Teologia queer e fede cattolica: amiche o nemiche?
Articolo di Caleb Murray* pubblicato sul sito di U.S.Catholic (USA) il 29 dicembre 2023, liberamente tradotto da Luigi e Valeria de La Tenda di Gionata.
Poiché sono cresciuto in una chiesa evangelica conservatrice, quel poco che ho potuto conoscere sulla teologia queer è stato condizionato da un’ottica molto ristretta e rigidamente binaria. Secondo quell’ottica, la teologia queer era una teologia che si occupava di discutere se la Bibbia approvasse o disapprovasse le persone queer. I confini entro cui era rinchiusa la teologia queer richiamavano l’approccio ad altri temi scottanti (l’aborto: giusto o sbagliato? L’omosessualità: giusta o sbagliata?). I parametri di ciò che veniva considerata la teologia queer erano così ristretti (e rigidamente focalizzati sull’etica sessuale) che la ricerca teologica era di fatto svuotata di ogni sfumatura; la teologia queer era ridotta a un quiz moralistico: o questo, o quello.
Da “normale” adolescente eterosessuale, non mi riconoscevo in questi dibattiti moralistici, ma avevo la sgradevole sensazione che, come nel dibattito sull’aborto, l’approccio ideologico secondo cui “la mia parte ha ragione” stesse semplificando una tematica affascinante e complessa. Ciò mi porta a un’affermazione intenzionalmente sfacciata e provocatoria: in realtà, non dovrebbe esserci una “teologia queer“, perché tutta la teologia è queer. Questa affermazione può sembrare un ossimoro, autolesionista o qualcosa di completamente diverso. Non lo dico per eliminare un ambito di ricerca teologica specialistica, ma per rifondare interamente il campo della teologia.
Tutta la teologia è queer. Fino a quando queerness significherà riconoscimento delle differenze, inclusione e rivoluzione creativa, sosterrò la mia strana idea che tutta la teologia è, è stata e continuerà a essere queer.
La Scrittura e millenni di tradizione interpretativa hanno rivelato un Dio queer: un Dio strano, un Dio misterioso, un Dio che è radicalmente diverso. Nell’incarnazione, Dio cancella la metafisica, mescolando immanenza e trascendenza, spirito e materia. Nell’Eucaristia, i cattolici professano una principio di fede queer secondo cui accidente, sostanza ed essenza sono transustanziati. Nella preghiera mistica, i teologi hanno a lungo “queerizzato” e modificato il genere all’anima (spesso in maniera non corretta).
Ma cosa significa veramente queer? Proprio come i concetti, le identità e gli orientamenti che include, la queerness è definita in modo ampio e diversificato da attivisti e studiosi accademici. La differenza (e la differenza di opinione) è sostanzialmente insita in ciò che significa essere queer e definire queer. Per dirla senza mezzi termini, per teorici e teologi, attivisti e persone che si definiscono queer, la queerness non ha una definizione unica per tutti.
Molti intellettuali e attivisti hanno mostrato come la queerness possa essere intesa come una modalità creativa o alternativa di vedere e sperimentare il mondo. Molti filosofi, teologi e studiosi delle teorie di genere definiscono la queerness in opposizione alla “norma”: per esempio, se l’eterosessualità è normativa (la “norma” sociale considerata standard), la queerness è intesa al contrario (non-normativa, controculturale o trasgressiva). Questi studiosi hanno sostenuto in modo molto convincente che c’è un problema con la “normalità”: provate a definire l’eterosessualità “normale” in modo da includere in questa definizione ogni persona “etero” e vi renderete subito conto che non esiste una categoria stabile che possiamo etichettare con sicurezza come “normale”. Un sacerdote celibe, cisgender ed eterosessuale è “normale”? È “innaturale” per un padre occuparsi dei figli mentre la moglie lavora?
Con domande come queste, ci si rende subito conto che non esiste un’unica “normalità”. L’osservazione della realtà dimostra che differenza e diversità sono la regola nel mondo, e questo fa scoppiare la bolla della “normalità”. La queerness ribalta il concetto di “normalità” e ci insegna che nessuno di noi è davvero “normale”: e questo è un bene.
