Tre storie queer della tradizione ebraica
Sermone pronunciato dal rabbino Steven Philp di Mishkan*, della comunità ebraica inclusiva di Chicago (USA), liberamente tradotto da Innocenzo Pontillo
Sapete una cosa? Anche il giudaismo è un po’ gay. So che potrebbe suonare strano, considerando che alcuni versetti della Torah sono stati usati per giustificare persecuzioni contro la comunità LGBTQ+. (Ma possiamo affrontare il discorso su quanto siano male interpretati un’altra volta). Oggi voglio concentrarmi su qualcosa di più divertente: sui momenti queer presenti nei testi sacri ebraici.
Ecco il punto: non vediamo ciò che non stiamo cercando. Se non ti aspetti di trovare qualcosa di gay nella Torah o nel Talmud, non lo noterai. Ma se leggi questi testi attraverso — chiamiamola così — una lente arcobaleno, scoprirai un sacco di cose che aspettano solo di essere riconosciute. Rabbi Benay Lappe lo chiama “il fenomeno dell’asino”. Ci sono tantissimi asini nella Torah, ma nessuno se ne accorge… perché non siamo asini. Se un asino leggesse la Torah, però, noterebbe ogni singolo asino, anche quelli solo suggeriti. Lo stesso vale per noi queer: non stiamo inserendo storie gay nei testi, stiamo solo riconoscendo che ci sono sempre state.
Ecco tre delle mie storie queer preferite nella tradizione ebraica.
1. Adamo = Eva (icone Intersex) Partiamo dall’inizio. Nel primo capitolo della Genesi si legge: “E Dio creò l’Adamo [il primo essere umano] a sua immagine; a immagine di Dio li creò; maschio e femmina li creò.”. I rabbini sono rimasti perplessi: prima si parla di una singola persona, poi di due (o almeno di più generi). Inoltre, nel capitolo successivo, si narra che Chava (Eva) è stata creata da una “parte” di questo primo uomo. Che significa?
I rabbini spiegano che Adamo era intersex: un essere con due volti, quattro braccia, quattro gambe, genitali maschili e femminili. Successivamente, Dio divide questo umano in due per dargli un compagno. Sorpresa: l’idea di intersessualità e non-binarietà non è nuova! I rabbini riconoscevano almeno sei diverse identità sessuali e di genere. Abbastanza gay, no?
2. Dinah = Icona butch
Un po’ più avanti nella Torah, troviamo la storia di Dinah. Immaginate: Yaakov (Giacobbe) ha due mogli, Leah e Rachele (poliamore ante litteram), che sono sorelle. C’è tensione tra loro, e nella corsa a fare figli (perché così funziona il patriarcato), Leah e Rachele coinvolgono anche le loro schiave Bilhah e Zilpah. Alla fine, Leah ha sei figli, Bilhah e Zilpah due ciascuna, e Rachele… nessuno.
Ma quando Leah rimane incinta di un altro figlio, si rende conto che Yaakov (Giacobbe) è destinato ad avere solo 12 figli maschi. Vuole aiutare sua sorella Rachele (che era incinta ad avere un figlio maschio), così prega Dio. La sua preghiera funziona: il sesso biologico dei loro bambini cambia nel grembo materno, ma le anime restano sempre le stesse.
Come lo sappiamo? Beh, Dinah, la figlia di Leah, è descritta come una vera butch: un’esploratrice, avventurosa, ribelle, che preferisce stare fuori nei campi con gli uomini. E Yosef (Giuseppe), il figlio di Rachele com’è? Davvero una “super femme” con quel suo mantello dai molti colori. Ecco a voi: Dinah, la prima lesbica butch, e Yosef (Giuseppe), il re delle drag!
3. Rabbi Yochanan = Icona Bisessuale
Arriviamo al Talmud. Due protagonisti: Reish Lakish, ex gladiatore e bandito; Rabbi Yochanan, uno dei più grandi studiosi di Torah e… bellissimo. Tanto bello che, si dice, si sedeva davanti ai bagni pubblici per far nascere bambini belli nelle donne incinte che lo vedevano.
Un giorno, Rabbi Yochanan stava facendo il bagno nel fiume. Reish Lakish lo vede e ne rimane folgorato. Si tuffa nel fiume con tutti i vestiti addosso. Rabbi Yochanan gli dice: “Con quella passione potresti studiare la Torah!”. E Reish Lakish gli risponde: “Con quella bellezza sembri una donna!”
Alcuni pensano che Reish Lakish abbia scambiato Rabbi Yochanan per una donna (si sposerà poi con sua sorella), ma… la cosa non mi convince. Reish Lakish potrebbe essere una icona bisessuale.
Pride come ribellione gioiosa
Può sembrare frivolo raccontare storie così leggere quando c’è tanto dolore nel mondo. Ma la celebrazione del Pride è un atto di resistenza contro chi vorrebbe annullarci. Il Pride è rumoroso, colorato, sexy e… gay in ogni senso. È il rifiuto di tornare nell’ombra.
Il mio augurio, per chiunque sia LGBTQ+, o un nostro sostenitore, è che quando il mondo ci dice di essere piccoli, noi rispondiamo diventando più grandi, più queer, più rumorosi, più felici e più noi stessi più che mai.
* Questo discorso (drash) è stato originariamente pronunciato in occasione del mese del Pride, nella preghiera serale del Shabbat il 10 giugno 2022. Rabbi Steven ha condiviso tre storie queer presenti nella tradizione ebraica.
Testo originale: Has Judaism Always Been Gay? Three Queer Jewish Stories