Tre vescovi americani chiedono di cambiare il catechismo sull’omosessualità
Articolo di Robert Shine* pubblicato sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 30 marzo 2023, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Tre vescovi hanno espresso il desiderio che la Chiesa Cattolica riformuli il linguaggio che utilizza per parlare dell’omosessualità.
L’arcivescovo di Lussemburgo, cardinale Jean-Claude Hollerich, ha parlato delle sue preoccupazioni in merito in un’intervista a[l settimanale cattolico croato] Glas Koncila.
Monsignor Hollerich, che è relatore generale del Sinodo ed è stato di recente nominato membro del Consiglio dei Cardinali, ha risposto a una domanda sulle parole da lui espresse in precedenza su dottrina cattolica e omosessualità: “Quando la dottrina è stata elaborata, non esisteva nemmeno il termine ‘omosessualità’. È una nuova parola: ai tempi di san Paolo non si aveva idea che ci potessero essere uomini e donne attratti dallo stesso sesso […] La sodomia, a quei tempi, era vista come un’orgia pura e semplice, tipica delle persone sposate che sfogavano i propri desideri sugli schiavi.
Ma come si può condannare qualcuno perché non può amare se non le persone dello stesso sesso? Alcune di queste persone riescono a mantenersi caste, ma per le altre il linguaggio della castità è incomprensibile”.
Monsignor Hollerich rifiuta di identificare l’orientamento omosessuale con la sodomia, condannata dalla Chiesa, affermando che “la sodomia è presente anche tra gli uomini e le donne sposati”, e parla piuttosto di come la Chiesa dovrebbe accogliere e accompagnare le persone lesbiche e gay.
Alla domanda sulla necessità, per queste persone, di rimanere caste, il cardinale ha risposto: “Siamo responsabili della nostra condotta morale solo se ci viene chiesto qualcosa di fattibile. Se diciamo che tutto ciò che fanno le persone omosessuali è intrinsecamente sbagliato, è come se dicessimo che la loro vita non ha nessun valore. Molti giovani sono venuti da me, come da un padre, e mi hanno parlato della loro omosessualità. E cosa fa un padre? Li butta fuori, o li accoglie senza condizioni? […] Le persone omosessuali devono sentirsi accolte a casa loro, altrimenti se ne andranno […]
“Una persona omosessuale amerà sempre le persone dello stesso sesso. Non dovremmo ridurre l’omosessualità a delle relazioni sessuali disordinate: questo è un modo molto rozzo di comprendere una persona umana […]
“Ho molti dubbi su quel paragrafo del Catechismo che definisce l’omosessualità ‘intrinsecamente disordinata’. Dobbiamo sempre accettare ogni persona, e far loro sentire l’amore di Dio, e se lo sentiranno, sono sicuro che qualcosa cambierà nel loro cuore”.
Anche l’arcivescovo di Chicago, cardinale Blase Cupich, invita a ripensare il linguaggio con cui la Chiesa parla di omosessualità, pur senza suggerire una modifica della dottrina. Come riporta [il settimanale gesuita] America: “Chiestogli se fosse d’accordo con una eventuale modifica del linguaggio del Catechismo, il cardinal Cupich ha detto di sì: ‘Ogni volte che il linguaggio da lei usato addolora qualcuno, la Chiesa ha l’obbligo di riesaminarlo. Vorrei sperare che la Chiesa sia sempre disponibile a fare ciò, anche ammettendo apertamente che quel linguaggio è offensivo e che esclude categoricamente alcune persone’.
“Secondo il cardinale, i concetti della dottrina possono essere preservati anche modificando il linguaggio, in modo da renderlo ‘meno freddo, meno calcolatore, meno duro, e che non chiuda più la porta a nessuno’.
“Il cardinale afferma che la Chiesa deve esprimere il suo insegnamento in un modo tale da attrarre le persone a Gesù.
“’Il linguaggio deve parlare alla gente, e portare guarigione, in un certo senso. All’interno della dottrina ci possono essere alcuni concetti che andrebbero ritoccati, ma questo non vuol dire che il linguaggio non possa cambiare’”.
Monsignor John Stowe OFM Conv., vescovo di Lexington, nel Kentucky, in un webinar tenuto per il [quindicinale cattolico progressista] National Catholic Reporter ha anch’egli affermato che il linguaggio del Catechismo va modificato. Alla domanda se fosse d’accordo con i cardinali Blase Cupich e Robert McElroy, monsignor Stowe ha risposto: “Mi piacerebbe veder modificate quelle espressioni, perché nella Chiesa di oggi fanno più male che bene, fanno male a chi già deve lottare con se stesso e il suo essere cattolico”.
Questi tre vescovi proseguono il dibattito sul linguaggio dannoso [del Catechismo] che si è ravvivato con l’ascesa di Francesco. Lo scorso mese, il cardinale McElroy ha partecipato a un podcast in cui ha definito “disordine”, applicato all’omosessualità, “una parola terribile” che “dovrebbe essere espunta dal Catechismo”.
Nel 2019 il cardinale Joseph Tobin, arcivescovo di Newark, nel New Jersey, ha definito quelle espressioni “davvero inopportune”, dicendo che dovrebbero evolvere fino a diventare “un po’ meno offensive”.
Nel 2015 monsignor Mark Coleridge, arcivescovo di Brisbane, in Australia, ha affermato che la Chiesa ha bisogno di “un nuovo modo di parlare dell’omosessualità”. Questo tema è stato trattato anche in occasione dei Sinodi sulla famiglia del 2014 e 2015, e del Sinodo sui giovani del 2018.
La resistenza dei vescovi nei confronti del linguaggio del Catechismo, pur se soppressa nel corso degli anni, è iniziata nei primi anni ‘90. Diversi vescovi statunitensi criticarono quelle espressioni già nel 1986, all’indomani della pubblicazione della Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali.
Nella lettera pastorale Always Our Children (Saranno sempre nostri figli), pubblicata nel 1997, i vescovi statunitensi non usarono quelle espressioni, salvo poi doverle reintrodurre in una nota dietro pressione del Vaticano.
Ciò che ci è giunto dalle sintesi locali in vista del prossimo Sinodo indica che in tutto il mondo i cattolici auspicano un atteggiamento più inclusivo e compassionevole verso le persone LGBTQ+ da parte della Chiesa istituzionale.
Rivedere il linguaggio del Catechismo non risolverà tutti i problemi sul tappeto, ma sarebbe comunque un passo significativo per non offendere più le persone LGBTQ+ e riconciliarsi con loro.
* Robert Shine è direttore associato di New Ways Ministry, per cui lavora dal 2012, e del blog Bondings 2.0. È laureato in teologia alla Catholic University of America e alla Boston College School of Theology and Ministry.
Testo originale: Three More Bishops Seek Change in Church Teachings on Homosexuality