Trovare il Bambino che è nato: l’incanto dei pastori
Il racconto di Luca li presenta come persone che “vegliano nella notte”. Su di loro scende “la gloria del Signore” che “li avvolge di luce”. Naturale che siano presi da “grande timore”.
Ricevono l’annuncio che sappiamo, e che è sconvolgente per due aspetti: l’enormità della notizia che annuncia “un salvatore per tutto il popolo, oggi!”, e la miseria del segno che prova la verità dell’annuncio: “un bambino in una stalla”. E però, a pensarci bene, per dei pastori ambedue le cose non possono che accendere lo stupore, l’incanto, la felicità folle di avere un Dio calato nelle proprie misure.
Incanto che però non è automatico, e che deve passare per lo sconcerto. Scrive ancora Andrewes: “Normalmente ci dovrebbe essere una proporzione tra il segno è la cosa indicata dal segno… Il segno offerto era così improbabile che nessun uomo poteva indicarlo, solo un angelo.
I pastori erano certo grati per la sua nascita, ma non per il segno. Che ci fosse un segno, bene, ma non „quel segno! Se Egli non avesse dato alcun segno, questo li avrebbe turbati. Ora, il segno che viene dato loro è ancora peggio, li turba ancora di più”. Perché?
Ritroviamo qui un problema sempre aperto: come poter pensare che Dio si nasconda nella fragilità, incontri il rifiuto, venga addirittura messo a morte? Eppure questo è e rimane il cuore della rivelazione cristiana.
Ed è ancora Andrewes a osservare: “Considerate la natura di un segno. Se Cristo fosse venuto in gloria questo non sarebbe stato un segno, non più di quanto lo sia il sole che splende nel firmamento in tutta la sua forza. Il sole eclissato, questo è un vero segno. E questo è il segno qui: il sole di giustizia che entra nella sua eclisse, incomincia a essere oscurato, nel suo punto di partenza, quello della sua nascita”.
Ma questo è un segno, dice, per voi. Voi che custodite le pecore, e tutta la gente povera come voi. Anche voi avete un Salvatore. Non è solo il Salvatore della gente importante, ma anche dei poveri pastori. I più poveri della terra possono trovare rifugio in lui, non essendoci altro rifugio che il suo”.
E la conclusione, per quanto sorprendente, è solo logica: “C’è – si chiede Andrewes – una proporzione tra il segno e la cosa segnata? C’è. La proporzione si trova in quello che segue, nella sua vita e nella sua morte. E, tutto considerato, si tratta di un segno adeguato.
Possiamo pure cominciare con Cristo nella mangiatoia; dobbiamo concludere con Cristo sulla croce. La mangiatoia è il segno che indirizza alla croce. Lo scandalo della mangiatoia è una buona premessa allo scandalo della croce”.