Storie queer. Ewit e Aranel e la maledizione degli elfi
Dialogo di Katya Parente con Alessandra Mistretta
Quante volte gli adolescenti, ma anche i bambini più piccoli, si sentono inadeguati. Spesso è la pressione sociale, a volte invece è qualcosa che nasce dentro di sé: penso soprattutto alla disforia di genere, che intrappola chi ne fa esperienza in un corpo che non sente suo.
Le fiabe sono, per loro natura, i racconti “queer” per eccellenza: basti pensare alla “Sirenetta” o a “La Bella e la bestia” e alla sua versione moderna, “Shrek”.
L’ospite di oggi, Alessandra Mistretta, prosegue questa tradizione con il suo libro “Ewit e Aranel e la maledizione degli elfi” (Porto Seguro, 2022).
Dove hai trovato lo spunto per questo libro?
Volevo raccontare storie che dessero alle persone, che attraversano un percorso di vita impegnativo, la forza di superare tutte le difficoltà che la vita ci pone.
“La Maledizione degli Elfi” infatti è una saga, ognuna delle quale tratta una problematica diversa.
Nel secondo racconto che sto scrivendo il protagonista è un ragazzo che viene trasformato in una donna simile a una buffa elfa.
Nel terzo racconto il protagonista sarà un ragazzo disabile.
In questo modo ogni racconto vuole dare, a tutte le persone che attraversano un percorso di vita più in salita, un libro dedicato.
La storia è accompagnata da bellissime illustrazioni. Quanto è importante secondo te l’approccio visivo nella letteratura per l’infanzia?
Beh personalmente, quando ero più giovane, quando prendevo un libro in mano guardavo solo le immagini.
Penso che le immagini siano molto più dirette, anche se nel secondo libro che sto facendo mi sto impegnando molto di più sulla scrittura, ma comunque cerco sempre di far stare in ogni pagina almeno un’immagine anche se purtroppo per ogni immagine che aggiungo, aumenta il costo di produzione del libro.
In che modo credi che una storia come la tua possa favorire l’inclusione?
Io penso che questo racconto sia il modo più facile e diretto per vedere attraverso gli occhi del protagonista, che vive in un corpo che non è il suo, donando al lettore un’esperienza in prima persona. Questo vale soprattutto per i lettori più giovani, al quale il libro e’ indirizzato.
Un giorno a una fiera una maestra di scuola elementare aveva comprato un libro, dicendomi che lo avrebbe letto ai suoi alunni; ovviamente io ero molto felice perché sarebbe bello che fosse presente nelle scuole, dove potrebbe insegnare che le persone che attraversano un percorso di adeguamento di genere sono da rispettare.
Cosa diresti ad un tuo giovane lettore che sperimenta la disforia di genere o che comunque si sente “diverso”?
Direi di non sentire quello che la gente dice, ma di sentire solo quello che il proprio cuore dice.
Il flauto magico raffigurato nel libro rappresenta la cura ormonale, il flauto aiuta Aranel ma poi alla fine è solo lei con le sue forze che puo superare gli ostacoli.
Quando la vita la butta giu’ Aranel, la protagonista del racconto, si rialza sempre e non si arrende mai .
Nasci come pittrice. Come mai questa virata nel mondo della letteratura?
Ho sempre pensato che prima o poi avrei fatto un racconto con immagini ma non avevo mai uno spunto che mi desse l’interesse di farlo. Un giorno un’amica mi disse: “Perché non scrivi un libro di quello che hai visto nella tua vita?” Allora ci pensai per un mese e alla fine pensai che potevo utilizzare la mia fantasia per far diventare una fiaba storie di disforia di genere e disabilità.
Il mio modo di raccontare le storie, utilizzando tante immagini, deriva dalla mia passione per una grande illustratrice: Beatrix Potter, che aveva scritto “Peter coniglio”.
Grazie ad Alessandra del bel messaggio che veicola la sua storia. Per chi poi si fosse appassionato al mondo di Ewit e Aranel, e volesse saperne di più, le loro storie sono anche su tik tok, basta solo andarle a cercare!