Sull’omosessualità i testi biblici vanno letti nel loro contesto

Lettera aperta* dell’organizzazione Avventista LGBTQ+ Kinship DA-CH** inviata ai responsabili della Chiesa Avventista del Settimo Giorno di lingua tedesca il 4 ottobre 2024, parte terza. Liberamente tradotta dai volontari del Progetto Gionata
Fino a oggi, i testi dell’Antico Testamento e alcune epistole di Paolo vengono spesso citati per condannare le persone che vivono relazioni omosessuali. Tuttavia, questo approccio è problematico, perché non sempre tiene conto delle differenze tra il mondo in cui quei testi furono scritti e la realtà contemporanea, soprattutto in materia di sessualità e identità di genere.
Ad esempio, nel primo capitolo della Lettera ai Romani (Romani 1:18-32), Paolo usa la degenerazione sessuale come un esempio visibile della corruzione dei popoli pagani. Il suo ragionamento segue un modello comune nel giudaismo dell’epoca: secondo questa logica, l’allontanamento da Dio avrebbe portato alla degradazione morale, culminando in atti sessuali innaturali.
Tuttavia, molti credenti queer si sono chiesti per anni: “Quando avremmo disprezzato Dio e rifiutato di conoscerlo?” “Quando avremmo abbandonato la fede per darci a passioni disordinate?” La risposta è chiara: mai! Fin dall’infanzia, queste persone hanno amato Dio sinceramente e hanno scoperto gradualmente la propria identità sessuale come parte della loro natura. Non hanno scelto nulla, né hanno abbandonato nulla.
Oggi, alcuni sostenitori della posizione Side B riconoscono che l’orientamento omosessuale in sé non è peccaminoso, ma ritengono peccaminoso qualsiasi atto d’amore tra due persone dello stesso sesso. Tuttavia, leggendo con attenzione il testo di Romani, è evidente che Paolo collega gli atti sessuali tra uomini alla degenerazione morale e all’idolatria. L’idea che le persone queer possano essere fedeli cristiani, con una vita spirituale autentica e ricca, semplicemente non era contemplata nel contesto culturale dell’epoca.
Per molto tempo, si è evitato di considerare le conseguenze che l’applicazione indiscriminata di questi testi ha avuto sulle persone queer. Il linguaggio di condanna presente in alcuni passi biblici è stato trasferito in modo diretto e senza sfumature sulla vita delle persone LGBTQ+, generando odio, discriminazione e sofferenza.
Prendiamo l’esempio della città di Sodoma. Per secoli, si è detto che Dio l’avrebbe distrutta a causa dell’omosessualità dei suoi abitanti. Oggi, persino molti teologi conservatori riconoscono che il vero peccato di Sodoma era l’ingiustizia e la violenza sessuale, non le relazioni omosessuali consensuali. Tuttavia, il termine “sodomia” ha continuato a essere usato per condannare ogni forma di amore tra persone dello stesso sesso, alimentando secoli di persecuzioni e discriminazioni.
Ogni interpretazione della Bibbia che continua a trasferire direttamente nel presente condanne così rigide diventa, volontariamente o meno, un sostegno alla discriminazione. Se la chiesa non si distanzia da questa lettura, non avrà strumenti credibili per difendere i diritti delle persone queer e continuerà a restare in silenzio quando queste vengono emarginate.
Alcuni credenti queer si vedono come il simbolo vivente della rottura dell’umanità a causa del peccato. Per anni, hanno cercato di reprimere il proprio desiderio di affetto e di compagnia, arrivando persino a odiarsi. In questo senso, l’interpretazione tradizionale della Bibbia ha delle responsabilità, perché ha contribuito alla sofferenza e alla solitudine di molte persone nelle nostre comunità.
La creazione e il bisogno di compagnia
Nel racconto della creazione, Dio dichiara: “Non è bene che l’uomo sia solo. Gli farò un aiuto che gli sia simile” (Genesi 2:18). Questo passaggio è spesso usato per affermare che l’unico modello di relazione valido sia quello tra uomo e donna. Ma la domanda è: quando il testo parla dell’amore tra Adamo ed Eva, include anche la minoranza queer? Se non possiamo esserne certi, come possiamo derivarne una legge universale che neghi loro la possibilità di una relazione?
È giusto imporre loro una solitudine obbligatoria, proprio quella condizione che Dio stesso ha dichiarato “non buona”?
La condanna dell’amore tra persone dello stesso sesso non si basa su ragioni etiche chiare. Chi viene danneggiato quando due persone dello stesso sesso si amano? In che modo minacciano il matrimonio tra uomo e donna? Che male fanno alla società se vivono una relazione monogama, stabile e fondata sulla responsabilità reciproca?
D’altra parte, quali danni si causano quando l’amore queer viene dichiarato peccaminoso e chi lo vive viene costretto al celibato?
La chiesa dovrebbe riflettere seriamente su questi interrogativi, invece di limitarsi a ripetere interpretazioni tradizionali senza considerare le loro conseguenze pratiche.
*Il 4 ottobre 2024, l’organizzazione avventista LGBTQ+ Kinship DA-CH presente in Germania, Austria e Svizzera, aderente a Seventh-day Adventist Kinship International, ha inviato una lettera aperta ai dirigenti della Chiesa Avventista nei paesi di lingua tedesca. L’obiettivo è promuovere un dialogo per una maggiore comprensione della difficile situazione vissuta dagli avventisti queer e favorire relazioni più costruttive. La lettera, di 11 pagine, è stata scritta in tedesco e inglese.
** Seventh-day Adventist Kinship International è un’organizzazione fondata nel 1976 a Palm Desert, California (USA), con l’obiettivo di supportare gli avventisti LGBTQIA+ (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, asessuali e intersessuali) e i loro sostenitori, offrendo un ambiente sicuro per la crescita spirituale e il dialogo.
SDA Kinship Europe è la sezione europea di Seventh-day Adventist Kinship International, che è presente in tutto il mondo con circa 5.500 membri in 112 paesi (dicembre 2024).. Non è affiliata ufficialmente con la Chiesa Avventista del Settimo Giorno ma opera per promuovere l’inclusione e il dialogo all’interno della comunità avventista, fornendo sostegno a chi cerca di conciliare la propria fede con la propria identità queer.
Testo originale: Open letter from SDA Kinship DACH to the leaders of the Inter-European Division of Seventh-day Adventists (file PDF)