Taking a chance on God. La lotta di un gesuita per i diritti degli omosessuali
Articolo di Jamie L. Manson* tratto dal The National Catholic Reporter, 18 giugno, 2012, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Nel periodo della battaglia pubblica della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti contro il matrimonio omosessuale e della condanna da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede del libro di etica sessuale di suor Margaret Farley “Just love” (Solo l’amore) è difficile ricordarsi dei tempi in cui la Chiesa Cattolica Romana non era ossessionata dalle questioni LGBT.
In “Taking a chance on God”(Scommettere su Dio) il regista irlandese Brendan Fay ci ricorda non solo che questa lotta è relativamente nuova nella storia della Chiesa, ma anche che lo slancio di questo movimento è cominciato con un prete coraggioso e la rottura causata dal suo libro.
Il film offre un ritratto di John McNeill, il sacerdote Gesuita che venne ridotto al silenzio nel 1977 a causa del suo libro “The Church and the homosexual” (La Chiesa e l’omosessualità, Mondadori 1979) e che nove anni dopo venne espulso dal suo ordine per essersi rifiutato di interrompere il suo ministero a gay e lesbiche Cattolici.
Il film ha avuto la sua prima newyorchese durante le celebrazioni per il quarantesimo anniversario della sezione di New York di Dignity USA, la comunità che McNeill ha contribuito a fondare. Il documentario include numerosi e acuti interventi del sacerdote attivista Dan McCarthy, della teologia Mary Hunt, del sacerdote omosessuale dichiarato Bernard Lynch, dell’attivista per i diritti gay Ginny Appuzzo e del defunto attivista Gesuita Robert Carter.
Il documentario di Fay offre un ritratto completo della vita di McNeill, che costituisce una finestra sulla lotta di liberazione dei gay sia nella Chiesa che nella società, sul terribile sfondo della crisi causata dall’AIDS. Due sezioni del film sono particolarmente significative: la chiamata di McNeill al sacerdozio e il suo raccogliere le forze per rifiutare il silenzio impostogli dal Vaticano.
Nato e cresciuto a Buffalo, nello stato di New York, McNeill si arruolò a 17 anni e partì per la seconda guerra mondiale. Venne subito mandato in fanteria e poi al fronte. Nella prima battaglia la sua compagnia venne decimata, da 190 uomini a 29. I carri armati tedeschi li circondarono e McNeill venne preso prigioniero dai nazisti.
Venne fatto salire su un vagone merci e spedito in un campo di internamento in Germania, vicino al confine polacco. Durante il viaggio, privi di cibo e di acqua, molti uomini del suo vagone perirono. McNeill sopravvisse leccando il gelo dalle sue unghie.
I nazisti continuarono a fare soffrire la fame ai prigionieri mentre lavoravano nel campo. Ridotto a pesare 36 chili, un giorno notò un prigioniero-schiavo polacco intento a mescolare un pastone di patate e carote destinato ai cavalli. Il prigioniero ebbe compassione di lui e di nascosto gli passò una patata. Quando McNeill espresse la sua gratitudine all’uomo, questi rispose facendosi il segno della croce.
“In quel momento capii molte cose” riflette “che la sua fede gli dava il coraggio di rischiare la vita per dare da mangiare a un perfetto estraneo. Desideravo quel tipo di fede e quel tipo di coraggio per essere pronto a rischiare la vita per aiutare qualcuno che ne avesse bisogno.”
Dopo la guerra McNeill sentì che la vocazione lo indirizzava verso i Gesuiti, venne ordinato all’Università di Fordham e in seguito mandato all’Università di Lovanio, in Belgio, per studiare teologia dogmatica e morale.
La sua vita da attivista cominciò mentre insegnava etica all’Università LeMoyne a Syracuse nello stato di New York; McNeill divenne un forte oppositore della guerra del Vietnam. Il suo passato di prigioniero di guerra diede alla sua crociata molta credibilità.
Dopo i moti di Stonewall del 1969 il suo attivismo prese una nuova piega e diventò un difensore dei gay e delle lesbiche. Si oppose alle personalità anti-gay come la cantante Anita Bryant e lo psichiatra Charles Socarides scrivendo una serie di articoli che affermavano la bontà di gay e lesbiche ed esploravano la santità dell’amore tra coppie dello stesso sesso.
Gli articoli divennero così influenti e importanti che numerosi studiosi incoraggiarono l’autore a raccoglierli in un libro. Il manoscritto venne esaminato da sette teologi Gesuiti, i quali approvarono senza riserve il contenuto. McNeill lo mandò allora al generale Gesuita Pedro Arrupe per avere il permesso di pubblicare il libro.
Arrupe approvò, e nel 1976 la raccolta di articoli venne pubblicata sotto il titolo “The Church and the homosexual”. Il libro prendeva di petto non solo il mondo Cattolico ma anche i grandi media. Tom Brokaw, Phil Donahue e Larry King intervistarono McNeill, che fece un coming out pubblico di fronte a 20 milioni di telespettatori del programma Today.
Il Vaticano fu meno entusiasta del successo del libro. Nel 1977 il cardinale Franjo Seper, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, diffidò McNeill dallo scrivere e parlare pubblicamente sull’omosessualità.
La sua devozione alla Società di Gesù e il “quarto voto” di obbedienza al Papa, tipico dell’ordine, lo costrinsero ad attenersi al silenzio. “C’è una certa ingenuità che si accompagna al sacerdozio quando, molto giovane, offri te stesso a qualcosa per la giusta causa.” spiega Bernard Lynch nel film “Penso che credesse, dato che credeva nel suo cattolicesimo, che la verità sarebbe venuta fuori.”
