Tre ragazzi su cinque sono discriminati, i più colpiti sono gay
Articolo di Cecilia Butini pubblicato su La Stampa il 1 Marzo 2019.
Secondo un nuovo rapporto di Save the Chidren sulla discriminazione, più di tre studenti delle superiori su cinque dichiarano di essere stati vittima di discriminazioni, in modo particolare se gay, rom o islamici. Il sondaggio è stato realizzato su più di 2000 studenti provenienti da scuole di tutta Italia, che hanno indicato l’omosessualità come la caratteristica presa di mira più frequentemente: il 16 per cento di chi è stato bullizzato lo è stato perché omosessuale. A seguire tra le cause di discriminazione il colore della pelle, l’obesità, la povertà e la disabilità. Chi è rom o di religione islamica è poi considerato da quasi tutti gli interpellati come particolarmente a rischio discriminazione.
Il ruolo della scuola
La maggior parte degli episodi di discriminazione avviene a scuola, mostra il sondaggio, ma solo una minuscola parte dei 2000 studenti intervistati ha dichiarato di rivolgersi agli insegnanti in caso di difficoltà: il 32 per cento si rivolge alla famiglia, un altro 32 per cento agli amici, e un consistente 31 per cento a nessuno. Le forme più frequenti di bullismo a scuola, mostra la Ong, sono l’allontanamento dal gruppo o la diffusione di brutte voci sul conto dei compagni presi di mira.
Dall’indagine, spiega Save the Children, emerge anche come sia complesso combattere gli stereotipi proprio perché sono difficili da stanare e perché, alle volte, si tende a giustificare o sminuire le proprie azioni o quelle altrui. Quasi il 13 per cento dei ragazzi intervistati, infatti, ha risposto che «picchiare i compagni di classe odiosi significa solo dargli una lezione», quasi uno su cinque pensa che «ai ragazzi non importa essere presi in giro perché è un segno di interesse» mentre quasi uno su tre ritiene «giusto maltrattare qualcuno che si è comportato come un verme».
L’iniziativa del sondaggio, che è stato somministrato da Save the Children in collaborazione con Invalsi, è partita da 400 giovani tra i 14 e i 22 anni appartenenti all’ala giovanile della Ong, chiamata SottoSopra.
I ragazzi hanno ideato lo slogan «Non fermarti all’etichetta», abbinato al simbolo di un codice a barre, e l’hashtag «UPprezzami» da condividere sui social.
«È fondamentale che iniziative di questo tipo partano dai ragazzi, perché sono loro per primi a vivere queste situazioni spesso drammatiche» ha detto Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children.