Sul Ddl Zan i nuovi colpi bassi della CEI di Bassetti
Roflessionio di Massimo Battaglio
Non passa giorno che il ddl Zan sia oggetto di nuovi colpi bassi, generalmente basati su bugie, fuck news, balle che si voglia dire. Oggi sembra che il metodo della frottole in libertà abbia sostituito le contrapposizioni ideologiche nel dibattito politico. E ieri, il cardinal Bassetti, presidente della CEI, incalzato da giornalisti dopo la celebrazione di una messa proprio per loro, ha detto le sue.
La novità è che, rendendosi conto che nessuno può fermare il corso del ddl, depone le armi d’attacco di cui aveva avallato l’uso fino a pochi giorni fa. Imbraccia quelle più raffinare del “non volevamo dire così, non abbiamo mai detto così”:
“Guardi, – dice – che ci si ponga il problema di difendere le persone omosessuali da insulti omofobi, aggressioni o violenze, per me non è né è mai stato un problema, ci mancherebbe. Tutte le creature devono essere difese, protette e tutelate. La legge dev’essere chiara e non prestarsi a sottointesi”.
Ricordiamo benissimo i due messaggi della presidenza della Conferenza che lui appunto presiede. Non ci pare proprio che, al di là degli enunciati, affermassero che la lotta contro l’omo-transfobia sia mai stata una preoccupazione dei vescovi. Tutt’al più, facevano trasparire una sorta di tolleranza, un “non siamo d’accordo ma, se proprio…”.
E anche ora, pur volendosi mostrare un po’ più aperturista, Sua Eminenza non cambia posizione. Alla domanda: “avete cambiato idea?”, risponde infatti così:
“Ma no, è diverso. Io ho sempre sostenuto che non ci fosse bisogno di questo disegno di legge perché c’è già tutta una legislazione sufficiente a tutelare le persone contro le discriminazioni e le violenze. Non ne vedevo la necessità, tutto qui. Ma è chiaro che se poi decidono di andare avanti, non è una questione che spetti a me decidere, c’è un Parlamento. Se si ritiene utile una legge specifica contro l’omofobia, va bene, come dicevo non è certo questo il problema”.
Due balle in un colpo. La prima consiste nel fatto che, in realtà, non sono mai stati così rispettosi del Parlamento. Anzi: si sono proprio messi di traverso, sia in prima persona, sia dalle colonne del loro giornale, e sia mandando avanti associazioni “amiche” che hanno intralciato i lavori della Commissione Giustizia per mesi chiedendo sempre nuove udienze.
La seconda balla consiste nel negare che serva una legge apposita per combattere l’omotransfobia. Bassetti conosce i numeri: una media di ormai 150 vittime denuncianti all’anno, con picchi di 211 nel 2018 e 239 nel 2019. E sa che sono pochissime quelle che hanno ottenuto giustizia. In molti casi, le denunce sono state archiviate perché non si capiva come procedere. Spesso, sono le stesse forze dell’ordine, nel raccogliere le denunce, a negare la matrice omofoba dei fatti perché non saprebbero come raccapezzarcisi. In altri casi, i processi si sono conclusi con pene ridicole o tutt’al più con la tenue aggravante dei “futili motivi”. In alttri, si va avanti e indietro fino alla prescrizione. E Bassetti non può non saperlo, se non vive su un altro pianeta.
E infatti corregge ancora una volta il tiro:
“Così com’è ora, (il ddl Zan) è un testo che si presta ad essere interpretato in varie maniere e può sfociare in altre tematiche che nulla hanno a che vedere con l’omofobia, gli insulti o le violenze. Ecco: come cittadino ho diritto di chiedere che scrivano una legge chiara, in modo che non abbia infiniti sensi e interpretazioni”.
Altra balla. Il testo del ddl si compone di tre parti: nel primo articolo, definisce il proprio campo di applicazione, dicendo cosa si intende per sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere (più chiaro di così…). Poi enuncia le modifiche al codice penale necessarie per equiparare gli atti di omotranfobia agli altri crimini d’odio già previsti dalla legge. Quindi, dopo aver specificato che l’espressione di semplici idee e convincimenti non costituisce reato, individua alcune misure in positivo: azioni educative, giornata contro l’omotransfobia.
Le “tematiche che nulla hanno a che vedere”, e cioè i babau del gender, dell’utero in affitto, del genitore uno e genitore due, sono del tutto assenti. Eppure sono proprio queste ulteriori balle, che Bassetti vuole mettere in campo:
“(Preoccupa) che, nella formulazione, non si sconfini in altri campi, in terreni pericolosi come la cosiddetta “identità di genere”. Una simile confusione antropologica mette in discussione la differenza uomo-donna e per noi è inaccettabile (…) Una legge deve tutelare le garanzie e i valori fondamentali. La distinzione fra uomo e donna esiste. Per chi è credente viene da Dio, chi non crede dice invece dalla natura, ma esiste”.
Sono le stesse volgarità di Pillon e compagnia leghista quando affermano che, con la legge Zan, ci si potrà alzare al mattino dicendosi maschio, femmina o cavallo a piacimento. Solo, Bassetti parla in modo un po’ più raffinato.
E, dopo questa serie di fanfeluche, arriva la ricetta (anche questa, abbastanza degna di Pinocchio):
“Non sta a me, come vescovo, fare le leggi. Da cittadino noto che il testo è scritto male. (…) Più che affossata, la legge andrebbe corretta”.
E’ possibile che il presidente della Conferenza Episcopale Italiana sia così disinformato su ciò che prevede la Costituzione della Repubblica Italiana in materia di formazione delle leggi? Dobbiamo davvero credere che non sappia che, correggere in Senato un testo di legge già approvato alla Camera (cosa di cui nessuno di noi sente il bisogno), impone poi di rimandarlo alla stessa Camera nella speranza che non imponga ulteriori “correzioni”? Davvero non si rende conto che le sue parole vanno lette: “il ddl Zan, più che affossarlo bisogna affossarlo“?
Una cosa ha detto, di saggio, il cardinale presidente: “non sta a me, come vescovo, fare le leggi“.