Triangoli rosa. La persecuzione degli omosessuali nella Germania nazista
Testo tratto da Taringa.net (Argentina) del febbraio 2008, liberamente tradotto da Eliana R.
Decine di migliaia di omosessuali furono deportati dai nazisti. L’organizzazione di questa deportazione non fu sistematica e, a differenza degli ebrei e degli zingari, la maggioranza degli omosessuali non veniva eliminata all’arrivo nel campo. In Francia decine di omosessuali furono arrestati, soprattutto nell’est del paese, in Alsazia e in Mosella, allora province tedesche. Gli arresti poterono essere effettuati grazie agli archivi che la polizia francese aveva realizzato prima dell’inizio della guerra.
L’origine di questa deportazione ha una legame con il razzismo: l’omosessualità era un reato perché impediva la riproduzione della presunta “razza ariana”. Per questo migliaia di gay furono massacrati nei campi di concentramento. Non è eccessivo ricordare che ancora oggi sono molti i gruppi , o anche i cittadini che si considerano “civilizzati”, che nel più profondo del loro essere sottoscriverebbero l’essenza dei terribili paragrafi presi dal discorso di Hitler. In molti paesi continuano ad esistere persone che emulano l’ideologia nazista, camuffate in tanti modi differenti.
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Discorso sull’omosessualità pronunciato il 18 febbraio del 1937
“Se ammetto che ci sono uno o due milioni di omosessuali, questo significa che un 7 o 8% degli uomini sono omosessuali. E se la situazione non cambia, significa che il nostro popolo sarà infettato da questa malattia contagiosa.
A lungo termine, nessun popolo potrebbe resistere a questo disordine di vita ed equilibrio sessuale… un popolo di razza nobile che ha pochissimi bambini, ha in mano un biglietto per l’aldilà: in cinquanta o cento anni non avrà nessuna rilevanza ed entro duecento o cinquecento anni sarà estinto.
L’omosessualità rende vano qualsiasi risultato, distrugge tutto il sistema basato sul rendimento. E a questo si aggiunge il fatto che un omosessuale è un uomo completamente malato sul piano psichico. E’ debole e si dimostra codardo in tutte le situazioni importanti…
Noi dobbiamo capire che se questo vizio continua a crescere in Germania senza che lo contrastiamo, sarà la fine della Germania e la fine del mondo ariano”. “Bisogna eliminare questa peste con la morte”.
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Testimonianza di Pierre Seel sul campo di concentramento di Schirmeck
Pierre Seel era appena un ragazzo quando i nazisti occuparono la Francia e gli ordinarono di presentarsi immediatamente al commissariato del suo paesino, Mulhouse. Sfortunatamente per lui la polizia lo aveva registrato nella lista dei cittadini omosessuali.
Andando incontro al suo ignoto destino, Seel pregò per la vita del suo “amato Jo” e per quella della sua famiglia. Non lo sapeva ancora, ma nel commissariato lo aspettavano indicibili torture e, dopo questo, quattro anni di inferno ed una casacca da prigioniero con un triangolo di colore rosa.
“Nei campi gli omosessuali erano sottoposti alle stesse privazioni, brutalità, lavori forzati, esperimenti medici… pero in aggiunta portavano un triangolo rosa a causa del quale erano costretti ad umiliazioni ancora più pesanti. Alcuni furono lasciati in pasto ai cani delle SS perché fossero sbranati prima degli altri deportati. Per quanto mi riguarda, dopo anni ed anni di silenzio, mi sono preparato mentalmente per parlare, per accusare, più di quanto abbia fatto per mantenermi indifferente.
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I colori della morte
Giallo per gli ebrei, verde per i criminali comuni, nero per i cattolici e i delinquenti, rosa per gli omosessuali. I nazisti classificavano le vittime del loro sterminio con distintivi triangolari colorati che riflettevano i “reati commessi”. Nel caso degli omosessuali, questi reati si portavano cuciti in maniera evidente sul lato sinistro della casacca e sulla gamba destra del pantalone. Questo significava – racconta un sopravvissuto – che i gay sottostavano a regole destinate solo ai condannati più infimi della società.
