“Tribadi, sodomiti, invertite…”. Per una storia dell’omosessualità, della bisessualità e delle trasgressioni di genere in Italia
Dialogo di Katya Parente con lo storico Vincenzo Lagioia
Sappiamo bene che nell’Ottocento l’Italia era, grazie al Codice napoleonico, una sorta di zona franca per gli omosessuali, che la vedevano come un ‘Paradiso’ in terra in cui non essere braccati per le proprie esperienze sessuali. Uno degli “ospiti” illustri del nostro Paese, in questo senso fu senz’altro Oscar Wilde, che nel 1897 soggiornava a Napoli con Alfred Douglas, il suo adorato Bosie, causa per lo scrittore irlandese di così tanto dolore.
E proprio l’Italia è la protagonista di un interessante volume del 2017 (edizioni ETS): “Tribadi, sodomiti, invertite e invertiti, pederasti, femminelle, ermafroditi… per una storia dell’omosessualità, della bisessualità e delle trasgressioni di genere in Italia” curato da Umberto Grassi, Vincenzo Lagioia e Gian Paolo Romagnani. A presentarlo è proprio Vincenzo, che ringraziamo innanzitutto per la sua disponibilità.
Ci fai una breve sinossi del libro?
Il libro nasce quale occasione di confronto tra studiose e studiosi di storia dell’omosessualità in Italia, esito di un grande convegno sul tema che si tenne a Verona, in Università, nel settembre del 2015. Qualcuno lo definì il “primo” convegno di storia dell’omosessualità in Italia, per sottolineare l’urgenza di vedere riconosciuto pubblicamente, all’interno e all’esterno dell’accademia, un settore disciplinare certo giovane, ma dotato a livello internazionale di una propria e avviata tradizione di studi storici.
Il libro non presenta dunque una tesi univoca, ma è invece l’incontro di una pluralità di voci, di contesti, di periodi e di approcci anche molto diversi. È piuttosto una “lunga” storia dell’omosessualità, della bisessualità e delle trasgressioni di genere in Italia, come recita il sottotitolo, che vuole proporre al pubblico, anche non specialistico, la “diversità” nel passato quale oggetto della propria analisi, e quindi fotografarne lo stato degli studi. Il lettore sarà certamente colpito dall’interdisciplinarietà che contraddistingue i saggi che compongono questo libro.
I vari saggi del volume vanno dalla politica internazionale alla storia del cinema e della letteratura, dalla storia della medicina a quella della filosofia, dalla storia dei movimenti a quella della repressione. Perché un taglio così diverso dei vari contributi?
Nelle intenzioni degli organizzatori di quel convegno c’era per l’appunto la volontà di essere il più possibile trasversali, sia per riunire e dare spazio al numero elevato di voci, sia perché il tema si presta a essere indagato da più angolazioni. Dalla sua definizione alla sua gestione morale e politica, la sessualità ha sempre coinvolto un insieme variegato di discorsi e di saperi, nonché di posizioni contrarie più o meno sviluppate sul piano pubblico, anzi spesso per necessità taciute, ma che hanno lasciato una loro traccia. A esse gli studiosi e le studiose di questo libro, specialisti di materie diverse ma accomunati dall’interesse per il passato, guardano nei loro saggi per mostrare l’esistenza di una pluralità di posizioni e di soggettività, nel tentativo anche di ridare voce a temi e a soggetti a lungo colpevolmente taciuti, oltre che discriminati.
Parlate di gender non conforming sia al maschile che al femminile. Nella storia c’è stato un approccio diverso ai due sessi? Quale dei due è stato più discriminato, e perché?
L’omosessualità femminile è stata a lungo silente, sia tra le fonti, sia tra gli studi storici. Questo è senza dubbio dovuto a un’impostazione culturale e sociale che ha fatto (e fa) della donna un soggetto subalterno all’uomo. Anche riguardo a ciò, qualcosa sta cambiando, ma molto rimane da fare.
Pensi che la presenza del Papato in Italia abbia soffocato la visibilità delle persone queer del nostro Paese?
Non vorrei essere troppo provocatorio ma il Papato, nei secoli, ha prodotto all’interno del recinto ecclesiastico persone queer. Pontefici e clero, in base alla posizione sociale, al proprio status, hanno potuto anche viversi in campo affettivo e sessuale con una certa spregiudicatezza e libertà. Ci sono stati papi austeri, disciplinatori e “santi”, ma anche libertini, goderecci e, mi permetto di dire, queer (nell’accezione più ampia che il termine ha).
Purtroppo, ciò che è un privilegio di status non riguarda tutti. Il magistero, la dottrina, la norma, hanno prodotto scritture anche molto autoreferenziali e repressive. I soggetti (il popolo, etc..) non si sono potuti vivere totalmente, e hanno rubato affetti e sesso spesso in luoghi sommersi, marginali, segreti. Delazione e senso di colpa hanno limitato molto, è innegabile, la possibilità di viversi.
I documenti storici ci raccontano spesso di tutto ciò. Per tornare al contemporaneo, è di questi giorni la diffusione dell’intervista a Bergoglio (dal docufilm del regista russo Afineevsky), rimbalzata sulla stampa internazionale, in cui il Papa parla di tutela giuridica per coppie omosex, di statuto affettivo e famiglia. I reazionari hanno preso le distanze da quella che è stata considerata un’opinione personale, eppure Ratzinger, quando era ancora alla Congregazione per la dottrina della fede, con Papa Giovanni Paolo II, precisò nel 2003 che: “La Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’approvazione dei comportamenti omosessuali oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali”. Insomma, non mi pare sia stata solo un’opinione personale. Questo è solo un esempio di come un Pontefice possa aiutare, attraverso opinioni e scrittura, anche le persone queer a viversi e a non soffocarne la loro visibilità!
Doverosa citazione quest’ultima, da parte di Vincenzo e che avremo modo di approfondire in seguito. Un bel libro, questo, per conoscere meglio le vicende storiche del popolo LGBT in Italia, ben documentato e molto vario: un’introduzione senza dubbio accessibile anche a chi non ha troppa dimestichezza con i testi universitari.