Studenti contro docente in un confronto sull’omosessualità
Articolo di Giampiero Rossi pubblicato sul Corriere della Sera del 8 marzo 2015
Studenti contro docente, l’ironia contro la chiusura. Una disputa a colpi di dazebao sul tema della libertà di pensiero e del pensiero sull’omosessualità, giocata sul confine tra scienza, filosofia e — anche — gastronomia. Succede al liceo scientifico Leonardo Da Vinci, nel centro di Milano, da sempre istituto culturalmente vivace. Dopo i tragici fatti di Parigi, in gennaio, gli studenti appendono lungo la scalinata della scuola un enorme manifesto che rilancia lo slogan planetario di quei giorni, «Je suis Charlie», sul quale rapidamente compaiono tantissime firme, comprese quelle di diversi professori.
Pochi giorni fa, però, accanto al grande manifesto viene affisso un nuovo testo, scritto su un foglio verde e firmato con nome e cognome da un’insegnante. Si intitola «Allora anch’io sono Charlie…» e, partendo dal riferimento alla rivista satirica francese, fa appello preventivo alla «libertà di pensiero» per affidare alle pareti del liceo un’opinione che — evidentemente — le sta a cuore: la «Natura» e le «relazioni interpersonali». Cioè l’omosessualità. Caratteristiche «profonde oggettive e insopprimibili», scrive «differenziano in modo netto quella tra un uomo e una donna da tutte le altre possibili relazioni interpersonali». Quindi sottolinea «l’unicità/peculiarità/diversità della relazione eterosessuale», per poi concludere: «Immaginare e, ancor più, imporre un’uguaglianza, là dove uguaglianza non c’è, risulta quindi una scelta priva di qualunque riscontro con la realtà».
Questione di poche ore e accanto al foglietto verde ne compare un secondo, con un grande triangolo rosa sullo sfondo (il simbolo usati dai nazisti per gli omosessuali internati), firmato da uno studente di quinta. «Sono gay. E naturale — il suo incipit —, perché in natura sono moltissime le specie che hanno comportamenti omosessuali». Quindi scrive: «È volgare chi paragona l’omoaffettività a una decadenza sociale; gravissimo che lo faccia in una scuola», «come può sentirsi un ragazzo o una ragazza che si interroga sul proprio orientamento sessuale nel sentirsi definito/a innaturale?». E, dopo un richiamo alla Costituzione, il ragazzo conclude: «I rapporti omoaffettivi sono, ci tengo a evidenziarlo, qualitativamente identici a quelli eterosessuali».
Nei corridoi, nel cortile, in sala professori si discute già di questo botta e risposta, quando sulla parete delle scalinata arriva il terzo foglio dattiloscritto, questa volta firmato da una studentessa di quarta, con un titolo che disorienta e promette ironia: «La pasta allo scoglio».
Il testo, esilarante al punto da ridimensionare gli scivoloni ortografici, è una surreale ricostruzione «storica» delle presunte origini degli spaghetti ai frutti di mare con evidenti riferimenti — satirici — ad alcuni termini scientifici dell’insegnante: «Il sugo e la cozza non sono complementari», sottolinea infatti la ragazza, «il loro legame non è male, ma a mio parere manca un po’ di quella unicità, quella peculiarità, quella incredibile scioglievolezza che il connubio aglio-scoglio per natura garantisce». Dopodiché spiega il senso del suo scritto: «Se la libertà di espressione non ha limiti apparenti, questo non significa che il buon senso non ne imponga, e il buon senso avrebbe suggerito di evitare di mancare di rispetto a coloro che frequentano questo istituto». E prima della firma lancia il suo slogan: « Je suis pasta allo scoglio». Subito raccolto da un quarto intervento murale firmato da due studenti di quarta dal titolo che ricalca, ironicamente, quello della professoressa: «Allora anch’io sono la pasta allo scoglio…».
Ma non è finita. Sul foglio che ospita la provocazione gastronomica, con la penna rossa, una mano apparentemente femminile aggiunge: «Ti amo. Scogliamo insieme?»
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I messaggi
– la Natura ha stabilito di strutturare il corpo dell’uomo affinchè si unisse in modo naturale a quello della donna
– Sono gay. E naturale. Sì, perchè in Natura sono moltissime le specie che hanno comportamenti omosessuali
– non capiamo come si possa ritenere “innaturale” l’amore omosessuale, non capiamo come si possa ritenere innaturale qualsiasi tipo di amore
– I rapporti omoaffettiv sono, ci tengo ad evidenziarlo, qualitativamente identici a quelli eterosessuali
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I dati
– Per l’Agenzia per i diritti Fondamentali dell’UE l’Italia è il Paese europeo con il maggior tasso di omofobia sociale, politica ed istituzionale
– Secondo l’Agenzia l’omofobia ha danneggiato la salute e la carriera di 4 milioni di europei (2009)
– A detta del Dipartimento di Salute pubblica i suicidi della popolazione gay, legati alla discriminazione omofoba, costituirebbero in Italia il 30% di tutti i suicidi adolescenziali
«Discutere e favorire il dibattito Ma si lasci la libertà di dissenso»
Fulvio Scaparro, neuropsichiatra e psicologo: come bisogna affrontare i temi più sensibili a scuola?
«La “parete” del liceo Leonardo da Vinci di Milano è una bella testimonianza, ricorda un po’ le statue parlanti di Roma. Ognuno su quel muro ha potuto esprimere le sue idee, anche con ironia. È un buon metodo, se davvero tutti sono liberi di esprimersi. È lì il senso profondo di sottoscrivere la frase Je Suis Charlie ».
Secondo lei bisogna dedicare all’omosessualità, così come ad altri argomenti che lo meritino, spazi particolari della programmazione didattica?
«Se far finta di niente non esiste, non mi piace neppure che se ne parli per mostrare ai ragazzi di essere aperti e all’avanguardia: questa sì, sarebbe una forzatura. Credo che gli studenti debbano poter contare in ogni momento su tutti i docenti per approfondire problemi della vita quotidiana, temi che a loro stanno a cuore e sui quali sentono il bisogno di confrontarsi».
Nel momento in cui si decide di parlarne in classe, esiste un metodo da seguire?
«Sì, ed è quello della discussione. Ognuno deve sentirsi libero di non essere d’accordo con gli altri senza per questo sentirsi un nemico o essere etichettato come tale. L’insegnante non deve mai imporre una linea, ma favorire il dibattito dei suoi ragazzi, insegnare loro a difendere un’idea rispettando quella dell’altro. Non possiamo pretendere che all’improvviso si azzeri il conflitto su questo e altri temi, ma non possiamo e non dobbiamo neppure accettarli a maggioranza».