Troppi equivoci, sospeso il ritiro spirituale per gay della diocesi di Torino
Articolo di Lorenzo Montanaro pubblicato sul sito di Famiglia Cristiana il 6 febbraio 2018
«I tempi non sono maturi». Doveva essere un’occasione di dialogo e preghiera, ma ha scatenato un putiferio. «Piuttosto che creare disagio, meglio fermarsi, finché non ci saranno le condizioni». C’è un sottofondo di amarezza nelle parole di don Gianluca Carrega, sacerdote torinese, da sei anni responsabile (proprio su incarico della Diocesi) dell’accompagnamento delle persone omosessuali. Per la quaresima aveva organizzato un ritiro spirituale dedicato ai gay. Tema: la fedeltà. Ma la notizia ha fatto esplodere una marea di polemiche, dentro e fuori la Chiesa. Così, poche ore fa, è arrivato un comunicato dell’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia. «Ritengo, insieme con don Gianluca Carrega di cui apprezzo l’operato, che sia opportuno sospendere l’iniziativa del ritiro, al fine di effettuare un adeguato discernimento» si legge nel testo. «Una decisione tutto sommato condivisa», commenta, dal canto suo, il sacerdote.
Così i rapporti tra Chiesa e mondo omosessuale ritornano al centro di uno scontro che non sembra trovare conciliazione. Nel comunicato, l’arcivescovo di Torino ribadisce una posizione ben chiara, al di là di fraintendimenti e forzature. «Ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto», scrive monsignor Nosiglia, citando l’enciclica Amoris Laetitia di papa Francesco. «Bisogna evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza». Le persone omosessuali vanno accompagnate in un cammino che le aiuti a «comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita». Ecco il senso del percorso proposto dalla Diocesi. Un percorso che, evidenzia l’arcivescovo «non intende in alcun modo legittimare le unioni civili o addirittura il matrimonio omosessuale. La “Amoris Laetitia” precisa chiaramente che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie neppure remote tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”».
All’interno della Chiesa torinese una figura di riferimento per le persone omosessuali esiste dal 2005 ed è un caso raro in Italia. Da sei anni questo incarico è affidato a don Carrega, docente di Sacra Scrittura presso la Facoltà Teologica del capoluogo piemontese. «E’ un lavoro di frontiera» racconta il sacerdote. «Ci sono battute d’arresto, come questa, ma nonostante tutto siamo sereni e cerchiamo di non disperdere il lavoro svolto finora». S’impone però una considerazione: «Quello dell’omosessualità è un tema che fa esplodere reazioni sproporzionate, figlie di un’emotività instabile. Evidentemente va a toccare ferite aperte. Pare impossibile anche solo parlarne. Mi colpisce la totale mancanza di ascolto».
Tra l’altro, don Carrega chiede da tempo che la vita delle persone omosessuali diventi oggetto di una seria riflessione all’interno della Chiesa. Anche per quanto riguarda i sacramenti. «Paradossalmente, se una persona confessa di aver avuto rapporti di promiscuità occasionali, con persone diverse, può essere assolta. Chi invece ha scelto una convivenza stabile si trova in una condizione peggiore. Mi pare un controsenso. Se vogliamo educare a un’etica della responsabilità, poi dobbiamo comportarci di conseguenza. Anche per questo mi sembrava importante parlare di fedeltà».