Torino: il triangolo rosa diventa panchina in memoria dell’Omocausto
Articolo del 28 Gennaio 2013 di Roberto Schinardi pubblicato su gay.it
Affollata inaugurazione nel cortile interno del Museo Diffuso della Resistenza di Torino della panchina rosa progettata dall’architetto Corrado Levi in ricordo delle vittime gay nei lager nazisti.
Era stracolma, ieri pomeriggio, la sala conferenze del Museo Diffuso della Resistenza di Torino in occasione dell’inaugurazione, nel cortile interno, della panchina rosa triangolare progettata dall’architetto Corrado Levi in memoria delle vittime omosessuali nei Lager nazisti. Ideata nel 1989, è stata presentata al PAC di Milano, alla fiera “Abitare il tempo” e alla GAMEC di Bergamo, quindi donata dall’artista al Museo della Resistenza.
È il primo monumento che la città di Torino dedica alle vittime omosessuali delle persecuzioni nazifasciste e tra i pochi presenti sul territorio nazionale. L’inaugurazione della panchina rosa, avvenuta del Giorno della Memoria dedicato alle vittime dell’Olocausto, è stata accompagnata dai canti del coro La Gerla presso il porticato del Museo e nel cortile interno.
“Parliamo di un pezzo importante della Resistenza, spesso trascurato, ma ci riporta all’oggi – ha spiegato il direttore del museo Guido Vaglio – infatti il tema dei diritti lgbt è molto attuale. Levi non voleva un monumento che apparisse fisso e distante: anche il Museo evita di presentare una memoria imbalsamata ma viva e di confronto”.
“Il dono della panchina rosa è molto significativo – ha continuato Mariagiuseppina Puglisi, assessore alle Pari Opportunità della Provincia di Torino -. Il pensiero nazista trovò l’aspetto più tragico nell’orrore eterno dell’Olocausto e la minoranza di omosessuali, lesbiche e transessuali fu considerata inferiore come i popoli slavi. Le persecuzioni iniziarono a partire dal 1933 in cui ci furono i primi internati. I numeri non sono concordi, si parla di circa 7000 gay ma la mortalità era del 60% e due terzi di loro morirono nel primo anno di prigionia. Ci fu anche un alto numero di suicidi.
I triangoli rosa non acquistarono subito la libertà: gli americani li considerarono criminali comuni (riconoscibili nei lager dal triangolo verde mentre le lesbiche avevano quello nero come le prostitute, n.d.r.) e a migliaia furono sottoposti alla sterilizzazione forzata. Spero che questo dono serva a ricordare il passato ma sia anche un monito per il presente e il futuro”.
“Ringraziamo Corrado Levi per la panchina rosa – ha fatto eco Mariacristina Spinosa, assessore alle Pari Opportunità della Città di Torino – anche perché sarà meta di sosta per molte scolaresche. I recenti fatti della federazione Russa con disposizioni restrittive riguardo a ogni attività gay e lesbica sono da rigettare a livello internazionale. Bisogna globalizzare i diritti: questa negazione sta avvenendo in molti stati”.
È stata quindi letta da Angela Mazzoccoli la dichiarazione di otto sopravvissuti gay nel cinquantenario della liberazione in cui si ricorda che il famigerato Paragrafo 175 che criminalizzava ogni rapporto omosessuale restò valido fino al 1969 (spesso sul triangolo rosa cucito sulla giacca dei deportati era scritto ‘175’ per facilitare il riconoscimento a distanza) e che nessun gerarca nazista è stato riconosciuto colpevole di crimini nei confronti degli omosessuali.
Il Codice Rocco italiano in realtà non aveva norme esplicite contro i gay in quanto per Mussolini gli italiani erano immuni dal ‘turpe vizio’: le pene in ordine di gravità era diffida, ammonizione e confino. “Per gli omosessuali non ci fu soluzione finale – ricorda lo storico Claudio Vercelli – ma trattamento definitivo. I regimi totalitari sono monosessuali. È vergognoso che un certo signore oggi dica che Mussolini, dopotutto, non ha fatto tanto male”.
“Sono per gli oggetti attivi, usufruibili e vitali – ha quindi concluso Corrado Levi, autore della panchina rosa -. Anche ad Amsterdam c’è un monumento triangolare simile su cui ci si può sedere. Vorrei ricordare il grande impegno per i diritti dei gay di Angelo Pezzana a Torino e di Mario Mieli a Milano. Mi raccomando, usate la panchina: non lascia i vestiti color rosa!”.