McNeill rimase in silenzio per nove anni, pur continuando a offrire piccoli raduni e aiuto a gay e lesbiche cattolici. Celebrò la messa per la sezione newyorchese di Dignity, che all’epoca si incontrava nella chiesa di san Francesco Saverio, una parrocchia gestita dai Gesuiti nel Greenwich Village a Manhattan. Esercitò la psicoterapia per la comunità gay e lesbica fino al 1983, quando l’allora cardinale Joseph Ratzinger mise fine a questo ministero.
Ma nei primi anni ’80, mentre l’AIDS cominciava a devastare le comunità gay della città, il silenzio divenne sempre più una forza mortale.
“Visitavamo i nostri malati, seppellivamo i nostri morti, ci servivamo l’un l’altro in amore e compassione” dice Ginny Appuzzo. Le vittime dell’AIDS morivano ad un ritmo allarmante, ma i leader della Chiesa e del governo sembravano impassibili di fronte alle grida dei malati, delle loro famiglie e degli amici. Al culmine della crisi dell’AIDS nel 1986, con quello che forse è stato il peggior tempismo, dal punto di vista pastorale, nella storia recente della Chiesa Cattolica Romana, il cardinale Ratzinger emanò, in quanto prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, la “Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali”, che definiva l’omosessualità come “un disordine oggettivo” e “una più o meno forte tendenza verso un intrinseco male morale.”
Dato che Dignity sosteneva le relazioni amorevoli e impegnate tra coppie dello stesso sesso, venne naturalmente espulsa dalle parrocchie cattoliche. Il film include delle straordinarie riprese di centinaia di uomini e donne membri di Dignity che sfilano in processione e vegliano a lume di candela sulla scalinata della chiesa di san Francesco Saverio e per strada.
“La gente aveva più che mai bisogno di Dio, ed ecco cosa aveva ottenuto” ricorda Lynch. La sofferenza silenziosa della crisi dell’AIDS e l’insensibilità della lettera obbligarono finalmente McNeill a rompere il silenzio: nel 1986 decise che in coscienza doveva continuare il suo ministero pubblico tra la comunità gay. “Volevo cancellare il senso di colpa e l’odio verso se stessi dei cattolici gay che credevano alla posizione della Chiesa sull’omosessualità” dice.
Per tutta risposta, i dirigenti Gesuiti della sua provincia vennero nel suo appartamento e gli lessero una lettera in latino che diceva che, a causa della sua “pertinace disobbedienza”, doveva fare i bagagli e andarsene immediatamente per non più ritornare.
Nonostante il sacerdote fosse profondamente ferito dalla sua espulsione, Fay mostra in che modo la vita di McNeill è fiorita fuori dalle mura della Chiesa istituzionale. Corona il film la commovente storia d’amore di McNeill, la relazione quarantennale con Charles Chiarelli. I due si sono legalmente sposati in Canada nel 2008.
McNeill ha continuato a scrivere e a organizzare ritiri in tutto il Paese e ha presieduto a innumerevoli liturgie per le varie sezioni di Dignity. Gene Robinson, il primo vescovo apertamente gay della Chiesa Episcopaliana, attribuisce il merito del suo coming out a un ritiro con McNeill.
Ora, all’età di 86 anni, la sua attività non è più quella di prima, ma continua a scrivere e a intervenire, come in occasione della prima newyorchese del documentario.
Fay in precedenza aveva diretto “Remembering Mychal” (Il ricordo di Mychal) e coprodotto “The Saint of 9/11” (Il Santo dell’undici settembre) , due documentari su Mychal Judge, il cappellano dei vigili del fuoco di New York morto nella tragedia del World Trade Center. McNeill era il consulente di Judge; i due sacerdoti avevano fondato negli anni ’80 The Upper Room AIDS Ministry, un’organizzazione che si occupava delle persone di strada malate di AIDS nel quartiere di Harlem. L’organizzazione è tutt’ora attiva sotto il nome di Harlem United.
Anche se la storia di McNeill è una storia di speranza e coraggio, un dolore non detto scorre lungo il film. La gerarchia è diventata ancora più reazionaria nel suo rifiuto delle relazioni omosessuali e nel suo mettere a tacere chi afferma la bontà e la santità delle persone LGBT. Non si può fare a meno di chiedersi se oggi il superiore generale di un qualsiasi ordine religioso approverebbe la pubblicazione di un libro come “La Chiesa e l’omosessualità”.
Ma gli spettatori saranno anche ispirati dal fatto che, solo 25 anni dopo l’espulsione di McNeill, i cattolici costituiscono i maggiori sostenitori dei diritti LGBT e del matrimonio omosessuale negli Stati Uniti.
Forse il più grande risultato del film di Fay è portare la storia di McNeill a un pubblico molto più vasto. E così facendo gli permette di continuare a rispondere alla prima chiamata di Dio: dedicare la vita, con fede e coraggio, a nutrire perfetti sconosciuti.
Per maggiori informazioni: http://takingachanceongod.com/
* Jamie L. Manson si è laureata alla Yale Divinity School, dove ha studiato teologia cattolica ed etica sessuale. Ha ricevuto un primo premio dalla Catholic Press Association per i suoi articoli sul National Catholic Reporter
Testo originale: New documentary depicts Jesuit’s struggle for LGBT rights