Tra Resistenza e sionismo. Gad Beck, simbolo della persecuzione nazista dei gay
Articolo di Benjamin Weinthal pubblicato sul quotidiano Jerusalem Post (Israele) il 25 giugno 2012, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Gad Beck, combattente antinazista e sionista della Resistenza, l’ultimo ebreo gay sopravvissuto all’Olocausto (per quanto se ne sa), è morto [il 24 giugno 2012] a Berlino in una casa di riposo, sei giorni prima di compiere 89 anni. Beck è stato pioniere dell’attivismo gay ed educatore nella società tedesca postnazista, fortemente antiomosessuale e repressiva. Era noto per la sua conversazione arguta e vivace. Una volta disse in un talk show tedesco: “Gli Americani a New York mi hanno chiamato ‘grande eroe’. No… in realtà sono un piccolo eroe”.
Forse l’esperienza che più lo ha segnato nella vita è stato il tentativo di soccorrere il suo compagno durante la guerra. Beck indossò una uniforme della Gioventù Hitleriana ed entrò in un centro di deportazione per liberare il suo amante ebreo Manfred Lewin, che aveva rifiutato di separarsi dalla sua famiglia. I nazisti avrebbero poi deportato l’intera famiglia Lewin ad Auschwitz, dove furono tutti assassinati.
Parlando della sua vita di ebreo gay, Beck faceva sua una citazione spesso ripetuta a proposito dell’omosessualità: “Dio non punisce nessuno per una vita d’amore”. È apparso nel film The Life of Gad Beck e nel documentario Paragraph 175. (Il noto Paragrafo 175 del Codice Penale tedesco mise fuori legge l’omosessualità prima che Adolf Hitler diventasse cancelliere nel 1933. Il partito nazista intensificò radicalmente l’applicazione della legge anti-gay e cominciò a deportare i condannati nei campi di sterminio.) “Solamente Steven Spielberg potrebbe fare un film sulla mia vita – perdonatemi, perdonatemi” celiava Beck.
Era immigrato in Israele nel 1947. Dopo il suo ritorno in Germania nel 1979, il primo capo della comunità ebraica di Berlino del dopo-Olocausto, Heinz Galinski, lo nominò direttore del Centro Ebraico di Formazione per Adulti di Berlino. In un’intervista telefonica con il Jerusalem Post Judith Kessler, direttrice dello Jüdisches Berlin, il mensile della comunità ebraica di Berlino, ha affermato che Beck organizzava incontri per gay single nel centro: “Era una persona aperta e dolce, parlava con tutti”. Kessler, che ha conosciuto Gad Beck nel 1989, ha aggiunto che partecipava ogni anno al Gay Pride di Berlino sventolando una bandiera israeliana.
Il padre di Beck era un Ebreo austriaco e la madre una convertita al giudaismo. Le leggi razziali naziste lo definivano come Mischling (mezzosangue). Assieme al padre venne mandato in un centro di detenzione nella Rosenstrasse, nel centro di Berlino. Nel 1943, dopo che le mogli non ebree dei prigionieri inscenarono una protesta di massa, Beck fu rilasciato. Secondo le sue parole, c’erano “migliaia di donne che protestarono per giorni… le mie zie chiedevano a gran voce ‘Ridateci i nostri bambini e i nostri uomini’”. La protesta della Rosenstrasse ha contribuito a sfatare il mito, molto diffuso nella società tedesca post-Olocausto, che la resistenza contro il nazismo fosse inutile. “I fatti della Rosenstrasse mi resero chiarissima una cosa: non avrei atteso di essere deportato”.
Dopo il suo rilascio, Beck si unì al Chug Chaluzi, un gruppo giovanile clandestino di resistenti sionisti, ed ebbe un ruolo chiave nell’assicurare la sopravvivenza degli Ebrei berlinesi. Secondo la scheda a lui dedicata al Holocaust Memorial Museum di Washington, Beck osservò che “in quanto omosessuale, fui in grado di rivolgermi con fiducia ai miei conoscenti non ebrei omosessuali per il cibo e i nascondigli”.
Poco prima della fine della guerra, nel 1945, una spia ebrea che lavorava per la Gestapo lo tradì assieme ad alcuni compagni della Resistenza. Fu fatto prigioniero in un campo di transito per Ebrei a Berlino. Dopo la sconfitta della Germania nazista, Beck ha continuato a lavorare per gli ideali sionisti e ha aiutato gli Ebrei sopravvissuti a emigrare in Palestina. Dal 1947 al 1979 è poi vissuto in Israele. Gad Beck lascia il suo compagno Julius Laufer dopo 35 anni di relazione.
.
Testo originale: Last gay Jewish Holocaust survivor dies