Cosa ci ricorda l’Avvento? “Ama e fa’ quello che vuoi”
Riflessioni del pastore Eugenio Bernardini* pubblicate sul quotidiano “Il Fatto Quotidiano” del 29 novembre 2020, pag.11
Oggi è la prima domenica di Avvento secondo l’antica abitudine dei cristiani di strutturare l’anno liturgico sulla rappresentazione della storia di Gesù: dall’Avvento al Natale, dalla domenica delle Palme al Venerdì Santo e alla Pasqua e poi alla Pentecoste, in una ciclicità che contiene certo il pericolo dell’abitudine, della routine ma che è anche un richiamo efficace a vivere sempre di nuovo il messaggio dell’evangelo, la buona notizia dell’amore di Dio manifestato in Cristo e che si manifesterà pienamente al suo ritorno, al suo secondo e definitivo avvento.
Un richiamo necessario già nella generazione apostolica: “Risvegliatevi dal sonno” (Romani) è l’accorato appello dell’apostolo Paolo alla comunità cristiana di Roma. Infatti, come ricorda il grande teologo del Novecento Karl Barth, nel suo celebre commento alle Lettera ai Romani (1921), l’uomo è schiavo del tempo che passa: “Non vi è alcuna fede che non debba essere richiamata al ricordo della rivelazione; non vi è alcun uomo che non debba essere rammemorato della libertà di Dio. Finché questa rammemorazione non è ancora avvenuta… l’uomo dorme; anche l’apostolo, anche il santo, anche colui che ama. Poiché egli è schiavo del tempo”.
Che cosa ci ricorda in particolare l’Avvento? Ci ricorda l’amore di Dio che si concretizza compiutamente nell’incarnazione del Cristo. Nonostante la secolarizzazione dei nostri tempi e l’inquinamento del significato vero dell’Avvento e del Natale, qualcosa è rimasto di questa gioia per l’amore ricevuto, per il dono ricevuto, che invita a sua volta a dare amore, a donare. Certo l’amore cristiano è ben più impegnativo del nostro scambio di doni e auguri tra parenti e amici.
L’amore a cui ci invita Gesù è prima di tutto remissione dei debiti – come ci ricorda anche la preghiera del Padre nostro – per essere liberi di amare. Così lo spiega l’apostolo Paolo in questo brano biblico: “Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge” (Romani). La partita negativa dei debiti va chiusa, non può e non deve restare aperta perché è una zavorra nella nostra esistenza e in quella della comunità umana.
L’unico “debito” che non è una zavorra è l’amore reciproco, amore che non è limitato alla stretta cerchia famigliare o comunitaria, come spiega l’Apostolo nel capitolo precedente, dove, in rapide pennellate, descrive il vissuto concreto dell’amore partendo, sì, dall’amore reciproco nella comunità dei credenti, ma subito includendo “quelli che vi perseguitano”, “tutti gli esseri umani” a cui “fare il bene” e con cui “essere in pace”.
L’amore per il prossimo è così importante che non può essere rimandato nel tempo: “Se non amiamo qui, non amiamo affatto”, scrive Barth. E l’amore per il prossimo è così importante ed essenziale che, da solo, “adempie la legge”.
Agostino da Ippona, Sant’Agostino – che nel IV secolo si convertì proprio leggendo questi versetti della lettera ai Romani dopo aver ascoltato il ritornello di un gioco di bambini nella casa vicina “tolle et lege”, prendi e leggi (Confessioni) – Agostino, dicevamo, ha tradotto l’affermazione di Paolo con il motto “Ama, e fa’ quello che vuoi”.
Paradosso pericoloso, perché l’attenzione rischia di scivolare su “fa’ quello che vuoi”, ma anche sintesi mirabile della forza di compimento della volontà di Dio che ha l’amore, là dove è preso sul serio e vissuto.
L’Avvento ci ricorda proprio questo: l’amore di Colui che tutto ha compiuto e l’amore a cui noi siamo chiamati.
* Il pastore valdese Eugenio Bernardin è stato moderatore della Tavola Valdese.