Sull’omosessualità bisogna imparare a leggere la Bibbia alla luce del nostro tempo
Testo pubblicato sul sito della Enciclopedia Digital Theologica Latinoamericana (Brasile), liberamente tradotto da Claudia Iuzzolino, parte seconda
La Chiesa dimostra che la prima regola dell’evangelizzazione è predicare la Parola di Dio adattandola alla realtà di ogni popolo, come dice il Concilio Vaticano II (1962-1965). Ci dev’essere uno scambio continuo tra la Chiesa e le varie culture; perciò essa necessita dell’aiuto di coloro che conoscono bene le varie istituzioni e le varie discipline, che siano credenti o meno.
I fedeli devono conoscere e interpretare i vari linguaggi, o segni dei nostri tempi, per valutarli adeguatamente alla luce della Parola di Dio, di modo che la verità rivelata sia percepita e compresa meglio e presentata in maniera conveniente. La corretta evangelizzazione, quindi, è un cammino a due sensi di scambio tra la Chiesa e le culture contemporanee.
La fede cristiana ha bisogno di dialogare con le conoscenze legittime; possiamo sapere che cosa significa la Parola di Dio oggi, e che implicazioni ha, solo con una sufficiente conoscenza della realtà attuale, che include la visibilità della comunità LGBT, il riconoscimento dei suoi diritti umani e della sua cittadinanza.
Non possiamo trascurare ciò che il libro sacro dei cristiani dice sull’attrazione tra persone dello stesso sesso, né gli sviluppi storici che ne sono seguiti, ma questo problema deve essere affrontato in modo approfondito, andando oltre la superficie.
La rivelazione divina, testimoniata nella Bibbia, si esprime in vari modi; secondo il Concilio, il lettore deve cercare il significato che gli autori sacri, in determinate circostanze e secondo le condizioni del loro tempo e della loro cultura, intendevano esprimere, usando i generi letterari allora utilizzati. Bisogna tener conto dei modi propri di percepire, di dire e di narrare dei loro tempi, così come dei modi che erano frequentemente usati nei rapporti tra gli uomini di quell’epoca.
Nell’ebraismo antico si credeva che l’uomo e la donna fossero stati creati l’uno per l’altra, per unirsi e procreare; ciò presuppone un’eterosessualità universale, espressa nell’imperativo “Crescete e moltiplicatevi” (Genesi 1:28).
Questo è stato scritto al tempo dell’esilio ebraico a Babilonia, con lo scopo di far sopravvivere la nazione e la religione quando crescere era fondamentale per un popolo espulso dalla propria terra e sottomesso a una potenza straniera. Senza negare il piano divino dell’espansione dell’umanità sulla terra, in quel momento il bisogno di sopravvivenza era urgente, per ciò che concerne il popolo ebraico.
Il seme dell’uomo conteneva presumibilmente l’intero essere umano, e doveva essere posto nel grembo della donna, proprio come il seme è depositato nella terra; non si conosceva l’ovulo. Il nome stesso dello sperma è legato al seme; non dovrebbe mai essere sprecato, come mostra la storia di Onan: egli sposò Tamar, la vedova di suo fratello Her, che morì senza avere discendenti.
Secondo la legge (Deuteronomio 25:5-10) Onan avrebbe dovuto assicurare una discendenza a suo fratello, e il primo figlio maschio avrebbe dovuto avere il nome del fratello defunto, Her, ma Onan praticò il coito interrotto, eiaculando fuori dalla vagina di sua moglie e impedendole di concepire. Onan fu fulminato da Dio come punizione per questa trasgressione (Genesi 38:1-10).
È in questo contesto che il rapporto sessuale tra due uomini era inammissibile, Israele doveva distinguersi dalle altre nazioni in diversi modi: con il suo culto, la sua legge e le sue usanze, secondo il codice di santità del libro del Levitico. Questo include il divieto di omoerotismo, considerato come un abominio (Levitico 18:22). È anche severamente vietato lavorare di sabato, mangiare carne di maiale o frutti di mare, tagliare capelli e barba, toccare una donna nel periodo delle mestruazioni, indossare abiti intrecciati con due specie di filo, piantare semi di specie diverse nello stesso campo e accoppiare animali di specie diverse.
Quando il cristianesimo, nato in seno a Israele, si diffuse tra i popoli non ebrei, la santità del Levitico non divenne la norma per questi popoli, ma il divieto dell’omoerotismo sì, come si vedrà più avanti.
A questo divieto si aggiunse la storia di Sodoma e Gomorra, il cui peccato gridò al cielo e portò alla punizione divina distruttiva (Genesi 19). Il peccato era quello di rifiutare l’ospitalità a coloro che visitavano il patriarca Lot, fino al punto di tentare di violentare questi visitatori.
