“Tu sei un Dio che mi vede” (Gn 16, 13) come sono, una cristiana queer
Testimonianza di Cristina di Kairós, gruppo di cristiani LGBT+ di Firenze
Tra febbraio e marzo di quest’anno in una parrocchia della mia città, a Massa, si è tenuta una serie di incontri legati al percorso Sinodale. Le riflessioni proposte riguardavano il discernimento, il celibato sacerdotale, l’accoglienza delle coppie divorziate e risposate, il fine vita e i cristiani LBGT. Partecipai e apprezzai l’approccio non giudicante e aperto al confronto proposto dal parroco, don Maurizio.
Ciò che mi colpì maggiormente fu l’incontro con il gruppo Kairos di Firenze, che riunisce credenti cristiani LGBTQIA+. La curiosità che avevo e l’attesa trepidante nascevano dal fatto che nel contesto della mia diocesi mai mi era giunta notizia di incontri su questo tema.
L’espressione, scolastica, è in effetti, impropria: non è stato trattato “un tema” ma abbiamo piuttosto ascoltato storie, storie che avevano un volto. Ho incontrato cristiani in cammino. In particolare Filippo e Tommaso, che hanno raccontato una parte del loro percorso di cristiani e di coppia gay; a loro sono seguite le parole di Maria e di Paolo, che hanno restituito la loro esperienza di genitori di fronte allo svelamento dell’omosessualità della loro figlia e, in questo e per questo, lo svelamento a loro di Dio in modalità sorprendenti e inaspettate.
Nell’amore per una figlia lesbica, nella fatica, nella meraviglia, nello studio, nel farsi vicini a qualcosa di nuovo e di altro da quanto si erano aspettati, hanno intrapreso un cammino che li ha portati e continua a portarli alla scoperta di territori di frontiera, dove si incontra lo straniero, colei o colui che non si conosce. E’ in questa landa talora desolata, talora ostile, talora imbarazzata che si sentono le persone che nella loro vita si innamorano / si sentono attratte / amano profondamente qualcuno del loro stesso sesso.
Ad accompagnare Filippo e Tommaso, Maria e Paolo c’era Suor Fabrizia, che accompagna il Gruppo Kairos di Firenze e che ne ha descritto le attività, ormai ventennali; ha restituito la sua esperienza umana, di fronte a storie di sofferenza, di margine, di non abbastanza, di sacrifici inutili, di frustrazione.
Nel buio, si è manifestata la Luce dell’ascolto, dell’incontro reciproco, dello stare insieme, del mostrarsi nella fiducia le reciproche ferite in un contesto protetto, la volontà di riscatto e di fare parte della Chiesa, la sospensione del giudizio.
Ho partecipato a questo incontro con una grande gioia nel cuore: la gioia delle nuove possibilità, di nuove frontiere, ma soprattutto con la sensazione rappacificante di sentirsi uniti, non divisi, di non vivere il dissidio interiore di scegliere da che parte stare: o dentro la Chiesa, monchi e mozzati della propria unicità o fuori dalla Chiesa, monchi di una Parola.
La risposta che questi incontri mi hanno consegnato tra le mani, insieme a qualche lacrima, è Cristo. Cristo è la risposta.
Nella verità siamo liberi, davvero, senza infingimenti. E in fin dei conti, tutto ciò che conta davvero nel vivere complesso, faticoso, contraddittorio, pieno di ferite, urgenze, sangue, merda e lacrime in cui stiamo è l’amore che diamo, che siamo capaci di dare e che siamo capaci di scorgere nelle cose. E’ il nostro DNA.
Che persona vera e libera è quella che abdica alla sua capacità di amare? Al suo personalissimo modo di amare? E che contesto comunitario amorevole è quello che chiede ai suoi componenti di rinunciare a se stessi, al DNA vero e libero di creatura in Cristo?
Con queste domande e con le risposte che mano mano si sono fatte vive e palpabili sul mio Cammino, mi sono avvicinata al gruppo Kairos che ho cominciato a frequentare da settembre.
Chi fosse interessato a vedere come stanno insieme persone che vogliono imparare ad amare, che pregano volentieri insieme, che vogliono chiamare le cose con il loro nome, beh, possono unirsi.
Che al di là di un’ideologia, si scopra un cuore? Che al di là degli incastri dei corpi, si trovi Gesù, il Vivente? Buon Cammino di Avvento!