Sulla via sinodale con i gay cattolici
Riflessioni di fra Timothy Radcliffe* pubblicate sul quotidiano L’Osservatore Romano (Città del Vaticano) il 19 settembre 2024
Nel 1986 la mia comunità domenicana di Oxford organizzò una conferenza sulla Chiesa e l’Aids. Rimasi commosso dall’amore, dal coraggio e dalla resilienza con cui i cattolici gay rispondevano a questa crisi e dai doni meravigliosi che essi portavano alla Chiesa. Qualche anno dopo, sono stato invitato a volte a presiedere a Londra le messe per i cattolici gay e lesbiche.
Quando la cura pastorale di quella comunità fu integrata formalmente nella missione dell’arcidiocesi di Westminster, il cardinale Murphy O’Connor mi chiese di continuare.
Queste messe sono come tutte le altre. Le persone gay non hanno bisogno di una liturgia speciale. Poiché molti si sono sentiti rifiutati dalla Chiesa, hanno bisogno di una comunità che li accolga calorosamente.
L’orientamento sessuale non dovrebbe essere al centro dell’identità di nessuno Essa risiede nella nostra capacita di amare e quindi di entrare nel mistero dell’amore sconfinato di Dio.
Il cardinale Basil Hume ha scritto: «L’amore tra due persone, siano esse dello stesso sesso o di sesso diverso, va custodito e rispettato. “Gesù amava Marta, sua sorella e Lazzaro”, leggiamo (Giovanni, 11,5). Quando due persone amano, sperimentano in modo limitato, in questo mondo ciò che sarà la loro gioia infinita quando saranno insieme a Dio nell’aldilà. Amare un altro è infatti tendere la mano a Dio, che condivide la sua amabilità con la persona che amiamo». La sfida, per le persone gay come per tutti, è imparare a esprimere l’amore in modo appropriato, rispettando la dignità dell’altro come figlio di Dio.
Alcuni contestatori si sono spesso riuniti fuori dalla chiesa, denunciandoci di aver rifiutato l’insegnamento della Chiesa. Non è cosi. Sono convinto della sapienza fondamentale dell’insegnamento della Chiesa, ma ancora non capisco completamente come esso debba essere vissuto dai giovani cattolici gay che accettano la loro sessualità e desiderano giustamente esprimere il loro affetto.
Ciò non può avvenire solo attraverso la negazione del desiderio. Per san Tommaso d’Aquino le nostre passioni sono la forza motrice del nostro ritorno a Dio I nostri desideri sono dati da Dio. I desideri hanno bisogno di essere educati, purificati e liberati da una fantasia illusoria, ma in tutti i desideri c’è un desiderio di ciò che è buono e di Dio.
I comandamenti non sono dati per negare i nostri desideri, ma per indirizzarli verso il loro vero fine. Sono la porta d’accesso alla libertà. A Israele sono stati dati i dieci comandamenti per formarlo all’amicizia con Dio e, ultimamente, con Colui che disse ai suoi discepoli: «Vi ho chiamati amici».
Attraverso la conversazione con cattolici gay maturi, che hanno sperimentato il viaggio verso la serenità e la felicità, scopriremo meglio come questo desiderio possa essere reso santo.
La via sinodale è quella di parlare “con” le persone, non solo “di” loro. «La realtà è più importante dell’idea» (Evangelii gaudium, 231). L’insegnamento della Chiesa si sta già sviluppando, man mano che viene rinfrescato dall’esperienza vissuta: le persone gay non sono più viste solo in termini di atti sessuali, ma come nostri fratelli e sorelle che, secondo Papa Francesco, possono essere benedetti.
La mia intuizione è che la maggior parte dei cattolici gay che hanno relazioni mature e impegnate, di solito, vanno oltre il solo interesse per il sesso. Ciò che cercano soprattutto sono «amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, generosità, fedeltà, mitezza e autocontrollo. Non c’è legge che vieti queste cose» (Galati, 5,225).
L’accoglienza delle persone gay è vista in alcune parti della Chiesa come una prova della decadenza occidentale. Ma la Chiesa deve lottare per la vita e per la dignità delle persone gay, ancora passibili di pena capitale in dieci Paesi e di un procedimento penale in settanta. Hanno il diritto di vivere. E i cattolici provenienti da altri continenti, che faticano a comprendere il nostro approccio pastorale nei confronti delle persone gay, hanno doni di cui la Chiesa in Occidente ha bisogno: spesso un profondo senso dell’Ubuntu “io sono perché noi siamo” e della vita divina di tutta la creazione. Essi sfidano la “cultura della morte” che infesta l’Occidente. Il Corpo di Cristo ha bisogno di tutti i nostri doni. Siamo portatori del Vangelo gli uni per gli altri.
*Timothy Radcliffe, O.P. , è un teologo e presbitero domenicano della Provincia d’Inghilterra. È stato maestro dell’Ordine dei Predicatori dal 1992 al 2001, l’unico membro della provincia inglese dell’ordine a ricoprire tale carica. Radcliffe è stato direttore del Las Casas Institute di Blackfriars, Oxford, che promuove la giustizia sociale e i diritti umani ed è un sostenitore dell’inclusione dei cattolici LGBT nella chiesa.