“Gli omosessuali erano raccolti in gruppi da eliminare e sottoposti ad un triplo campo forzato. Questo significava meno cibo, più lavoro e sorveglianza stretta. Se un prigioniero con un triangolo rosa si ammalava, la probabilità che aveva di morire aumentava. L’accesso in ospedale era proibito.
Come in qualsiasi prigione dei nostri tempi, la presenza dei triangoli rosa provocava la stessa reazione nel resto degli internati: i gay erano brutalmente aggrediti e violentati.
Una spaventosa testimonianza di tutto questo è quello che soffrì Pierre Seel quando si scontrò con le temute SS (forze d’assalto del partito nazista) nel commissariato di Mulhouse. […]
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Olocausto gay?
La fine degli omosessuali nei campi di concentramento nazista è un capitolo contraddittorio della storia, recentemente rivendicato da alcuni e minimizzato da altri. Lo stesso Pierre Seel si decise a scendere in campo solo quando nel 1982 il vescovo di Strasburgo pronunciò un arrogante sermone contro “i gay, persone malate”. Provocato da questa clamorosa ingiustizia, Seel raccolse il coraggio e decise di raccontare la sua storia. Sua moglie ed i suoi figli lo appoggiarono.
Sono stati veramente pochi gli omosessuali che, come lui, hanno avuto la forza di raccontare le loro disgrazie. Come argomenta James Steakley (“The Body Politic”): “I pochi omosessuali che si ingegnarono per sopravvivere, tendenzialmente nascosero il fatto, maggiormente perché l’omosessualità continuava ad essere un crimine nella Germania Occidentale del dopoguerra”.
Nei suoi scritti, Seel arriva a chiedersi: “Perché gli altri restano ancora in silenzio? E’ vero che eravamo fra i più giovani del campo, e che è passato un bel pò di tempo, ma ho il sospetto che molta gente preferisca rimanere in silenzio per sempre, per paura di risvegliare ricordi terribili”. […]
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La morte dell’amante
Sebbene il numero esatto degli omosessuali torturati nei campi di concentramento nazisti “è sconosciuto e probabilmente non si saprà mai” (James Steakley), è però possibile avere un’idea del tipo di sofferenze che i deportati dovettero sopportare. Il caso particolare di Pierre Seel e del suo amato Jo serve come angosciante monito su quello che l’intolleranza può arrivare a generare.
L’agghiacciante racconto appartiene, di nuovo, allo stesso Seel: “Un giorno i megafoni ci ordinarono di raggrupparci immediatamente per la conta del mattino. Subito dopo comparve il comandante con tutto il suo staff. Io pensai che ci avrebbe nuovamente intimidito con la sua cieca fede nel Reich, insieme ad una lista di ordini, insulti e minacce, riproponendo i tristemente celebri proclami del suo signore, Adolf Hitler. Ma la vera prova era peggiore: un’esecuzione.
Due SS trascinarono un giovane al centro della piazza. Atterrito, riconobbi Jo, il mio amato, che aveva solo 18 anni. Non l’avevo mai visto prima nel campo. Era arrivato prima o dopo di me? Nei giorni che precedettero la mia cattura da parte della Gestapo, non ci eravamo visti. Ora ero impietrito per il terrore. Avevo pregato perché potesse scappare dalle loro liste, dalle loro retate, dalle loro umiliazioni. E invece era lì, di fronte ai miei occhi indifesi, che si riempivano di lacrime. Immediatamente i megafoni cominciarono a riprodurre musica classica mentre le SS lo spogliavano e infilavano sulla sua testa un secchio di stagno […]
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La sopravvivenza del nazismo
C’è una spiegazione a così grande crudeltà? Difficile da dire, visto che questa stessa crudeltà era una devianza nazista applicata indistintamente contro gli ebrei, gli zingari, gli invalidi, i comunisti e i gay (cioè contro tutti gli “esseri inferiori” e i nemici della razza ariana).
