Storia di un disabile gay, solo contro tutti
Articolo del 17 giugno 2013 di Ivano Abbadessa pubblicato su West
Impiegato, trentenne, gay, costretto a vivere su una carrozzina. E’ questa la storia di Antonio e del suo difficile rapporto con la comunità LGBT. Dalla quale si sente escluso e discriminato. Proprio come una minoranza nella minoranza.
«La stragrande maggioranza dei membri della comunità LGBT – dice Antonio – guarda con diffidenza o addirittura ignora la mia presenza in ambienti pubblici, a meno che non inciampino tra i miei piedi.
Purtroppo, l’impatto visivo resta sempre il primo elemento di selezione, e una sedia a rotelle può senza dubbio risultare una nota stonata in un ambiente dove la fisicità la fa da padrona.» Lo stesso, però, non accade su internet. Dove gli omosessuali, invece, «mostrano maggiore curiosità nei confronti della mia condizione e non disdegnano l’interazione, anche se spesso, la conoscenza non si finalizza quasi mai in un incontro reale.»
«Oltre allo spiazzamento che l’impatto visivo può provocare al principio, c’è da tener conto che il tipo di disabilità dal quale sono affetto ha compromesso anche fisicamente la mia sfera sessuale. Avendo potuto vivere l’omosessualità da persona non disabile, prima del mio incidente, sono ben consapevole che questa “non prestanza” possa rendermi poco appetibile come partner.»
Nonostante questo, però, sul lato sentimentale Antonio è riuscito ad avere una relazione con un ragazzo durata 9 anni. A testimonianza del fatto che non sempre gli omosessuali si fossilizzano sulla canonicità dei rapporti e dei ruoli attivo/passivo/versatile. Ma «possono apprezzare il contatto fisico con un corpo fuori dagli stereotipi diffusi nella comunità LGBT.
Riuscendo a godere di una forma di sesso allo stesso modo intensa e intima a livello fisico (anche se limitata), ma cerebralmente molto piena e appagante.»
Per quanto riguarda l’attivismo gay, Antonio, spera che la sua «presenza pubblica nella vita della comunità LGBT serva a rompere gli schemi e a unificare le varie identità, che spesso tendono ad escludersi a vicenda. Nel caso delle persone con disabilità, la discriminazione nell’ambiente omosessuale è ancora tutt’oggi molto forte, vittima di una cultura del “bello” largamente diffusa e sponsorizzata dai media di qualsiasi orientamento e classe sociale.»
Dal 2007, anno in cui si realizzò “Abili di cuore”, il primo studio sui disabili GLB nel nostro Paese, Antonio non ha notato progressi evidenti.
«Anche perché spesso la scarsa partecipazione delle persone disabili nella vita pubblica LGBT, dovuta a problematiche di vario genere, tende a far vivere la nostra presenza come una minoranza nella minoranza da “tollerare”. È questo – dice Antonio – il maggior ostacolo da superare: non dover subire una doppia discriminazione, soprattutto da parte di coloro che conoscono in prima persona il peso di questo ingiusto pregiudizio.