità il loro non conoscere e la loro ignoranza sul tema. Da sempre impegnata sul fronte delle Pari Opportunità e Politiche di genere, noto che di gender se ne debba parlare, fino a che non si giungerà ad un piena comprensione che non è da confondere col consenso. Abbiamo il dovere di conoscere pur, a volte, non sostenendo e accondiscendendo. La conoscenza rende gli uomini e le donne liberi. Il tentativo è di riconoscere un sapere che non sposta sempre l’asticella, ma riconosce dei punti fermi, ineludibili. Un po’ come in “A Silvia” di Leopardi, nessuno mette in dubbio che ne sia lui l’autore.
In diversi punti affiora il tema della “fragilità”, che significato le dai.
La Fragilità dalla mia prospettiva, come psicoterapeuta che guarda alla complessità della persona approcciandola nella sua interezza (corporeo, spirituale, emotivo, fisiologico, cognitivo, etc.), è un’esperienza fondamentale per lo sviluppo di ciascuno. Essere fragili significa riscoprire dentro di sé il bisogno di un appoggio, la necessità dell’altro, di poter vivere situazioni e momenti in cui non si è in “prima linea” anche solo perché privi di energie e spinte vitali. Fragilità è quando ci concediamo di dire all’altro “puoi fare tu per me, adesso non ce la faccio” e poi scoprire che questa richiesta non ci trova sottomessi o succubi ma forti nel riconoscere un momento di piacevole debolezza. In ultima analisi Essere Fragili è un’esperienza fortificante.
La terza parte del libro sono “spunti” o conclusioni tratti anche da viaggi molto recenti che hai effettuato. Perché inserire questa parte più narrativa legata a tali viaggi.
L’abbraccio: da spunti a punti fermi contiene la sintesi delle risposte che i miei tredici tracciano e che io ho tentato di condensare inserendo alcune esperienze di viaggio che fanno da collante. Io sono e mi ritengo una viaggiatrice, non potrei farne a meno. Amo tutti i tipi di viaggio e quasi tutte le destinazioni.
Viaggio in questo contesto è un termine che abbraccia molteplici significati: ogni relazione è un viaggio, ciascuna persona mi porta ad affrontare viaggi e poi ad ogni aereo che prendo so che arricchirò il mio cuore e la mia mente grazie ad incontri, luoghi, suggestioni, culture che mi apriranno orizzonti e mi faranno dire che la vita è veramente meravigliosa. E poi c’è CUAMM medici con l’Africa a cui sono legata da sempre e che ritengo una delle più serie ONG mondiali. Questo è il motivo per cui parte degli introiti andranno a sostenere la scuola di ostetriche ed infermieri di Wolisso in Etiopia – un progetto CUAMM-. Uno dei tredici protagonisti del libro è Don Dante Carraro che oltre ad essere il direttore di CUAMM è un mio caro amico da trenta anni.
Viaggiare è anche incrociare la sofferenza nei miei pazienti o la sofferenza e le ingiustizie dei luoghi che scelgo di visitare. Ma sorridendo confesso che nei viaggi che intraprendo vedo anche tanta gioia e senso di cittadinanza, non solo patimento. E poi c’è un altro motivo, scrivere del Perù e delle esperienze vissute nell’orfanatrofio ad Embu in Kenya, permetterà ai lettori non-viaggiatori, di conoscere in minima parte un frammento di quei luoghi, anche se attraverso i miei occhi e le mie lenti. Non mi ritengo una persona speciale, ma mi riconosco il talento del “saper guardare e vedere”.
Quanto “Funzionalismo” c’è nel testo. Per esempio sottolinei molto il fatto di tradire sé stessi riguardo alla “vergogna”.
La domanda è complessa e necessiterebbe di un approfondimento epistemologico sul termine Neo-Funzionalismo. Cercando di fare sintesi, il Neo-Funzionalismo, area di pensiero a cui appartengo, sostiene l’importanza, anzi la necessità, di approcciarsi alla persona come un essere organizzato da Sistemi Integrati che lo definiscono e lo specificano. Il grande vantaggio di questo approccio è sostenere la non parzialità osservando e sostenendo l’unitarietà di ogni organismo: dall’uomo, al cosmo.
«…non ho mai smesso di chiarire, approfondire, discutere, nel tentativo impossibile di non lasciare nulla d’intentato, pagandone infine un alto prezzo: la rottura delle relazioni che non si concedono alla verità. Nell’essere psicoterapeuta dentro, mi è ormai connaturato indagare indifferentemente mondi simili e diversi dal mio […] Quando penso a cosa potrebbero rispondere ad alcune domande complesse le persone che conosco, comprendo in anticipo che mai potrò giungere a una risposta univoca, perché ciascuno si muove dal proprio osservatorio, con il cumulo di esperienze e pregiudizi che gli appartiene. […]. Non cerco soluzioni o verità (che per chi ha fede sono già rivelate) quanto punti di vista, o meglio spunti di vista: che non vuole essere un semplice gioco di parole. Il punto è fermo. Spunto vuole invece valere nel suo significato più genuino e profondo del “suggerimento come avvio, come punto di partenza, occasione iniziale da cui si prende ispirazione”». [tratto dall’introduzione a “Spunti di vista”, ed. Alpes, 2019]
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[1] Roberta Rosin, Spunti di vista; Alpes, 2019. Il libro è comprabile online o si può ordinare in qualsiasi libreria perché ha il suo ISBN.
[2] Roberta Rosin, Chiara Dalla Luche, Sconvolti; Alpes, 2017.