Le veglie ecumeniche contro il “peccato dell’omofobia”. Qualcosa stà cambiando!
Articolo di Giampaolo Petrucci tratto da Adista Notizie n. 37 del 8 Maggio 2010
Il 17 maggio 1990, l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) riconosceva che l’omosessualità non può essere considerata una patologia psicologica.
Per questa ragione, dal 2007, la data del 17 maggio è stata scelta per celebrare la “Giornata mondiale contro l’omofobia”. E sempre da quattro anni, nella settimana che precede la ricorrenza, in tutta Italia si celebrano veglie ecumeniche di preghiera in ricordo delle vittime della violenza omofobica.
Quelle di quest’anno si svolgono dal 10 al 17 maggio, sul tema “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?” (Rm 8,35), “perché – si legge sul portale www.gionata.org che sta promuovendo l’iniziativa – anche se le persone spesso non ci ascoltano, Dio saprà ascoltare le nostre preghiere che sapranno unirci al di là di ogni ‘differenza’”.
Le celebrazioni arrivano ad un mese circa da un evento particolarmente significativo nella vita delle comunità dei gay credenti italiani: il 1.mo Forum Italiano dei Cristiani Omosessuali, che si è tenuto dal 26 al 28 marzo scorsi ad Albano Laziale, al quale hanno partecipato oltre un centinaio di omosessuali credenti, convinti che “il tempo del silenzio” sia ormai giunto al termine (v. Adista n. 30/10).
Un appello a tutti gli “uomini di buona volontà”
Nei versetti “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?”, scrive Gianni Geraci (gruppo Guado di Milano) sul portale Gionata, “c’è davvero tutto quello che ci serve: dall’esortazione a vincere la paura, al ricordo della nostra fragilità, fino ad arrivare a una delle più belle confessioni di Fede che la Scrittura ci propone”.
È solo uno dei diversi messaggi ospitati dal portale Gionata-Progetto su fede e omosessualità, redatti dai gruppi lgbtq (lesbiche, gay, bisex, trans e queer), che invitano le comunità religiose di tutto il Paese a partecipare alle veglie o a ricordare nelle celebrazioni settimanali le vittime dell’omofobia.
Con questi inviti, i credenti omosessuali tendono una mano non tanto alle gerarchie cattoliche, sempre più arroccate su posizioni manichee e difficilmente intaccabili, ma piuttosto a quella maggioranza silenziosa di fedeli che ancora oggi guarda alla diversità di orientamento sessuale con diffidenza o indifferenza.
“È tempo di vegliare nelle nostre chiese per fare memoria del ‘peccato dell’omofobia’”, titola una lettera aperta del gruppo (ndr evangelico) Varco-Refo di Milano (21/4), nella quale si invitano “i fratelli e le sorelle delle Chiese valdesi e metodiste” a unirsi “nella preghiera e nell’azione affinché nelle nostre Chiese e nella società vengano meno le discriminazioni, l’esclusione e tutte le violenze fisiche e verbali nei confronti delle persone omosessuali e transessuali”.
Il Vangelo, si legge ancora nella lettera, invita tutti i credenti a vivere in pienezza e libertà la propria fede, e “la risposta a questa chiamata trasforma le nostre chiese in un luogo aperto e accogliente per tutti e tutte, e dove tutti e tutte possono vivere nella comunità la propria vocazione, il proprio cammino, i propri affetti e relazioni”.
Gruppo Kairòs: si allarga la breccia nelle mura cattoliche
Il 25 aprile scorso, il gruppo Kairòs di Firenze ha partecipato ad un incontro organizzato dalla Comunità dell’Isolotto. Un’occasione per conoscersi e, spiegano gli organizzatori in un comunicato del 23 aprile, “socializzare le particolarità, le similitudini e le differenze dei rispettivi percorsi di liberazione e autodeterminazione di fronte agli anatemi vaticani”.
Nel corso della giornata, Innocenzo Pontillo (volontario del portale Gionata, che raccoglie le esperienze dei gruppi di gay credenti di tutta Italia) ha raccontato la propria esperienza di omosessuale credente e la nascita del gruppo Kairòs. Pontillo ha poi raccontato ad Adista la grande partecipazione all’incontro, testimonianza di una Chiesa aperta e distante anni luce dagli anatemi delle gerarchie.
I rapporti tra il gruppo Kairòs e la Chiesa cattolica fiorentina, ha detto Pontillo alla nostra agenzia, sono sempre più caratterizzati dal paradosso dello “scisma sommerso”: da una parte, infatti, “le gerarchie cattoliche si stringono intorno a posizioni sempre più rigide”; dall’altra, invece, le comunità locali – non solo quelle più ‘dinamiche’ e marginali come l’Isolotto ma anche le parrocchie – rispondono positivamente ai momenti di incontro, facendosi spesso promotrici di iniziative di conoscenza o di preghiera”.
