Tra accoglienza e pregiudizi. Il mio cammino di pastora evangelica con le persone LGBT
Testimonianza di Greetje Van der Veer*, predicatrice Metodista di Pescara alla plenaria del Forum dei cristiani LGBT (6-7 ottobre 2018, Albano Laziale)
Sono Olandese, cresciuta in un contesto protetto, ma questo non vuol dire che è stata impartita ai noi (un fratello, due sorelle) un’educazione di chiusura verso la società e le sue questioni. Semplicemente ciò che per molti erano pregiudizi da noi non era considerato, non faceva testa. E così anche, e parlo dei primi anni sessanta, un ambiente abbastanza bigotto in quei anni nei Paesi Bassi, dove sono cresciuta, riguarda i temi LGBT. Nessun pregiudizio ci è stato trasmesso.
Forse questo atteggiamento aperto ha fatto sì che quando mi ero trasferita in una cittadina universitaria per i miei studi di teologia, uno studente di una corrente teologico letteralista si è rivolto a me con i suoi dubbi sulla sua sessualità in relazione alla scrittura. Ho detto che sono cresciuta in un contesto protetto, chi aveva mai sentito e letto i versetti incriminati sull’omosessualità? E così cominciano per me gli approfondimenti su domande che non mi ero mai poste riguardo la teologia e la bibbia. Erano anche gli anni in cui le chiese protestanti mainstream nei Paesi Bassi cominciarono ad indicare strade per l’accoglienza dell’omosessualità, timidamente. Che credere ed essere omosessuale non erano delle realtà opposte, irriconciliabili.
Per me una cosa fu chiaro da subito. Molto, se non addirittura tutto dipende da un certo modo di leggere la bibbia, di non vedere il contesto. Ma non solo per i passi incriminati, ma per tutti i libri e i capitoli biblici. L’approccio alle scritture non può essere un metodo per versetti che non piacciono e un altro metodo per il resto che tutto sommato non confligge con il mondo di oggi. Non solo bisogna ripensare l’approccio alle scritture, ma anche ripensare la fede, il che è un processo lungo.
In effetti, oggi, quando sono chiamata a parlare delle tematiche LGBT dal punto di vista biblico, comincio sempre mettendo in chiaro come leggere la bibbia. Che bisogna mettere i testi, tutti, nel loro contesto, e che poi bisogna cercare qual è il loro messaggio per la situazione di allora e quale possa essere il messaggio per oggi. Poi accenno alla tematica della sessualità dal punto di vista biblico, per poi affrontare la tematica richiesta. Una cosa che sembra ovvio, bisogna sempre ripetere, che non si possono prendere dei versetti singoli e trapiantarli alla lettera in un’epoca molto diversa.
Un altro ambito in cui mi sono trovata a impegnarmi è quello del bullismo, e del bullismo omofobico in particolare. Per molti anni mi sono occupata dell’assistenza scolastica dei ragazzi e delle ragazze. Spaventoso le cose che dicono già i piccoli. È ovvio che hanno sentito certe cose a casa o per strada, ma lo più a casa. Quindi sono convinta che per combattere il bullismo bisogna ri-educare gli adulti. La scuola è importante, ma tante volte il guaio è già fatto a casa. Molte delle iniziative che ho intrapreso in quei anni andavano in quella direzione. È controproducente rimproverare dei bambini e delle bambine, mentre poi a casa si ridacchia su quanto è successo.
Quindi l’impegno è un impegno a 360 gradi, non solo scuola domenicale, catechismo, ma anche durante la domenica mattina al culto e durante gli studi biblici. Un linguaggio inclusivo può già incidere e far ingranare un processo di ripensamento delle cose che si è creduto da sempre, per una fede adulta che non ha paura delle critiche. Importante è trasmettere una lettura della bibbia che prende la bibbia e l’essere umano sul serio. Un impegno verso tutta la comunità, e non solo verso coloro che si riconoscono nel mondo LGBT. Insieme si affrontano i temi della fede, con rispetto reciproco. Poi ben vengono gruppi a parte, come ci sono anche i gruppi femminili nelle nostre chiese dove si trova un ambiente protetto per parlare delle proprie esperienze, difficoltà e sfide, gruppi in cui spesso uno può vivere la sua fede senza ipocrisie.
Quando è stata lanciata l’iniziativa della veglia di preghiera per le vittime dell’omo e transfobia, ho accolto questa iniziativa con grande gioia. È un modo di coinvolgere tutte e tutti. È un modo concreto di fare testimonianza in un mondo ancora ostile.
Non era affatto scontato che la si poteva fare nella nostra realtà di chiese evangeliche in Italia, dove ci sono sì tante aperture e dove l’accoglienza è di casa, ma dove vivono ancora abbastanza resistenze e pregiudizi e non solo fra la componente immigrata.
L’accoglienza nelle nostre chiese passa, come avete capito, attraverso la lettura delle scritture, intanto non siamo noi che accogliamo, ma siamo accolti e accolte anche noi da Cristo che non ha fatto scelte di esclusione verso chi è diverso.
* Greetje van der Veer è nata a Hoensbroek (Paesi Bassi) nel 1957 e vive in Italia dal 1982. Dal 2006 al 2011 ha ricoperto la carica di presidente dell’area europea della Federazione mondiale delle donne delle chiese metodiste. Dal 2006 al 2010 è stata presidente della Federazione delle donne evangeliche in Italia (FDEI). Attualmente è impegnata come predicatrice locale nella plurisede metodista di Fermo-Palombaro-Pescara, è membro della Tavola valdese e fa parte della Commissione Fede e Omosessualità delle chiese metodiste e valdesi.