Se la queerness non riguarda solo l’attrazione per lo stesso sesso, che cos’è la teologia queer? Per molti studiosi tradizionali, la teologia queer è – per dirla in modo semplice e ampio – la teologia che si occupa delle persone queer. Come riassume la teologa Linn Tonstad, «con il termine teologia queer si intendono [spesso] teologie in cui la sessualità e il genere sono messi in discussione, in modi che riconoscono, rappresentano o si scusano per le persone queer». I teologi, specialmente quelli che scrivono e pensano secondo le indicazioni della teologia queer, dovrebbero riaffermare l’ampiezza e la profondità di ciò che la queerness è e può essere.
La teologia queer non riguarda “solo” le persone gay e lesbiche; la teologia queer non riguarda “solo” l’etica sessuale non eterosessuale; la teologia queer non riguarda “solo” le considerazioni e le posizioni contemporanee riguardo alle questioni di genere. La teologia queer – se trattata con competenza e umiltà – è dirompente, creativa e innovativa. La teologia queer ci sfida a guardare con occhi diversi. I modi queer di pensare, di fare ricerca e di argomentare potrebbero mettere in crisi la logica stessa che cerca di delimitare, circoscrivere e contenere la dialettica cristiana. Con un approccio utile, efficace o sorprendente, le modalità di conoscenza queer potrebbero destabilizzare categorie rigide e tradizioni ottuse. Non dovrebbe essere questo il compito di qualsiasi forma di teologia? Dio non è forse sempre al di là di qualsiasi fragile categoria che noi possiamo creare? Incasellare le modalità di conoscenza queer in uno schema rigido e predefinito come “teologia queer” significa di fatto limitare e indebolire la teologia cristiana in generale.
Per spingere questo concetto ancora un po’ oltre, non credo che i teologi debbano limitarsi a fare teologia queer trovando storie esemplari di accettazione di relazioni omoaffettive o di amore tra persone dello stesso sesso nella storia e nella dottrina della Chiesa; devono riconoscere con umiltà e considerare seriamente la possibilità che la teologia cristiana sia già queer da sempre.
All’interno delle Scritture e della tradizione cristiana, si possono certamente trovare brani che supportano queste riflessioni, passaggi che affermano l’esistenza queer e argomentazioni a favore. Ad esempio, Romani 8, 38 ci ricorda che nulla può separarci dall’amore di Dio. Nel Salmo 139 l’autore sacro dichiara che Dio conosce tutto della sua creazione, che Dio ha creato l’umanità con amore e secondo un suo preciso progetto, e che Dio non abbandonerà mai nessuno. Senza mezzi termini, in 2 Corinzi 5,19 viene presentata una teologia di perdono incondizionato e di riconciliazione nell’amore: il nostro è un Dio che non sta a fare i conti, e in Cristo Dio «non contano più i peccati degli uomini». Ma io cerco qualcosa di più e di diverso rispetto alle argomentazioni difensive.
Per essere chiari, io penso che questi siano certamente dei brani molto buoni e credo che i versetti della Bibbia che affermano in modo inequivocabile che Dio è amore e perdono infiniti facciano dimenticare i vari passaggi tirati fuori dai bigotti sulla legge matrimoniale pre-giudaica o sulle regole minuziose della tessitura degli abiti. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. A mio avviso, le considerazioni di confutazione delle posizioni fondamentaliste rappresentano solo una piccola parte di ciò che la queeress può fare per il pensiero e la pratica cristiana. Quindi, tenendo presente questa definizione di queer, è davvero possibile che tutta la teologia cristiana sia queer?
È difficile avvicinarsi alle Scritture e alla tradizione cristiana da posizioni culturali che sono al di fuori della “normalità”. In effetti, la Chiesa ha creato una specifica categoria per il mantenimento della normalità e della tradizione: l’ortodossia. L’ortodossia traccia una linea di demarcazione tra ciò che è normale e ciò che non lo è, tra ciò che è dentro l’ovile e ciò che è al di fuori di esso. Tuttavia, se cerchiamo di leggere la Bibbia e di vivere la tradizione cristiana con occhi nuovi e cuore aperto – se il nostro modo di vedere e il nostro legame con la Chiesa non sono stati ancora condizionati dall’ortodossia – ci viene ricordato che il cristianesimo e i suoi testi sacri sono spesso piuttosto strani, anormali, controculturali e trasgressivi.
