T come transcendenza. Quale spiritualità sa parlare alle persone Transgender
Riflessioni di Cyane Dassonneville pubblicate sul sito txy (Francia) il 23 maggio 2014, liberamente tradotte da Luca Canetti
Esiste una spiritualità Trans? La questione è spinosa è indubbiamente mal posta. Sarebbe assolutamente giudizioso chiedersi qual è il posto della transidentità nella spiritualità, da sapere: le religioni, le mitologie e le cosmogonie che esistono o che sono esistite.
Nonostante il fatto che il dogma religioso passi questa questione sotto un silenzio imbarazzato senza che nessuno di queste la condanni, è onnipresente in modo ontologico, genesiaco e metaforico frutto di un’ermeneutica non facilissima da capire alla prima lettura.
Cerchiamo comunque di capirci qualcosa e probabilmente ci troveremo dei semi di una metafisica trans che vedremo germinare nella nostra epifania. Gli dei non si imbarazzano dei generi, anzi ci ridono sopra, confondono le piste a piacimento secondo i loro disegni, poveri noi uomini che siamo infagottati nel nostro apparente dualismo.
Se dal punto di visto della norma la transidentità appare come una trasgressione, sul piano spirituale diventa transcendenza, un’alternativa al paradigma della diversità, che h forgiato la nostra società fregandosene in modo assoluto della reale pluralità della nostra umanità.
Tutti questi testi, queste tradizioni, questi rituali iniziatici, queste culture e costumi che testimoniano un’unicità compatta o il genere non sarebbe altro che un’illusione? Ciò ci conduce al mito dell’androgino. Nel Simposio di Platone è considerato come una dicotomia dell’uomo primordiale.
Secondo Scoto Eriugena, la divisione delle sostanze è iniziata in Dio per essere portata a compimento nell’uomo maschio e femmina, ciò che permette alla divinità di riunificarsi, la riunificazione dell’uomo nella sua unicità sarebbe allora seguita dalla riunione escatologica della terra e del cielo, poiché la separazione sarebbe la conseguenza del peccato originale.
Alcune sette gnostiche descrivono Adamo, l’uomo primordiale, come un essere androgino, Simon Mago lo chiamava «arsenothèlys» (uomo/femmina). Il Vangelo apocrifo di Tommaso ci dice: «… E se fate il maschio e la femmina allora entrerete nel regno.»
Questo approccio è comune a tutte quelle cosmogonie che spiegano il mondo a partire da una totalità primordiale in forma di sfera, l’uovo cosmogonico. Nei misteri di Ercole il dio e gli iniziati erano travestiti da donna, Dioniso è un dio bisessuato, nei frammenti di Eschilo alla sua vista si esclama: «Da dove vieni, uomo donna?».
In parecchie popolazioni africane primitive, australiane e polinesiane, l’iniziazione alla pubertà implica l’androginia del neofita: alcuni riconoscono ai trans dei poteri sciamanici, è spesso una benedizione avere un bambino dall’identità trans in seno alla famiglia.
Non dimentichiamoci lo status particolarissimo di cui godono i “Two Spirits” amerindi e degli Hijas in India, Pakistan e Bangladesh e dovunque ci siano gruppi sociali emarginati: questi vengono considerati mediatori tra l’uomo e gli dei, che si fanno rispettare spaventando.
Arjuna, l’eroe mitico del Mahabharata ha dovuto travestirsi da donna per sette anni dopo aver nascosto le sue armi sotto un albero di acacia, assumerà l’identità di Brihannada, maestro di danza. Per la metafisica tantrica, l’unità primordiale è incarnata in Shiva e Shakti, mentre la dimensione escatologica è garantita dall’unione queste due polarità nel proprio corpo in modo che si svegli la Kundalini.
Tutto ciò significa che la transidentità sarebbe un appello disperato dello spirito per vivere in sé stessi ciò che Mircea Eliade definisce «coencidentia oppositorum»? È una domanda che per quanto mi riguarda è sempre rimasta in sospeso finché io non avrò trovato ciò che mi permetterà di vivere la mia transidentità in armonia col mio percorso iniziatico.
Non si tratta quindi di andare da un punto A maschile ad un punto B femminile, in quanto se la questione si riducesse a questo si causerebbe soltanto delle frustrazioni, in quanto il punto B non lo si raggiunge mai completamente, ma di accettare la propria identità di transessuale come una comunione degli opposti e uscire completamente dalla questione del genere.
Ho una teoria secondo la quale è possibile che lo spirito asessuato sente il bisogno di vivere l’esperienza dell’andare oltre al paradigma del molteplice per scoprirsi in tutta la sua unicità. Si tratta di una teoria a cui credo fermamente, in quanto al di là del conforto che mi procura, mi sembra molto seducente.
In questo nostro percorso, abbiamo trovato una magnifica opportunità per riflettere e per porci delle domande, dunque non stiamo a discutere sul sesso degli angeli e cerchiamo di andare oltre, anche perché il silenzio è il primo passo verso la scoperta del proprio IO.
Testo originale: T comme Transcendence (Et Dieu dans tout ça?)