Sui gay la dottrina non convince più. Le proteste dei lettori di ToscanaOggi
Articolo di Valerio Gigante tratto da Adista Notizie n. 28, 21 Luglio 2012, pag.5-6
Forse la Chiesa cattolica non cambierà di una virgola il suo tradizionale insegnamento sull’omosessualità. O forse un giorno lo farà. Quel che è certo è che, se in passato sulla stampa cattolica il tema del rapporto tra fede ed omosessualità veniva semplicemente rimosso, o trattato in maniera liquidatoria, dogmatica o perentoria, senza che nessuno, nell’opinione pubblica cattolica, battesse ciglio, oggi non è più così. Perché la questione suscita presso i credenti interesse crescente, dibattito, confronto.
Un dato ormai difficile da ignorare. Un approccio “vecchio stampo” lo aveva invece tentato, qualche tempo fa, Andrea Fagioli, direttore di ToscanaOggi, settimanale cattolico a dimensione regionale (e con edizioni locali diocesane), sul n. 19 del 20 maggio scorso.
Nella consueta rubrica delle lettere, rispondendo ad Annalisa di Pontassieve, che riteneva giusto distinguere tra matrimonio religioso e civile e si chiedeva perché «due persone dello stesso sesso che decidono di vivere una vita insieme non possono avere questi stessi diritti e doveri di fronte allo Stato», aveva infatti risolutamente replicato: «Se anche guardiamo al solo matrimonio civile, è chiaro che, al di là del sacramento, non possa che riguardare ugualmente un uomo e una donna. Diversamente non è matrimonio. Basta rileggere la Costituzione italiana che parla di “famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.
Per non discriminare nessuno è sufficiente il diritto dei singoli individui. Le unioni tra persone omosessuali non possono essere omologate né alla famiglia fondata sul matrimonio né ad altre forme di convivenza comunque degne di attenzione, come le coppie eterosessuali non sposate che dimostrano stabilità di rapporti e magari hanno anche dei figli».
Siamo credenti, non creduloni
La risposta del direttore non è però passata inosservata, né senza repliche. Anzi, per ammissione stessa del giornale, «ha suscitato l’interesse di molti lettori» che, soprattutto attraverso il www.toscanaoggi.it, l’hanno commentata nelle settimane successive, «criticandola anche da opposti punti di vista».
I più, per la verità, si sono mostrati perplessi e contrariati rispetto alla posizione tranchant assunta dal direttore. Ribattendo punto per punto alle sue affermazioni, con argomentazioni molto pertinenti. E da una prospettiva di fede. «Ma perché i cattolici quando si sfiora l’argomento omosessualità diventano incapaci di ragionare e di argomentare?», si è chiesta Cinzia di Milano. «Intendo dire i cattolici, non i cristiani. Intendo la Chiesa, non la chiesa.
Egualmente non troppo tempo fa, in Paesi storicamente esemplari sul cammino dei diritti civili, i timorati di Dio si irrigidivano sino alla rabbia feroce, sino alla bava, se si metteva in discussione il diritto divino a possedere schiavi, o la parità di diritti delle donne rispetto agli uomini, ed altre situazioni meramente culturali, soggette al mutamento del tempo e dei costumi, e, grazie a Dio, alla sempre maggiore comprensione di ciò che lo Spirito non smette di dire alle Chiese (che erano simbolicamente 7, anche all’inizio).
Sono convinta che viviamo in un tempo di grande oscurantismo, in cui alla caduta vertiginosa delle istituzioni e dei poteri religiosi corrisponde un crescendo di fanatismo, che sostituisce l’idolatria verso la famiglia e il papa alla fede in Cristo e nella Pasqua».
Ancora più incalzante Federico di Prato, che ha evidenziato la contraddizione di una Chiesa che oggi difende il matrimonio tout court, civile o religioso; ieri, al contrario, bollava come “pubblici concubini” coloro che si sposavano in Comune e non in chiesa. «Il mio vecchio vescovo Fiordelli si fece condannare pur di difendere le coppie sposate in chiesa», scrive Federico.
Per questo, afferma rivolgendosi a Fagioli, «il fatto che tu definisca le coppie non sposate “degne di attenzione” è significativo perché vuol dire che una cosa che ha rilevanza statistica (numeri alti) debba essere degna di attenzione da parte dello Stato, e probabilmente anche della Chiesa, che dovrebbe annunciare il Vangelo a tutti… Conseguentemente, se si tratta solo di una questione “statistica” e non “magisteriale”, allora degne di attenzione debbono essere anche le coppie omosessuali, almeno da parte dello Stato, che non dovrebbe essere confessionale».
Inoltre, incalza il lettore, disturba «il tono paternalista della lettera» ad Annalisa, che richiama l’idea «del padre che non ha risposte da dare e dice “è così e basta”. Solo che tu sei il direttore di un giornale». «La Costituzione – ha scritto invece un’altra lettrice, Alya – non è qualcosa di statico, ma si può modificare. Lo si è sempre fatto, infatti, non siamo più una monarchia.
Sinceramente penso che, proprio perché il matrimonio in questo momento è indebolito, permettere a delle persone che desiderano con tanto fervore di potersi sposare, come le coppie omosessuali che convivono da decenni, non possa che rafforzare l’istituto del matrimonio».
Il fuoco di fila così serrato, puntuale ed articolato dei lettori di ToscanaOggi deve aver lasciato piuttosto sorpresa la redazione e la direzione del settimanale. Che ha però risposto con l’artiglieria “pesante”. Su un successivo numero (24/6), infatti, è stato pubblicato addirittura uno “speciale” sul tema del rapporto tra fede ed omosessualità.
A prendere la parola, stavolta in maniera ampia e dettagliata, un teologo, Andrea Bellandi, docente di Teologia fondamentale alla Facoltà teologica dell’Italia Centrale, che ha insistito sulla «“natura oggettiva” del legame familiare che, per la dottrina della Chiesa, appartiene al cosiddetto “diritto naturale”», ed un semiologo, Armando Fumagalli, ordinario di Semiotica all’Università cattolica del Sacro Cuore, che ha spiegato come i media manipolano l’opinione pubblica fornendo un’immagine “normalizzata” dei rapporti omosessuali, dipingendo i gay come vittime, demonizzando chi si oppone alle unioni tra persone dello stesso sesso.
Ma anche in questo caso, lo “speciale” del giornale ha suscitato un polverone di reazioni. Con commenti, stavolta, di tono più amaro. «Come laico – scrive ad esempio Luca da Bologna – sono davvero stanco di ascoltare queste litanie vuote da persone che hanno scelto liberamente la via della castità, poi magari non la praticano neppure loro, ma la impongono come giogo a tutti gli altri».
Ancora più deluso il commento di Patti: «Perché continuate a parlare di ciò che non conoscete? Perché continuate a tenervi incatenati ad argomentazione insufficienti, demagogiche, non scientifiche per dimostrare che il vostro fastidio viscerale e irrazionale per altri diversi da voi è giustificabile?
Siete ciechi, guide di ciechi, conducete il gregge che vi è affidato verso il baratro».