Rileggete le Beatitudini e vi cominceranno a suonare un po’ strane. Riconsiderate la Trinità e inizierete a vedere qualcosa di omosociale o addirittura omoerotico nella sua struttura di relazione reciproca e di desiderio di Dio per Dio stesso. Se si contempla il mistero dell’Eucarestia, che ruota attorno alla transustanziazione, si può intravedere un Dio ineffabile che ha l’abitudine di infrangere le nostre categorie e aspettative.
Per centinaia di anni i cristiani hanno dato un genere all’anima. Dai mistici medievali ai riformatori protestanti, l’anima maschile è stata spesso espressa teologicamente come femminile, affinché l’anima potesse perseguire un’unione eterosessuale con Cristo sposo. Se il sesso, l’identità di genere e l’espressione di genere di una persona sono completamente incarnati, allora ci vuole un certo sforzo mentale per “dare un genere” all’anima. Anche qui c’è qualcosa di queer. Per evitare un’unione spirituale gay con Cristo, c’è una lunga tradizione di uomini cisgender che affermano che la loro anima è transgender. Proprio come le anime potrebbero trasmigrare dai corpi terrestri a quelli celesti, il gendering selettivo dell’anima incarnata dà una interpretazione queer al modo in cui funzionano le cose. Qual è il confine tra cose materiali e oggetti ideali? Dove finisce lo spirito e inizia la materia? L’anima “femminile” dell’uomo conserva la sua identità femminile anche dopo la sua morte terrena e corporea?
La queerness infesta il Nuovo Testamento. Qualcuno sostiene che Gesù e i suoi discepoli maschi condividono legami omosociali – episodi di cameratismo e di intimità tra persone dello stesso sesso, baci e dichiarazioni d’amore e di fedeltà. Ma gran parte di queste considerazioni sono anacronistiche, una proiezione maldestra delle categorie di genere e del concetto contemporaneo di sessualità su un periodo storico diverso e che non è stato compreso in maniera corretta.
Ma questo vale in entrambe le direzioni. Le categorie non sono statiche. Le parole e i significati cambiano nel tempo. Prendiamo ad esempio i miti della creazione. La Genesi ci fornisce due racconti contrastanti della creazione. In una narrazione, Dio crea un essere umano singolo e androgino. In un altro, Dio crea l’uomo e la donna. Questo la dice lunga sul rigore teologico dei polemisti del “sono Adamo ed Eva, non Adamo e Steve” che scelgono alcuni passaggi della Genesi ignorando i paragrafi vicini. La teologia queer non dovrebbe cadere nello stesso errore riduzionistico. Al contrario, la teologia queer dovrebbe promuovere una ricerca teologica che si confronti con la complessità, che affronti i conflitti e superi le categorie.
La teologia queer non consiste nel selezionare i passaggi che supportano la propria teoria ignorando i versetti che non la supportano. In effetti, ci sono passi delle Scritture che non si conciliano con la cultura LGBTQ+ contemporanea. Non sono alla ricerca di una semplice lettura teologica che “dimostri” l’accettabilità morale di certe identità di genere e preferenze sessuali una volta per tutte. La teologia queer, come approccio più ampio, dovrebbe incoraggiare modi creativi, sorprendenti e persino sconvolgenti di guardare alle Scritture e alla tradizione.
La queerness – la sua categorizzazione e le sue convenzioni, i suoi sostenitori e coloro che non la amano – ha molto da offrire al pensiero e alla pratica cristiana. I sostenitori progressisti e i fondamentalisti bigotti continueranno a scagliarsi addosso i loro versetti delle Scritture, ma la mia speranza è che chi segue Cristo con cuore sincero ascolti la controproposta della queerness. È la promessa di approcciare le cose in modo diverso, di vedere le vecchie idee sotto una nuova luce, di riconsiderare le antiche pratiche con un’apertura alla vita rinnovata e a un futuro segnato da una maggiore giustizia, da una pace duratura e da un amore senza limiti. Il ministero di Cristo è la testimonianza dell’azione queer del divino. Il suo messaggio è stato ed è dirompente, contraddittorio e sconcertante. Il messaggio di Cristo ai suoi contemporanei parla a noi oggi: ciò che considerate normale potrebbe essere solo mediocre. Non accontentatevi, meritate una vita piena.
*Caleb Murray è scrittore, studioso e responsabile di un programma di formazione alla fede. Vive nel sud della Pennsylvania con la moglie e i loro tre figli.
Testo originario: Is queer theology compatible with catholicism?