La violenza sessuale era spesso una forma di umiliazione imposta dagli eserciti vincitori ai vinti. Inizialmente, il crimine di Sodoma era visto come “orgoglio, gola, pigrizia e abbandono dei poveri e dei bisognosi” (Ezechiele 16:49). Per mezzo del profeta, il Signore dice: “Erano superbi e commisero abomini davanti a me” (Ezechiele 16:50); diversi secoli dopo, tale peccato è stato identificato con l’omoerotismo, ma in origine non aveva nulla a che fare con l’amore omosessuale, e nemmeno con le relazioni sessuali liberamente consensuali tra persone adulte dello stesso sesso.
Nel Nuovo Testamento la Lettera ai Romani afferma che chi ama il prossimo ha adempiuto la legge, poiché i comandamenti possono essere riassunti nell’amare il prossimo come se stesso (Romani 13:8-10). Questo è lo spirito dei comandamenti e il criterio della loro interpretazione, ma nel rifiutare il politeismo, l’apostolo Paolo lo associa all’omoerotismo (Romani 1:18-32). I pagani sono accusati di non adorare un unico Dio, bensì le creature, e di permettere quella pratica sessuale vista come un abominio dagli ebrei. Tale comportamento è considerato punizione divina a causa di una pratica religiosa sbagliata: “Per tutto questo, Dio li ha abbandonati a passioni vergognose”.
Altri scritti paolini condividono la stessa posizione, dato che i probabili riferimenti all’omoerotismo sono legati all’idolatria e all’irreligione (1 Corinzi 6:9-11; 1 Timoteo 1:8-11). Nel contesto giudaico-cristiano dell’antichità, questo argomento era comprensibile; non esisteva alcun concetto di “orientamento sessuale”, struttura profondamente radicata nella persona con una relativa stabilità, che la conduce all’attrazione verso il sesso opposto o verso lo stesso sesso. L'”orientamento sessuale” non ha nulla a che fare con la fede in uno o più dei, o con qualsiasi pratica religiosa, ma nel contesto dell’antichità la Chiesa ha ereditato la visione antropologica ebraica dell’eterosessualità universale, con le sue interdizioni.
Oggi, tutto questo dovrebbe essere preso in considerazione. La religione cristiana si è espansa ed è diventata egemonica in molti Paesi, diventando una religione di Stato, e l’omoerotismo è stato classificato come “sodomia” e criminalizzato per molti secoli.
Per la Chiesa la sodomia era un crimine orrendo: provocava l’ira di Dio al punto da provocare tempeste, terremoti, pestilenze e carestie che distruggevano intere città, era una cosa indegna di essere nominata, un “peccato nefasto” di cui non si dovrebbe nemmeno parlare, tanto meno commettere. I tribunali civili ed ecclesiastici, come l’Inquisizione, giudicavano gli accusati di questo crimine; i colpevoli venivano consegnati al potere civile per essere puniti, anche con la morte.
Con l’avvento dell’Illuminismo e della ragione autonoma, indipendente dalla Rivelazione, la pratica sessuale esercitata senza violenza o pubblica indecenza non era più sottoposta al controllo della legge. Iniziò una crescente depenalizzazione della sodomia; la modernità avviata dall’Illuminismo ha portato alla separazione tra Chiesa e Stato, all’autonomia delle scienze e ai diritti umani, che limitano il potere del sovrano sul suddito ed espandono la libertà della persona in relazione alla collettività.
Nel diciannovesimo secolo il termine sodomia fu sostituito da “omosessualità” e la questione è stata portata dalla sfera religiosa e morale a quella medica, infatti quello che fino ad allora era stato visto come un abominio, ora è considerato una malattia. Per molti decenni le persone omosessuali sono state internate nei manicomi, e si è arrivato persino a utilizzare l’elettroshock durante il trattamento medico di queste persone.
Dal 1970 c’è stata una progressiva depatologizzazione dell’omosessualità, guidata dalla crescita del movimento gay. Nel 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha rimossa dalla lista delle malattie. Le organizzazioni di medici e psicologi dichiararono che l’omosessualità non era né una malattia, né un disturbo, né una perversione e vietarono ai loro professionisti di collaborare a servizi che ne proponessero trattamenti o cure.
Quindi, alcune persone sono gay o lesbiche e lo saranno per tutta la vita, non è una questione di scelta, ma di condizione o orientamento. Per quanto riguarda i travestiti e i transessuali, i trattamenti ormonali sono consentiti oggigiorno anche nella rete sanitaria pubblica eda è consentito il cambio ufficiale di nome all’anagrafe.
Testo originale: Pastoral de los LGBT