In occasione delle prime veglie di preghiera in ricordo delle vittime dell’omofobia, gli omosessuali si incontrarono in privato e in condizione di semiclandestinità.
Al contrario, ha detto Pontillo, “in questa quarta edizione della settimana antiomofobia, catechisti e sacerdoti si impegnano in prima persona ad organizzare con noi veglie e momenti di preghiera.
Ed anche alcune parrocchie cattoliche cominciano timidamente ad aprire le loro porte ai gruppi di gay credenti. Altri segnali incoraggianti ci vengono infine da Cremona, Milano e Padova, dove le chiese, per le veglie, sono state offerte dalle diocesi stesse”.
Caro parroco, l’esclusione uccide quanto la violenza
“Basterebbe poco per non far andare via un ragazzo omosessuale dalla parrocchia. Basterebbe una mano tesa, un sorriso, una parola che lo faccia sentire voluto, amato, che non lo facciano vergognare della sua identità”.
Così una lettera dell’8 aprile scorso del gruppo romano Nuova Proposta ha voluto ricordare ai parroci della Capitale che “l’omofobia non è solo violenza fisica, sono parole non dette, abbracci non dati, in società, in famiglia, ma anche in parrocchia”.
In vista della Giornata mondiale contro l’omofobia, alcuni gruppi di credenti omosessuali hanno inviato ai parroci delle rispettive città una lettera in cui li invitano a fare memoria di quanti hanno perso la vita (per violenza o per suicidio) a causa del loro orientamento sessuale.
Le missive chiedono inoltre ai parroci di incontrali, di non chiudere gli occhi, ma di accoglierli e confrontarsi con loro, vincendo il pregiudizio radicato in molte parrocchie: “Ci sentiamo parte di questa Chiesa – scrive ancora Nuova Proposta –, popolo di Dio in cammino, nonostante molti di noi siano ancora oggi emarginati, costretti a nascondersi e a vivere una vita di ipocrisia”.
Occorre poi ricordarsi, scrive il gruppo, che molti omosessuali italiani sono cresciuti in ambienti cattolici (scout, parrocchie, percorsi di iniziazione cristiana), ma poi hanno abbandonato la propria comunità perché ‘esclusi’; “ed invece noi vorremmo tanto che si potesse, da omosessuali, continuare a vivere insieme alla comunità di appartenenza, senza obbligo di ‘invisibilità’”.
Simile la lettera del gruppo Kairòs di Firenze, che invita direttamente i parroci a partecipare alla veglia di preghiera del 12 maggio. La loro presenza è un segno importante, afferma il gruppo, perché “anche nelle nostre comunità ‘cristiane’ sono ancora troppi gli episodi di omofobia sociale, di violenza fisica e morale, di disperazione a cui sono sottoposti molti fratelli e sorelle omosessuali.
L’omofobia, infatti, è un’insostenibile pressione, aggravata in molti casi da motivazioni religiose, che provoca gravi conseguenze. Una situazione che rappresenta uno scandalo per tutta la cristianità”.
Nella Chiesa cattolica italiana ci sono sacerdoti che, “forse per ignoranza, forse per partito preso”, non conoscono questa particolare realtà. Molti preti, inoltre, “assolvono il peccatore” facendogli promettere di “non farlo più”. Altri ancora lo invitano a ‘curarsi’ e lo indirizzano verso “esorcisti” o “psicologi”.
Eppure, ci sono anche “pastori che vorrebbero conoscere e capire di più, per indirizzare i giovani che vivono una situazione di disagio per la propria omoaffettività”.
A loro si rivolgono i membri del gruppo Ali d’Aquila di Palermo, con una lettera dell’8 aprile, in cui raccontano la loro esperienza interna alla parrocchia San Francesco Saverio e la loro piena integrazione nelle attività e nelle celebrazioni.
Ai sacerdoti, Ali d’Aquila propone un incontro di conoscenza, “per instaurare un dialogo proficuo in Cristo” e chiede di tenere presente “l’esistenza del Gruppo e comunicare alla comunità tutta, ed ai giovani in particolare, del cammino di crescita umana e spirituale che stiamo percorrendo”.
Le associazioni, le comunità religiose e i singoli credenti che intendono esprimere solidarietà o anche ospitare un evento, possono scrivere una mail a gionatanews@gmail.com.
Tra i primi ad aderire alle veglie antiomofobia, i gruppi Il Guado, La Fonte e Varco-Refo (Milano), Kairos (Firenze), Emmanuele (Padova), Narciso e Boccadoro (Rimini-Faenza), Nuova Proposta e La Sorgente (Roma), Ali d’Aquila (Palermo), Fratelli dell’Elphis (Catania), La Fenice (Torino) Ponti Sospesi (Napoli) e La scala di Giacobbe (Pinerolo).