Però se la crudeltà non aveva spiegazioni, ce n’era una per la decisione politica di condannare l’omosessualità. Il contorto Himmler, capo delle spaventose SS, riassume il discorso nazista in maniera semplice e sagace. “Una nazione con molti bambini può ottenere la supremazia ed il controllo del mondo.
Una razza pura con pochi bambini ha già un piede nella fossa; in cinquanta o cento anni non avrà nessuna importanza; in duecento anni sarà estinta. E’ essenziale comprendere che se permettiamo che questa malattia (l’omosessualità) continui in Germania senza essere capaci di combatterla, sarà la fine della Germania e del mondo tedesco”. Nelle parole di Hitler il risultato immediato di questo “vizio” era “che la passione innaturale poteva convertirsi rapidamente nella dominazione delle relazioni pubbliche se le si permetteva di espandersi liberamente”.
Affermazione tremenda ed ironica, dal momento che Hitler stesso era cosciente di essere stato innalzato al potere da un eminente ed influente gay: Ernst Rohm, fondatore delle tristemente famose “camicie brune”, le truppe d’assalto del nazismo.
Esattamente con lo scopo di portare alla luce questo triste capitolo della storia e dimostrare al mondo che era successo per davvero, Seel mise da parte le sue inibizioni e la vergogna iniziale che lo aveva costretto a nascondersi, sposarsi ed avere figli.
“Il 9 febbraio del 1989 – racconta – fui intervistato dalla televisione. L’intervista fu preceduta da vari articoli sulla stampa francese. Vedere riprodotta la mia immagine pubblicamente e massivamente era spaventoso, però mi sottoposi alla prova”.
Dopotutto cosa poteva essere peggiore del ritornare ad essere un triangolo rosa? Seel ci confida: “Quando la rabbia mi vince, prendo cappello e cappotto e cammino coraggiosamente per le strade. Mi immagino di vagare per cimiteri che non esistono, i luoghi silenziosi di quei morti che agitano la coscienza della vita. A quel punto sento me stesso gridare: “Quando riuscirò a convincere gli altri dell’esistenza della deportazione di massa degli omosessuali realizzata dai nazisti?!”.
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Omosessualità militante nazista?
Quelli che minimizzano sull’olocausto gay usano argomentare che l’ecatombe degli omosessuali è un’invenzione di alcuni gruppi gay. Da una parte affermano che molte delle persone accusate di omosessualità erano solo nemici politici accusati falsamente; dall’altra, aggiungono, è contraddittorio dipingere i nazisti come assassini di gay, quando loro stessi erano potenzialmente omosessuali.
Come prova di ciò citano le infinite violenze sessuali perpetrate dalle SS nei confronti dei prigionieri maschi che portavano il triangolo rosa (e anche di quelli che non lo portavano).
In realtà molti dei gerarchi nazisti erano notoriamente omosessuali o bisessuali, come Rudolph Hess (uomo di fiducia di Hitler), Hans Frank (ministro di Giustizia) o il già citato Erns Rohm (famoso per il reclutamento di omosessuali per lo staff delle sue camicie brune); inoltre, Hitler ebbe molto da fare per scollare dalla Gioventù Hitleriana il soprannome di Gioventù Omosessuale che le aveva affibbiato l’opinione pubblica.
Senza dubbio tutto questo nulla toglie all’attitudine politica e pratica scelta dal nazismo contro la popolazione omosessuale… sebbene si accanisse esclusivamente su gay politicamente scorretti o su singoli individui indifesi, privi di qualsiasi appoggio del partito.
Il Paragrafo 175, applicato con rigore dopo la Notte dei Lunghi Coltelli, non lasciava adito a dubbi: non solo la relazione sessuale, ma anche un bacio, un abbraccio e addirittura le fantasie omosessuali (!) erano punite molto duramente.
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Testo originale: Los homosexuales en la Alemania nazi