Sulla strada del mio coming out come gay cristiano
Testo di Brandon Wallace pubblicato sul blog The Gay Christian (USA) il 17 maggio 2013, liberamente tradotto ada Silvia Lanzi
Ognuno ha un posto speciale. Uno che balza vivido nei suoi ricordi. Il mio è le Highland. Si tratta di un’enorme strada a quattro corsie che attraversa Memphis (Stati Uniti) da nord a sud, e del complesso abitativo che da questa prende il suo nome. Sono cresciuto vicino alle Highland, ho fatto le elementari vicino alle Highland, ho dormito per la prima volta fuori di casa, ho dato il mio primo bacio, ho guidato per la prima volta alle Highland. Il mio ristorante preferito, il mio college… tutto alle Highland. Ho fatto coming-out con mia madre nel viaggio in macchina verso le Highland. È un posto speciale.
Ma, molto prima di fare coming-out con lei, l’ho dovuto fare con me stesso, poi l’hanno fatto i miei amici con me, e io con loro. Ho avuto la mia prima cotta a quattro anni. I migliori amici dei miei genitori avevano un figlio che aveva solo un anno più di me. Alto, intelligente, carino: proprio il mio tipo. A quattro anni comunque. Ricordo che mi piaceva, ma ero davvero giovane. È stata la mia prima cotta, poi non ricordo nessuno che si sia interessato a me fino alla fine delle elementari.
In quinta sono stato vittima di bullismo. Credo che questo non vi dirà molto; c’è qualcuno che non è stato vittima di bullismo alle elementari? Il tizio era grande, più grande di me, e così i suoi amici, ma, fisicamente non mi hanno fatto male più di tanto. Aveva questi meravigliosi zigomi e delle labbra così piene. Ho sempre voluto baciarle. Erano talmente carini, proprio come ci si aspetta dovrebbero esserlo dei ragazzini prepubescenti. Dalla loro meschinità, ho imparato delle cose. Ho imparato che puoi uscire da brutte situazioni anche solo parlando. E che talvolta dovevi soltanto startene tranquillo. E ho imparato una parola nuova, una parola che adesso è essenziale per il mio vocabolario di attivista.
Non sapevo bene cosa volesse dire. Non sapevo se si potesse davvero applicare a me, o se il mio bullo a scuola, con le sue belle spalle larghe e le gambe muscolose, mi avesse chiamato con un nome nuovo. Così ho preso un vocabolario. Sono andato alla G, e, davanti a me, si è aperto un nuovo mondo. Ho imparato cosa significassero le parole GAY, OMOSESSUALE, BISESSUALE e SESSUALITÀ. Ho imparato che il bullo della mia scuola (e la mia seconda cotta) aveva detto che mi piacevano i ragazzi. Ed era vero, e quindi la sua calunnia non contava nulla.
Ecco come ho scoperto che c’era una parola per quello che ero. Ma credo che il fatto di essere OMOSESSUALE non mi colpisse molto prima del liceo. Ero in classe e stavo parlando di ragazzi carini con due delle mie migliori amiche, una delle quali era anche la migliore amica della mia ragazza di allora. Mi piacevano un sacco di ragazzi, ma non mi ero reso conto del fatto che MI PIACEVANO I RAGAZZI, fino ad una domenica in chiesa. Frequentavo una chiesa abbastanza conservatrice vicino alle Highland.
Una domenica (mi ricordo che era proprio il periodo in cui il Tennessee aveva votato un emendamento sul “matrimonio tradizionale”), il mio pastore fece un’omelia sullo “STILE DI VITA omosessuale”. Iniziò spiegando COME vivevano queste persone e che avevano club, bar, gruppi e un intero stato! Ero così assorto nella prima parte del sermone che non feci attenzione alla seconda metà nella quale disse dove sarebbero dovuti andare (la mia migliore intuizione era che fosse un posto un pochino più caldo delle Bermuda in estate).
Ho iniziato a pensare… essere gay è uno stile di vita? Non possono piacermi i ragazzi e basta? Non dovevano piacermi i ragazzi ma uscire con le ragazze, visto che era quello che ci si aspettava da me? Quel pastore battista mi aveva dato la notizia migliore che un gay potesse avere! Così smisi di parlare alla mia ragazza (infine lei mi scaricò la domenica del Super Bowl), smisi di uscire con le ragazze e iniziai ad interessarmi di più ai ragazzi
Ero al secondo anno del liceo quando ebbi il mio primo ragazzo. Anche lui abitava vicino alle Highland. Per incontrarci bastavano pochi passi. Camminammo, e parlammo, per ore. La cosa stava diventando seria (l’amore del liceo non è sempre amore vero?) così decisi di dire a mia madre che mi piacevano i ragazzi per non scioccarla quando avessi portato a casa un ragazzo nero.
In retrospettiva non avrei dovuto farlo mentre tornavamo alle Highland dalla drogheria. Dico, avrebbe potuto ucciderci. Lei iniziò a guardare me e non la strada. Avrei facilmente potuto morire là. Fortunatamente non morii sull’Highland. Mi piacerebbe poter dire che con i miei andò tutto bene, ma non è così. Gli ci sono voluti anni per accettare la cosa. Ma, alla fine, sono fiero di aver fatto coming-out con loro. È molto più semplice vivere liberamente.
Per i diritti dei gay sono stato in TV e sui giornali, e ho fatto attivismo anche nella capitale, e sono perfettamente a posto solo essendo me stesso. Non devo spiegare niente a un parente che per caso mi incontra ad una riunione politica o da qualche altra parte. Sono io, e adesso tutti lo sanno.
Testo originale: Coming Out Friday: Preston Blair